mercoledì 27 giugno 2012

Sholeh Zard Contest #1

Nel pubblicare Sholeh Zard, mi si presentano due... non problemi, sarebbe una parola grossa: diciamo cose da risolvere prima di passare all'azione.
Ho deciso di superarne una chiedendo un parere a chi mi legge.
Essenzialmente, il punto è questo: per la prima volta in vita mia, desidero uno pseudonimo.
Non mi vergogno del mio nome, non ho problemi di riconoscibilità, non c'è niente che non vada nel chiamarsi come mi chiamo io. È che il mio nome e cognome non mi sembrano adatti ad essere associati a Sholeh Zard.
Il fatto è (anche) che in questa storia sono stata molto attenta a non puntare su una sola nazionalità. La città in cui Sholeh vive ha le caratteristiche di una metropoli del Vecchio Continente: nella mia testa, è un misto di Milano, Istanbul, Londra e Parigi. I personaggi hanno nomi di provenienza varia: Van Bratus, Ambros, Pete il Pitbull, Tony Sharmaine, Hans Prater, Asah... e la loro varietà aumenterà con l'avanzare della storia nei prossimi romanzi. Anche l'immaginario a cui faccio riferimento non è legato a una cultura precisa: i djinn convivono con nani, vampiri e naga, in un melting pot magico che rispecchia quello umano.
Insomma, che c'entrano i miei italianissimi nome e cognome con questo contesto? Non mi piacciono. E non so che cosa fare.
Da un lato gli pseudonimi mi sono sempre sembrati un po' patetici. Dall'altro presentarmi con il mio nome e cognome in questo caso mi pare inappropriato, un po' come andare vestita come Lucia Mondella a una festa a tema giapponese.
Quindi vi chiedo: mi aiutereste a trovare uno pseudonimo adatto?
In premio avrete la mia eterna gratitudine e/o una copia in anteprima di Sholeh Zard e/o una menzione nei ringraziamenti e/o una fornitura di formaggi, ma solo se abitate in un posto dove posso portarveli o se passate di qui a ritirare la vincita.

sabato 9 giugno 2012

Sholeh Zard

Immaginiamo un detective. Di quelli con l'aria da duro e cattivo, con un passato di retate alla Narcotici e un presente alla Omicidi.
E immaginiamo che abbia una moglie bellissima. Non solo: la moglie è una danzatrice sublime. Non solo: la moglie ha il nome di un dolce persiano, Sholeh Zard. Non solo: la moglie è un djinn, un genio della lampada liberato. E ha poteri pirocinetici, controlla il fuoco e le passioni.
Ecco: questo è il punto di partenza della mia ultima storia. Un misto di urban fantasy e giallo, scritto per il mio e vostro divertimento.
L'idea è nata come serie a fumetti (avevo già abbastanza chiare le prime 3 stagioni). ma francamente l'esperienza vissuta con Viola mi ha dissuasa: non tanto perché io pensi che sia più facile pubblicare narrativa (non lo penso affatto), quanto perché un'opera di narrativa non ha bisogno della pubblicazione per essere realizzata e quindi Sholeh non mi sarebbe rimasta sul gozzo come Viola.
Sicché ho deciso di trasformare il progetto iniziale in una serie che per ora nella mia testa conta 3 libri, ma in futuro chissà.
Al momento, ho scritto e revisionato la prima stesura del primo romanzo. Ed ho già suscitato qualche reazione tra le amiche, che si sono prestate a fare da cavie sia per il contenuto sia per la compatibilità del file con i loro e-reader: una di esse ha persino realizzato un paio di orecchini in onore del mio personaggio.
Quando riterrò che Sholeh sia pronta per affrontare un pubblico meno selezionato, penso di proporla come e-book come prima cosa. Prima magari in modo autogestito, poi sentendo che possibilità di pubblicazione ci sono su Amazon. E poi chissà.
Non sogno fortuna e gloria, per carità. Sogno solo di regalarvi qualche risata e una storia nuova. E spero davvero tanto di riuscirci.

venerdì 1 giugno 2012

Letture di maggio

Incrollabili certezze: Il fulmine di Sethos di Elizabeth Peters. Dopo la pesantissima Cassandra de La torcia, ho pensato che un po' di sana Amelia Peabody non potesse che giovare. OK, l'ennesimo libro della serie non è molto originale, ma proprio per questo ci ritroviamo tutti gli elementi che ci piacciono in Amelia: azione, mistero, un pizzico di archeologia, humor britannico e persino un goccino di romanticismo.
Romanzo familiare: Un giorno mi troverai di Kim Edwards. Storia interessante e non scontata, nonostante le premesse pessime (un padre morto, una figlia che si sente in colpa, una storia del passato).
Inquisitori seriali: Rex Tremendae Majestatis di Valerio Evangelisti. Il vecchio Eymerich se ne va (?) col botto: bella storia, buon ritmo, degna conclusione di fili narrativi lasciati in sospeso da tempo. Godibile, per gli estimatori del genere.
Parentesi cinematografica: The Hunger Games, il film. Era da un pezzo che non vedevo un libro così ben adattato per il cinema. Cinna si conferma nella top ten dei miei personaggi del cuore. PS: appena riesco, voglio vederlo in lingua originale, ci sono espressioni e giochi di parole tradotti malissimo.
Puro godimento: Olive comprese di Andrea Vitali. Mi piace l'ambientazione lacustre, in periodo fascista. Mi piace l'atmosfera di paese di una volta, i soprannomi arguti (l'Uselanda...), le piccole rivalità tra "notabili". Come mi anticipava la mia bibliotecaria, mi sono ribaltata dal ridere quando ho capito il senso del titolo. E non potrò più pensare al nome Oliviero con la stessa indifferenza di prima.
Romanzo psico-sociologico: Le osservazioni di Jane Harris. Lo stile è la cosa che mi è piaciuta di più in questo romanzo: fresco, terra terra senza essere sboccato, mai eccessivo. La storia è curiosa, anche se alla fine costruita intorno a un nucleo inconsistente. Originale, interessante.
Giallo (?) giapponese: Una storia crudele di Natsuo Kirino. Penso di non essere fatta per la letteratura giapponese: troppo lenta per un thriller, troppo morbosa per un romanzo di formazione, troppo fredda. Il mio cervello ha apprezzato l'idea e la costruzione, ma la mia pancia e il mio cuore non ce la fanno ad appassionarsi. Forse sbaglio proprio in questo: forse la letteratura giapponese non è fatta per appassionare.
Romanzo (breve) corale: Venivamo tutte per mare di Julie Otsuka. Storia delle spose in fotografia che dal Giappone emigrarono in America. Toccante e poetico, oltre che interessante dal punto di vista stilistico: non ho mai letto in libro scritto tutto in prima persona plurale.
Romanzo corale: La leggenda del morto contento di Andrea Vitali. Meno fulminante di Olive comprese, ma piacevole e interessante. Vitali sarebbe da leggere anche solo per i nomi dei suoi personaggi.
Vampiri adolescenti: Winter e Silver di Asia Greenhorn. Ancora vampiri affascinanti, ancora adolescenti innamorati che fanno grosse cazzate. Però in un contesto in cui si accenna persino un tentativo di intrigo politico. Ma sì, piacevole lettura per periodi impegnativi.
Parentesi televisiva: Sherlock seconda stagione. Una figata. La figata. Trama incalzante, intreccio perfetto, dialoghi entusiasmanti (ah, l'inglese permette una sintesi così felice in questi casi!). E l'assoluta certezza che Moriarty sia ispirato a mio figlio Ettore.