giovedì 23 luglio 2015

Poveri amanti

Ultimamente, sia per le mie letture sia per quello che sto scrivendo, mi trovo spesso a riflettere sulla figura degli amanti "classici": lui e lei che finalmente si incontrano in un sublime atto d'amore.
Romeo e Giulietta, gli innamorati del lai di Yonec, Oscar e André, i protagonisti di Hero.
Poveretti, li compiangiamo per il poco tempo che è stato loro concesso. Li additiamo a esempio di vero amore. E lo sono, intendiamoci, non voglio sminuirli.
Ma poi, deposti i libri e spenta la TV, tuo marito torna a casa dal mare con cinquanta litri d'acqua e un pesce di 2 cm. Ti mette a soqquadro il soggiorno spargendo generosamente acqua, sale e sabbia. Quando si sveglia, il suo primo pensiero è la sopravvivenza del suddetto pescetto (un sarago, per la cronaca).
E tu lo sai che, senza l'amore che vi sostiene, vi sareste già mandati a cagare da tempo, lui con le sue passioni ingombranti e tu col tuo brutto carattere.
Ecco, noi non abbiamo avuto l'inizio col botto, le stelline negli occhi, la passione bruciante. Non eravamo tiepidi, questo no, ma non eravamo amanti da romanzo: due persone che si sono innamorate e che quasi subito sono andate a vivere insieme.
Due persone che, non so lui, ma io le farfalle nello stomaco le sento ancora.

lunedì 20 luglio 2015

Sporcare, oh-oh

Da quando Daisy è con noi, siamo sempre sacchettomuniti. Anche perché, la prima volta che sono entrata al Viridea con lei (proprio per comprare i sacchetti), Daisy ha fatto una monumentale cacca, che ho dovuto pulire con foglietti e fazzolettini sparsi in borsa.
Sabato eravamo a Levanto, abbiamo parcheggiato un po' fuori dal centro. Poco dopo, il cane ne ha fatta una che gareggiava in dimensioni con quella di un cavallo. Diligentemente, ho raccolto, come sempre. E poi ho dovuto camminare fino al centro prima di trovare un cestino dove buttarla.
Scopriamo poi che la spiaggia che abbiamo sempre chiamato "dei cani" lo è solo perché è meno frequentata rispetto alle altre, ma il divieto vale lì come altrove. Decidiamo di fare come fanno tutti, ovvero aspettare le sei per andare in spiaggia e collocarci sugli scogli più impervi proprio per non stare lì insieme a gente che poteva lamentarsi della presenza del cane.
Ovviamente, se Daisy avesse bissato la propria prodezza, l'avremmo raccolta, l'avremmo portata su e ce la saremmo tenuta in mano per due gallerie prima di trovare un cestino (presumibilmente pieno).
Abbiamo deciso che, la prossima volta che andremo in Liguria, punteremo su Chiavari o Santa Margherita, che hanno spiagge pubbliche (una ciascuna) in cui è consentito l'ingresso ai cani.
Con tanti saluti al Comune di Levanto, e con un po' di tristezza perché io lì mi sono sempre sentita a casa.

venerdì 17 luglio 2015

Sembra talco ma non è

Ecco, tanto per farvi capire che non mi va sempre di parlare di cose alte e private, parliamo di ascelle. Che purtroppo in questo periodo sono molto pubbliche.
Fino all'anno scorso, le mie avevano un problemino: non riuscivo a trovare un deodorante che le neutralizzasse.
Dopo varie prove con varie marche, bio e non, mi ero assestata su un banale ma decente Infasil, che comunque tendeva a cedere verso la fine della giornata.
Poi, circa un anno fa, una persona mi dice: avevo lo stesso problema, l'ho risolto col bicarbonato.
Banale ed economico.
Si applica così:
- si mette il bicarbonato in un barattolo largo e resistente all'umidità
- ci si inumidisce la mano e la si intinge nel barattolo
- dopo il lavaggio dell'ascella, si tampona il bicarbonato sulla pelle ancora umida
E si smette di puzzare.
Dura fino a 12-14 ore in questo caldo, nel senso che verso la fine della giornata si comincia a sentire qualcosa di sgradevole (di solito se ci si è mosse).
Io ci ho messo un po' a convincermi a farlo, più che altro perché il deodorante classico è più comodo: due colpi di spray ed è fatta.
Ma il bicarbonato quanto è meglio!

mercoledì 15 luglio 2015

La rinvincita del teatrodanza



Sono passati ormai 13 anni dal mio primo saggio di danza, quello della prima scuola che ho frequentato e che ora non esiste più. Un saggio a cui non partecipavo, perché la nostra classe era troppo "giovane", ma a cui assistevo con grande interesse.
Dal momento che le mie insegnanti dell'epoca avevano aspirazioni "artistiche" che andavano al di là della commerciale bellydance, il saggio cominciò con uno spettacolo di teatrodanza.
Incomprensibile, noioso, deprimente.
Giurai eterno odio al teatrodanza.

13 anni dopo, mi ritrovo a uscire dalla pensione in cui mi sono ritirata da un paio d'anni per seguire un seminario della mia amata maestra Pedretti.
Il seminario conteneva una suggestione a cui non so resistere: la figura di Lady Macbeth.
Sono stati tre giorni intensi, in cui abbiamo sperimentato poca danza (nel senso stretto del termine) e molta tecnica teatrale. Bello, profondo, appagante. Faticoso, ma di quella fatica che ti lascia felice.
Il risultato, montato su una musica "giusta", è stato molto soddisfacente. Non solo dal mio punto di vista di interprete, ma anche come resa scenica: lo stile Pedretti vince sempre.

Quando sono tornata a casa e ne ho parlato con Luca, lui mi fa "quindi era una specie di teatrodanza".
E sì, era una specie di teatrodanza.
Ma che differenza con 13 anni fa.

giovedì 9 luglio 2015

Boiate

Avvertenza: in questo post scriverò alcune cose che per me sono molto private. Non mi dispiace che le leggiate, né che commentiate, ma per favore non parliamone di persona. Per me la scrittura è un piacere molto personale, appena un gradino al di sopra del sesso. Quindi, a meno che non siate i miei compagni di letto, potete immaginare quanto mi trovo a mio agio nel parlarne come se fossimo al bar.

Come ho già detto qualche mese fa, la storia che sto scrivendo viene da lontano. Da un'estate di cinque anni fa, in cui guardavo la seconda o terza stagione dei Tudors e mi facevo domande su quei signori incappucciati con l'ascia (o la spada, nel caso di Anna Bolena).
Ecco, da questo sono scaturiti alcuni scambi di mail e diverse letture interessanti. Ma queste letture mi dicevano: abbella, non riuscirai mai a scrivere un romanzo storico davvero accurato su questa materia. Mi mancava il tempo di documentarmi sulle piccole cose, quelle che alla fine rendono davvero credibile la tua storia. E, come dicevo, la soluzione è stata ambientare la mia storia in un passato distopico.
Questa soluzione, inizialmente solo di comodo, si è rivelata vincente per la storia. Che non è un fantasy vero e proprio, ma ne detiene qualche tocco fondamentale.
La moglie del boia è il titolo del primo dei tre libri.
(E qui apro una parentesi: lo so, le trilogie hanno rotto i maroni. Ma in questo caso i libri sono autoconclusivi e il fatto che siano tre ha un suo perché: sono ambientati a distanza di 10 anni l'uno dall'altro, e capite benissimo che un conto è seguire un uomo a 32, 42 e 52 anni. Oltre, potrebbero essere i racconti dell'ospizio. Chiusa la parentesi.)
La moglie del boia è ancora ben lontano dall'essere pronto: la prima stesura (quella cartacea) è stata finita a maggio, la seconda (quella digitale) proprio oggi. Intanto, ho finito la prima stesura del secondo libro (domenica) e scalpito per iniziare il terzo (domani).
A grandi linee, la premessa della storia è quella che avevo immaginato cinque anni fa: un uomo torna nella sua città natale per diventarne il boia e si innamora ricambiato di una donna che non lo tratta come un reietto.
Il boia si chiama Mathias e viene da dieci anni di guerre, dove ha combattuto come mercenario.
La donna è una vedova di nome Gerta ed è una famosa bisbetica. In particolare, odia il mandante dell'assassinio del suo primo marito, che proprio un marito non era ma non per questo meritava di morire. E proprio quest'uomo diventerà il miglior amico del boia.
La storia ha un tono meno divertito di Sholeh Zard, ma non è drammatica: ha un tono medio, quotidiano, ironico quando se ne presenta l'occasione. E non è una storia unica: sono più filoni narrativi che ricadono l'uno nell'altro, a cascata. Dal momento che amo le cascatelle del Trebbia, l'effetto mi piace da impazzire.
Senza contare che, rispetto a Sholeh Zard, gestisco un numero di personaggi ben superiore e ne seguo il punto di vista di volta in volta, cercando sempre di ricordarmi chi sa che cosa.
Insomma, è una bella sfida, non lo nego. E la sto affrontando con un approccio meno sperimentale rispetto a Sholeh Zard, ma cercando di trarne qualcosa di nuovo e fresco.
I primi feedback, quelli di mio marito e di qualche amica, mi dicono bene. Spero che, quando verrà il vostro momento, anche a voi piacerà.

mercoledì 8 luglio 2015

Brutto, sporco e cattivo


Cominciamo da una cosa facile, un po' impersonale. Ma che dice qualcosa su ciò che sto facendo in questi mesi.
No, non farò una recensione. L'ha già fatta il Sociopatico, ed è perfetta.
Il fatto è che io i fantasy non li ho mai sopportati per un motivo: quelli con cui ho accostato il genere (Tolkien, Zimmer Bradley) mi parevano troppo romanzati.
Eh beh, si tratta di romanzi, che pretendi? Capiamoci: romanzi sì, fiction va bene, ma una storia in cui ci si danza intorno come in un balletto non mi piglia. Anche se ci sono battaglie, tradimenti, rovesci di fortune, poteri magici.
Ah sì, parliamone: i poteri magici. Avendo scritto una trilogia urban fantasy, si può ben pensare che io adori i poteri magici. E invece... non posso dire di odiarli, ma se il fantasy degli ultimi anni li nomina sempre meno un motivo ci sarà.
Ecco, in questo libro i poteri magici ci sono. E secondo me servono parecchio (sia pure in prospettiva) a farmi credere alla storia di un ragazzino di 14 anni che diventa re, dopo essere stato il capo di una banda di banditi di strada.
Ma la magia vera la fa Jorg, il protagonista: un adolescente così diverso dai classici perbenino dei libri Young Adult, che ti verrebbe voglia di dargli un bacio in bocca. Il problema è che lui non si accontenterebbe.
Per come me lo figuro, Jorg è la versione adolescente di Ramsay Bolton: la vita di saccheggio, stupri e torture che ha condotto dai 10 (!) ai 14 anni gli è proprio andata a pennello, e ha la decenza di non far finta che sia stata colpa della magia o della manipolazione o del trauma infantile.
Per questo, come Ramsay, non vorremmo mai incontrarlo nella vita reale, ma sulla carta ci affascina.
Nel dubbio, mi sono comprata anche i due seguiti: speriamo che siano all'altezza.

PS: un giorno o l'altro farò un post sulle copertine dei fantasy, che mediamente trovo inguardabili, fuorvianti e discutibili dal punto di vista artistico. Questa non fa eccezione.

lunedì 6 luglio 2015

Assenze

C'è l'assenza di foto, che non sto più facendo. Complice la morte del "mio" portatile, quello che aveva Gimp e tutte le cose belle, mi fa fatica scaricarle.
C'è l'assenza di voglia: non ho più voglia di cucinare, né di pulire la casa, né di riordinare. Per carità, non che io sia mai stata una casalinga provetta, ma da qualche mese proprio mi manca la forza di volontà, in ogni campo.
C'è l'assenza di tempo: mi sembra che le ore mi scivolino tra le dita. Mi sveglio prima apposta, ed arriva subito l'ora di far alzare i bambini. Salgo dopo cena appena possibile, ed è già ora di dormire. Mi addormento ed è già ora di svegliarmi.
E c'è l'assenza di me dal mio blog. Perché?
Forse è che a farsi i fatti miei in questo luogo ci sono troppe persone sbagliate.
O forse è il luogo ad essere sbagliato.
Ormai i blog vengono percepiti come una vetrina, come un "che bello quello che fai". Io stessa l'ho usato come una specie di diario fotografico, negli ultimi anni.
Ma, senza le foto, che senso ha tenere un diario che tutti possono leggere? Un diario in cui non ti puoi sfogare di questo perché ti potrebbe beccare il tale, in cui non puoi raccontare quest'altra cosa perché poi non rimane più riservata. Per quello c'è il mio paperblanks.
Eppure io vorrei raccontarvi quello che mi succede. Vorrei mettervi a parte di questa bellissima, travolgente esperienza di scrittura, ma senza che poi chiunque si senta autorizzato a parlarne a sproposito. Vorrei condividere qualche riflessione sull'educazione di Daisy e dei figli, ma senza dover rassicurare poi le persone che travisano i problemi e pensano che il cane sia o uno zerbino o una macchina di morte impazzita.
Probabilmente voglio l'impossibile. Mi resta solo decidere qual è il male minore.