lunedì 29 giugno 2009

Viola: il secondo episodio

http://docs.google.com/View?id=dgscwp6r_16hnfpg2m3
Ma, adesso che ho soddisfatto la vostra curiosità riguardo il misterioso ospite, lasciatemi qualche commento, neh! ;-)

martedì 23 giugno 2009

Viola: la serie

OK, qualcuno di voi mi potrà dire: al Momcamp ci avevi promesso altro. Ci avevi promesso una Viola "normale", un'imprenditrice con famiglia, delle storie di genere.
Non posso che darvi ragione: al Mom parlavo della serie, mentre qui ho messo la graphic novel pilota.
E quindi beccatevi il soggetto del primo episodio. Buona lettura.

lunedì 22 giugno 2009

Se le sfortune son queste

Io ho due figli, due grandi fortune: una più grande dell'altra. E proprio per questo a volte mi trovo in crisi.
Mi spiego.
Nel 2005 nasce Amelia. Sana e bella, con l'unico difetto di farmi un male cane quando l'allatto. Beh, basta passare al biberon e fine dell'unico difetto di Amelia.
Amelia è tranquilla e allegra, mangia volentieri anche se non moltissimo, è socievole, si fa amare da tutti. I classici problemi della prima infanzia (mangiare, dormire, evacuare) ci toccano minimamente: l'unica difficoltà sta, a volte, nel fatto che Amelia fa molta fatica a rilassarsi e quindi, dopo una certa età, il suo addormentamento richiede una certa dose di pianto (mentre noi siamo al suo fianco, non stile Estivill). Una volta addormentata, Amelia dorme tutta la notte nel suo lettino. Se si sveglia, a volte è pure capace di accendere la luce e riaddormentarsi senza chiamarci. OK, non è una mangiona, ma nessuno di noi si preoccupa, a parte mia madre. OK, a volte si arrabbia per sciocchezze, ma fossero tutti questi i problemi...
Nel 2008 la fortuna più grande: nasce Ettore. Già alla nascita si presenta bene: il travaglio dura un terzo di quello di Amelia. Lui è decisamente più brutto di Amelia neonata, ma chisse. Allattarlo non mi fa così male, anche se poi per altri motivi decido comunque di passare al biberon. Mangia come un'idrovora, ha qualche problemino di rigurgito ma niente tipo reflusso o coliche. Ha un carattere decisamente più tollerante di Amelia, senza i suoi moti di stizza, il che gli permette di addormentarsi sereno (se a pancia piena). Ha il sonno un po' meno pesante di quello piombigno di Amelia, ma stiamo comunque parlando di ferro, non di sughero. Comincia a dormire tutta la notte a 2 mesi e mezzo contro i 7 mesi di Amelia. Dopo un inizio tentennante (5 giorni), comincia a mangiare di tutto e di qualsiasi consistenza, e continua tuttora. Comincia a mangiare da solo a 14 mesi, contro i 17 di Amelia (che già era precoce). Cammina un po' più tardi, ma si arrampica dappertutto.
Insomma, se con Amelia mi era andata bene, con Ettore di più. E questo mi fa pensare che, se i miei figli fossero stati invertiti, avrei probabilmente avuto un sacco di ansie e di problemi in più con Amelia, perché sarei stata troppo abituata bene da Ettore.
Questo per dire cosa? Non lo so nemmeno io. Solo così.

mercoledì 17 giugno 2009

Due destini

Ho due figli, e credo di amarli entrambi. Da qualche tempo, però, ho dubbi sul mio rapporto con Amelia: non capisco se si è spezzato qualcosa, se ho sbagliato io o se semplicemente è una fase che ha a che fare con la crescita.
Il motivo è presto detto: non la sopporto più. Mi innervosisco per il suo continuo parlare, per alcuni suoi "vizi" che mi disgustano (tipo mettere in bocca o leccare qualsiasi cosa), per la sua sistematica opposizione a qualsiasi cosa io dica o faccia, per i suoi "volevo solo", per il modo in cui rifiuta di comunicare ogni volta che viene minimamente contrariata. C'è chi dice che è viziata. Io mi chiedo come abbia fatto ad acquisire questi supposti vizi, perché ho sempre cercato di darle ciò che era giusto.
Penso spesso a come vedevo le altre madri di femmine, quando Amelia era piccola: mi sembrava che avessero perso la tenerezza che io ancora provavo e giuravo a me stessa che a me non sarebbe successo. Io non sarei diventata quel concentrato di critiche e frasi asciutte, io avrei sempre continuato a godere del contatto con mia figlia.
Invece è successo, e non so nemmeno quando. Forse è colpa dei terribili due o forse del fatto che apparteniamo allo stesso sesso. Forse è colpa anche dei confronti che, consciamente o no, giusto o no, faccio con gli altri bambini, che mi sembrano più maturi di lei e questo mi innervosisce non perché siamo in una gara, ma perché anch'io a volte vorrei poter ragionare con mia figlia. O forse è colpa del fatto che sta diventando altro rispetto a me, e le interessano cose che io trovo noiose e me ne parla per tanto, troppo tempo.

Ettore invece è facile. Ancora piccolo, ancora immerso nella mia luce, ancora senza questo tipo di autonomia. Ettore mi fa sorrisi accattivanti, non mi parla della Giulia o di Lorenzo. Ettore fa cose disgustose, è vero, ma non ha neppure un anno e mezzo e quindi il mio istinto lo giustifica. Ettore a volte mi disubbidisce deliberatamente, come lei, ma ancora una volta qualcosa dentro di me lo giustifica (ancora!) perché non capisce che ci possono essere conseguenze serie.
Di Ettore sono ancora innamorata, per lui provo quella tenerezza che un tempo era anche per Amelia. Non capisco se anche la tenerezza per Ettore sia destinata a passare brutalmente o se, col fatto di essere maschio o di avere un carattere molto piacevole, lui riuscirà a conservarsene almeno un po'.
A volte guardo questo mortadellino traballante e mi sciolgo. Ma poi ricordo che anche per Amelia mi scioglievo, alla stessa età, e vengo presa da tanti sentimenti contrastanti: rimpianto per non essermela goduta di più, rimorso perché non provo più le stesse cose, paura di finire così anche con Ettore, timore di rendere Ettore un maschio rincoglionito perché me lo vorrei tenere piccolo per sempre.
Più di tutto, temo il confronto: temo che un giorno Amelia possa dirmi che voglio più bene a Ettore che a lei e temo che in un certo senso abbia ragione. Temo che la differenza dei sentimenti che provo per loro esasperi le loro differenze, che li separi. Temo che Amelia un giorno mi dica qualcosa del tipo "mio fratello, quello perfetto", anche se conosco il rischio e cercherò sempre di scongiurarlo.

Non lo so. So solo che ieri sera Ettore mi si è addormentato in braccio, a teatro, e io ho quasi goduto nel cullarlo nel sonno (il "quasi" è dato dalla spalla massacrata). Se al posto suo ci fosse stata Amelia, non so se mi sarei intenerita tanto. Chissà come andrà l'anno prossimo.

domenica 14 giugno 2009

Viola: dopo la presentazione

Viola vi stuzzica ma non vi raccappezzate. Vorreste di più. Vorreste un pilota. Io un pilota non ve lo posso dare davvero, dal momento che non so disegnare e non ho ancora trovato un/a disegnatore/trice che ci voglia credere e lavorarci insieme a me.
Però posso darvi il soggetto del pilota, ovvero l'episodio che contestualizza tutta la serie: lo trovate qui.
Vi chiedo solo un favore: se avete voglia di leggerlo e riuscite ad arrivare alla fine, fate uno sforzicino e lasciatemi un commento. I complimenti sono graditi, le critiche ancora di più. Qui sotto o per e-mail, come ve la sentite.
Nel frattempo io mi attivo per trovare un disegnatore. Prometto.

martedì 9 giugno 2009

Oh quanti bei bambini Madama Dorè

Premessa: questo NON è un post contro le famiglie numerose. Ho vissuto quasi come quinta figlia di una famiglia numerosa per 5 anni, leggo e stimo MAQ che ha 4 femmine, ho diverse amiche che hanno superato il momento della coppietta e hanno pensato bene di allargare la famiglia.
Più in generale, posso dire che io non sono mai contro qualcosa a priori. A meno che io non sia coinvolta contro la mia volontà.

Qualche tempo fa, ho avuto uno spiacevole scambio di commenti con una blogmamma. Non chiedetemi il nick perché non lo ricordo, e poi non ve lo direi mai. Ricordo solo che era mamma di 4, non ricordo nemmeno se di bambine soltanto o classe mista.
In un suo post, si crogiolava nell'idea che le famiglie "normali" la guardino come una minaccia perché a loro manca il coraggio di fare come lei. E io le dicevo: no, non è una questione di coraggio, è una questione di priorità. Perché non è che i figli li fai e li lasci andare nel vasto mondo come tanti gattini. Se io faccio un figlio, lo faccio per dedicargli tempo per tutta la vita. E non vale dire: dove dai attenzione a uno, la dai a tutti. Pur avendo figli piccoli, mi rendo conto che ciascuno di loro ha bisogno di una porzione del mio tempo tutta per sé, e purtroppo il tempo non è infinito.
Qualcuno potrebbe dirmi: con tutto il tempo che dedichi alla danza, alla scrittura e alle altre stronzate, potresti fare anche una coppia di gemelli. Sì, potrei anche, ma non desidero togliere tempo al mio modo di essere un essere umano. Dal momento che la scienza mi ha dato modo di evitare un terzo concepimento, farò del mio meglio perché gli altri parti della mia vita riguardino l'ingegno e la creatività, che poi sono ciò che ci distingue dalle bestie (con tutto il fatto che a volte, davvero, non vorrei distinguermi).
A questo punto, la plurimamma in questione mi risponde che ah, ma no, anche lei fa moltissime cose: è mamma, ma anche moglie, amica, amante, ricamatrice, ecc. ecc. e soprattutto sognatrice.
E qui mi casca l'asino. A parte il fatto che ho il brutto vizio di voler dormire 8 ore a notte, io non voglio limitarmi a sognare. Voglio produrre qualcosa, e qualcosa di bello. Non il classico lavoro femminile che puoi lasciare lì anche per anni (senza offesa per chi li ama: vi invidio, anzi!), ma un prodotto del mio ingegno che mi richieda di metterci un pezzo della mia anima.
Faccio un esempio. Viola, direte voi. Invece vi frego: la danza, dico io. Per carità, potrei mettermi a danzare mentre giro la pasta. Così come c'è chi canta sotto la doccia. Ma, per me, la vera essenza della danza è duplice. Da un lato, se sto creando per me o per le mie allieve, ho bisogno di ascoltare bene il pezzo, riscaldarmi per non farmi male, provare sia i singoli movimenti sia le combinazioni, segnarmi i passaggi e impararli a memoria. Se invece sto imparando, va da sé che sono altrove rispetto a casa mia, con una maestra che mi richiede tempo e concentrazione. Non esistono sconti: se i bambini entrano a disturbare questi processi, al massimo posso trasformare il tutto in un momento per loro, ma l'attività creativa principale viene rimandata.
Altro esempio, e stavolta avete indovinato: Viola. Non sono ovviamente come certi grandiscrittori (sì, scritto tutto attaccato e al maschile) che pretendono l'isolamento e la quiete. Mi basta che nessuno stia saltando sul mio letto (scrivo a letto, ve l'ho mai detto?) o mi chieda in continuazione acqua - cibo - devo fare la pipì - che cosa stai facendo? Quindi, in genere, scrivo o mentre i bambini dormono (vedi ora) o mentre c'è qualcun altro che si prende cura di loro.
Qualcuna (in genere sono sempre le donne a fare questo tipo di domande) mi chiederà: ma cosa ti resta di tutto questo? Non sarebbe meglio dedicare tutto il tempo ai tuoi figli?
Al di là della salvaguardia della mia salute mentale, rispondo: no, serenissimamente no. Il motivo, stranamente, è lo stesso per cui sono contenta che nessuno mi abbia mai "scoperta" quando scrivevo le cose dei 20 anni (che, vi assicuro, non avevano niente da invidiare a certa roba che circola nelle librerie), consacrandomi alla carriera di scrittrice a tempo pieno (ammesso che in Italia esista): per poter dare qualcosa al mio pubblico (che siano i miei lettori immaginari o la mia famiglia reale), ho bisogno di vivere.
Vi immaginate di che cosa potrei scrivere, se non avessi avuto una vita lavorativa avventurosa, se non avessi un uomo molto particolare e non fossi madre dei miei bambini? Quando ero ragazzina, la mia massima aspirazione era proprio questa: rimanere single e senza figli per sempre, al solo scopo di scrivere. Ma scrivere in queste condizioni è come trivellare il deserto in cerca di acqua: o trovi il petrolio, che ti arricchisce ma non ti disseta, o devi essere una vera illuminata capace di trasformare la sabbia e governare gli elementi.
Invece, grazie alla mia vita, io sono in grado di mandare Viola a chiedere un finanziamento per la sua agenzia, in quanto imprenditrice donna. Riesco a immaginare come sia vivere in bilico tra due mondi, e non sentirsi per niente inverosimile. Riesco persino a capire che si possa essere attratte da uno che non è tuo marito, magari pure giocarci, ma non far accadere niente di fisico perché alla fine ciò che ti interessa è la conquista, non la scopata. Se non avessi avuto la vita che ho avuto finora, avrei raccontato situazioni come queste senza la profondità che richiedono, banalizzandole.
Sul lato figli, avere vissuto tante esperienze e mettermi in condizione di viverne ancora adesso non mi sarà di grande aiuto, ma quando saranno più grandi credo di sì. Per esempio: rispetto a mia madre (che non è ignorante, ma è una persona borghese cresciuta in provincia tra persone normali), credo che sarò molto più flessibile su un eventuale scelta di non fare l'università, se questa scelta sarà motivata da una concreta passione. E penso che saprò guidare i miei figli attraverso le tante possibilità di farsi strada, anche se vorranno essere artigiani o artisti o panettieri o qualsiasi altro lavoro che non richieda una laurea.
Se mia figlia si legherà a un uomo che la fa soffrire, cercherò di aiutarla a venirne fuori, perché ci sarò passata anch'io. Se mio figlio invece si innamorerà di una stronza, sfrutterò gli studi fatti per Viola e Stefan per toglierla di mezzo, ma questo è un altro discorso.

Vi confesso che a volte ci sono momenti in cui penso che magari, il terzo... Ma poi, a parte la stratosferica camurria di gravidanza, parto e primi mesi, penso che adesso mi sembra di aver preso il giro giusto, di aver intrapreso una strada che non può essere rimandata.
Spero che la tenerezza del neonato me la diano i miei cognati e i miei amici. E che Viola sia la mia terza figlia, in parole e disegni.

domenica 7 giugno 2009

Troppo facile

Stamattina ho preso, oltre al mio solito Dampyr, una rosa eterogenea di fumetti. Così, giusto per farmi la bocca su qualcosa di nuovo. Tra questi, anche il primo albo di una miniserie di 4, tratto dalle Cronache del Mondo Emerso di Licia Troisi.
L'idea sarebbe quella di trarre un fumetto dalla figura di Nihal, approfondendo l'approccio a 4 sentimenti: paura, rabbia, passione e disperazione.
Mi dispiace dirlo, perché stimo Licia Troisi e lo staff che ha collaborato al progetto, ma mi sembra un modo un po' "facile" per sfruttare l'onda del successo. E magari attirare quel pubblico di ragazzini che, non leggendo libri "veri", può essere accalappiata tramite fumetto (dai disegni spettacolari, a dire il vero, soprattutto nella parte non manga).
Oddio, secondo me (e non solo) ogni mezzo è lecito e benvenuto per guadagnare alla lettura le nuove generazioni. Ma questa mi pare un'operazione un po' stanca: che senso ha ravanare nelle emozioni di Nihal, all'interno di una storia che tutti conosciamo e sappiamo come andrà a finire? Recchioni a sceneggiare questo fumetto è sprecato.
So di non essere in target, né di essere improvvisamente diventata un'esperta di fumetti o di fantasy. Ma vi dico che cosa sarebbe piaciuto a me.
Mi sarebbe piaciuto sapere della vita di Nihal e Sennar nelle terre degli Elfi. Di come hanno potuto mettere al mondo e crescere un bambino senza snaturarsi: lei guerriera testa calda e lui mago e freddo razionale. Mi sarebbe piaciuto che Nihal fosse una madre avventurosa ma innamorata della sua famiglia, come la mia Viola ma molto più gnocca. Mi sarebbe piaciuto almeno sentir parlare in modo vero di sentimenti veri, non di cazzate come "devi abbracciare la tua paura" o cose di questo genere.
Ma posso perdonare Licia Troisi, perché mi risulta che sia giovane e senza figli. Non per fare quella che i figli ti rendono un essere superiore (superiore ai protozoi, al massimo), ma anch'io, prima di mettere al mondo i miei, infondevo nelle mie storie una minore ricchezza di toni. Diventare madre scatena una tempesta di sentimenti, spesso tutti in contraddizione fra loro, che per una narratrice diventano spunti e suggestioni da raccogliere a piene mani, per usarli quando sarà riuscita a sopravvivere al turbine dei primi anni dei figli.
Non perdono le case editrici (di fumetti e non), che mi ignorano come target. Mi confinano in uno stereotipo desueto, quello della casalinga (o quasi) senza altro interesse che fregare il pavimento. Ora, a parte che se gli strateghi delle case editrici vedessero il mio pavimento scapperebbero urlando, penso che questo stereotipo sia pericoloso. Per il mercato dei fumetti.
Dicono: le donne oltre i 30 non leggono fumetti. Ah sì? E chi comprava Dylan Dog negli anni 90? Se le donne oltre i 30 non leggono fumetti, miei cari editori, la colpa è solo vostra, che non avete saputo portarvi dietro il vostro pubblico. Ovvio che le storie di DD alla lunga stancano, ci vorrebbe un prodotto nuovo e più vicino ai nuovi interessi delle persone che siamo diventate.
Io la soluzione l'avrei: Viola. Viola è una donna in cui la maggior parte di noi vorrebbe identificarsi. Ha un lavoro soddisfacente (ah, l'imprenditoria femminile!), una bella famiglia ma non da cartolina, un sacco di casini di cui deve tirare le fila e un passato un po' troppo invadente. Le sue storie non appartengono a un solo genere, quindi si evita il più possibile la ripetitività. Per chi volesse rifarsi gli occhi, ha una spalla molto affascinante, che però ogni tanto, invece di facilitarle la vita, gliela ingarbuglia come se fosse un terzo figlio.
Ha un difetto solo, grosso: la sua autrice è ancora nuovissima del genere, e deve farsi le ossa. Ma è una ragazza tutto sommato sveglia, ama tantissimo imparare cose nuove e assorbe come una spugna. OK, è una mamma. Ma vi giuro che in tutta la serie non vi farà mai vedere un pannolino. Già ne vede troppi nella vita reale.

mercoledì 3 giugno 2009

Un paio di precisazioni

Quelli che mi seguono sui miei blog e chi mi conosce di persona lo sapranno: marzo è stato un mese particolarmente pesante per me. Tanto che mi ha spinta a riconsiderare, insieme a Luca, le priorità delle nostre vite e passioni.
Il risultato è stato quello che sapete: un po' meno danza, decisamente più scrittura. Viola, nello specifico. Viola che mi si è reimposta a metà settembre, ricordandomi in quale cassetto stessero riposando i miei sogni.
Capisco che questo ripensamento possa aver disorientato qualcuno. Molti, negli ultimi mesi, mi hanno chiesto se ho litigato con questo o con quella, se ho avuto problemi.
Vorrei rispondere una volta per tutte: ho avuto problemi nella gestione del mio tempo, ma non è stata colpa di nessuno e non sono arrabbiata con nessuno. Sono anzi addolorata di non poter dedicare a tutti una fetta consistente del mio tempo, ma, se lo facessi, la mia giornata dovrebbe essere di 48 ore. Cosa che purtroppo non è possibile.
Purtroppo nella mia giornata ci deve essere posto per circa 12-14 ore di preparazione dei bambini, trasporto ai rispettivi luoghi di parcheggio, lavoro in ufficio, recupero bambini e gestione casa/cucina. E non è che queste ore siano così tante perché ho un marito lavativo che pensa solo ai fatti suoi: a parte i preparativi mattutini (ma, poveretto, lui deve essere in caseificio alle 6), a lui tocca lo stesso tour-de-force, a turno o in contemporanea.
Nel tempo che mi resta, vorrei dedicarmi a star bene con la mia famiglia e fare ciò che amo. Sarò una "femmina atipica", ma le cose che amo sono tante e non sempre finalizzate: ci sono sì la scrittura e la danza, ma anche la lettura, i film, le giornate con gli amici.
So di aver preso degli impegni, per esempio con le mie allieve di danza, e li rispetterò. Se l'anno prossimo sarà possibile continuare ad insegnare, cercherò di organizzarmi in modo che sia piacevole e leggero per tutta la mia famiglia (la cui età sarà anche nel frattempo aumentata). Probabilmente dovrò tagliare o compattare i corsi che seguo come allieva, e nello stesso tempo trovare tempo per scrivere e promuovere Viola.
Ma questo, sappiatelo tutti voi che mi leggete, non significherà assolutamente che tengo di meno alle persone a cui dovrò dedicare meno tempo. Anzi, se ho potuto riprendere a scrivere, è merito soprattutto delle persone che ho incontrato in questi anni di stasi: persone che, con le loro storie, hanno ricaricato il mio serbatoio narrativo fino a farlo esplodere e a cui non posso che essere grata.
Quindi, per favore, non offendetevi se avete l'impressione che abbia meno tempo per voi. Arranco già così, senza dovermi affannare a rassicurarvi.

lunedì 1 giugno 2009

Mangiare e vivere

Ieri, durante un giro al mercato di Casteggio (perdonami Vì se non sono passata a salutare, ma avevo i minuti contati), Luca ed io parlavamo di Viola.
Dei tempi di revisione del plot, scrittura della sceneggiatura e revisione della sceneggiatura. Della difficoltà di trovare un/a disegnatore/trice capace di crederci ma soprattutto abbastanza maturo/a da capire il personaggio.
Dei tempi di pubblicazione della graphic novel, sia in caso di caritatevole editore sia in quello di autoproduzione. Dei costi di autoproduzione, praticamente scontata per poter uscire con la serie, se il pubblico accoglierà bene la graphic novel.
Del fatto che, nel nostro mondo, una madre che risparmia 5000 euro per autoprodurre un fumetto si sente in colpa perché con quei 5000 euro potrebbe mandare un figlio all'università, anche se sa che 5000 euro sono relativamente pochi per poter produrre e diffondere una propria creazione.
Io dicevo: "Il fatto è che so che scrivere non mi è necessario per mangiare..."
E Luca ha risposto: "Ma ti è necessario per vivere."
E questo vale più di mille dichiarazioni in ginocchio, di un milione di solitari di diamanti, di miliardi di cene a lume di candela: quest'uomo mi ama, e non sa neanche dire perché.