Per me la doccia del mattino è foriera di profonde meditazioni. Per esempio, stamattina pensavo a Mimì Ayuhara (qui nella traduzione di Pianobi, se non erro, e se erro dimmelo!). Pensavo anche a un aneddoto che ci aveva raccontato Marina D'Amato durante un seminario sulla produzione audiovisiva per bambini: una mattina si era svegliata sentendo sua figlia che si esercitava a pallavolo, le aveva chiesto perché avesse cominciato così presto e la bambina aveva risposto "Mi alleno per il duro lavoro". Frase tipica di Mimì, che si allenava con le catene ai polsi per rinforzarli (e mi chiedo che cosa ne penserebbe un ortopedico).
Ora, penso che tutta la mia generazione sia cresciuta a massiccie dosi di cartoni animati giapponesi. Tutti (o quasi) infarciti di valori ripicamente giapponesi: il senso del dovere, il rispetto per i superiori, il sacrificio di sé, la tensione verso l'eccellenza e verso il raggiungimento dei risultati, eccetera.
Valori che, se non portati all'estremo, sarebbero molto utili a questa società italiana dove la colpa non è mai di nessuno, dove a compiere il proprio dovere si sembra scemi, dove trionfa il furbo.
Di questi milioni di bambini cresciuti a pane e anime, quanti sembrano aver interiorizzato i valori veicolati dai cartoni animati? A me ben pochi, se non nessuno.
Ora ribaltiamo la situazione sui nostri figli. Siamo molto preoccupati di quello che guardano in TV, dei modelli sessisti di certi programmi, della frivolezza delle Winx o del Mondo di Patty. Ma davvero pensiamo che il modello dei cartoni animati sia così importante? Davvero pensiamo che le proporzioni di una Winx determineranno l'atteggiamento delle nostre figlie nei confronti del proprio corpo? Io penso che, come nel caso degli anime, il messaggio delle Winx o di Ben Ten saranno mediati se non annullati dall'esempio che verrà dato in casa.
E penso (spero) che tra 20-30 anni Amelia penserà alle Winx e trarrà le stesse conclusioni che io ho tratto riguardo Mimì e Goldrake.
giovedì 8 settembre 2011
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Bello questo post. Ci stavo pensando anche io un po' di tempo fa.
RispondiEliminaForse il tutto è determinato dalla misura.
Quello che noi non avevamo di certo erano le 80000mila bambole delle Winx, per esempio, tutti gli zaini, la magliette, gli accessori...qualsiasi cosa di questi cartoni animati.
E sì, secondo me è vero che saremo sempre noi a dare l'esempio. Ma credo che questo compito oggi più di ieri sia molto più difficile, proprio perchè il messaggio dei cartoni di oggi viene amplificato.
Insomma...noi si parlavamo e guardavamo anche Mimì, ma nessuna di noi si è mai vestita come lei...
Non erri e grazie della citazione, sto giusto traducendo l'ultimo volume.
RispondiEliminaCome metodi di allenamento, in Mimì c'è roba che adesso sarebbe da denuncia... mentre traduco, mi chiedo ogni cinque minuti perché Kozue (in originale si chiama così) non pianti lì tutto e vada a godersi l'adolescenza! :-D Ma si sa, io non sono una sportiva...
Scherzi a parte, senza arrivare agli estremi, una sana base di senso del dovere e rispetto decisamente ci vorrebbe anche nella nostra società. Io di senso del dovere ne ho troppo, ma come dici tu non tanto per colpa/merito dei cartoni, ma per l'educazione datami dai genitori. Le riflessioni che fai tu su giocattoli & company le faccio spesso anch'io leggendo i blog di mamme... idealmente sarei per la linea "talebana" anticonsumista e no-logo, poi però penso che anch'io ho avuto le Barbie e non sono venuta su poi così traviata :)
Sai cosa pensavo l'altro giorno? Che nel mio mondo ideale dovrebbe essere proibito il "marketing" rivolto direttamente ai bambini (cioè giocattoli e gadget relativi), quindi niente pubblicità né in tv né altrove. I bambini sono un target che 1. non ha strumenti per difendersi/scegliere visto che manca la consapevolezza di come funziona il meccanismo del consumismo; 2. non hanno mezzi propri per acquistare quindi tutto cade sulle spalle dei genitori, che si ritrovano costretti a gestire richieste magari sproporzionate alle loro possibilità. Creiamo bisogni, desideri e frustrazioni (di fronte ai rifiuti) a soggetti non indipendenti, che devono rivolgersi a terzi per soddisfarli. Non mi pare giusto, sia per i bambini che per gli adulti. Mi rendo conto che è un'utopia e che là fuori ci sono aziende su aziende che così crollerebbero, però... però...
bel post. devo dire che sono d'accordo che per quanto riguarda i modelli i genitori e la famiglia (ma anche la scuola) abbiano un ruolo fondamentale ma penso anche che i ragazzi di oggi siano molto piu' bombardati di modelli alternativi rispetto a quanto lo eravamo noi, c'e' piu' merchandising per esempio, molto di piu' (per trovare degli stickers che non fossero disney o pixar ho faticato parecchio!) ... non penso sia possibile fare paragoni.
RispondiEliminaCerto e' che anche io mi auguro che tra vent'anni i nostri figli abbiano di winnie e winx la stessa percezione che abbiamo noi di mimi' e barbie :)
sono d'accordo che l'ambiente in cui si cresce faccia la differenza, e che l'esempio dei genitori sia fondamentale. Io avrò avuto quattro barbie nella mia vita, niente bambolotti e all'asilo avevo un cestino azzurro, non rosa.
RispondiEliminaMa forse dipende anche dai modelli che i bambini "geneticamente" si scelgono: io amavo Lady Oscar e Daitarn, guardavo anche Holly e Benji e se avessi incontrato Candy Candy o Georgie le avrei menate.
praticamente una virago già alle scuole elementari. Però avevo paura della sigla di Ken il guerriero.
byron
ps: allora vediamo se riusciamo ad incontrarci a Lucca, boicottaggi del nenetti - che non sta ancora organizzando- permettendo. :)
@wwm: sì, però tutte, poco poco che potevamo, ci prendevamo il pallone da pallavolo e via di schiacciate e bagher. Io compresa, che sono l'antitesi dello sport e da allora non ho più neanche visto la pallavolo femminile.
RispondiElimina@pianobi: tu pensa invece che io e Luca dicevamo: dovremmo mettere dei gadget per bambini nei formaggi, per vendere di più (tanto non lo faremo mai, sappiatelo, e non solo per etica)
@asileday: boh, non lo so. È vero che ho comprato degli zaini "di marca" per i miei figli, quindi sono una vittima anch'io del marketing. Ma, anche se comprassi tutto il comprabile, credo che a soffrire sarebbe il mio portafogli, non i valori dei miei figli. Voglio dire: Hello Kitty è una gattina tanto carina e in effetti mia figlia ci tiene ad essere carina, ma questo non la trattiene dal rotolarsi nello sporco quando giocano ai pirati.
@your highness: io alle Barbie giocavo (ci facevo storie di avventura tipo Occhi di Gatto o versioni femminili di Verne), ma anch'io avrei menato Georgie e Candy. C'è da dire però che avrei menato anche Lady Oscar, anche se era in assoluto il mio cartone preferito.
Anch'io penso che influiscano molto di più i modelli in carne e ossa, rispetto ai cartoni e alle fiabe (che i bambini sanno benissimo appartenere alla fantasia e non alla realtà...), pero' mi chiedo: com'è che tutti i compagni maschi di mia figlia (5 anni) sanno solo giocare a spararsi e annientarsi intergalatticamente??
RispondiEliminaCiao!
@valentina: al massimo saranno gli stessi che da grandi giocheranno con i videogiochi spara-spara, in cui io sono una pippa ma che trovo divertenti e liberatori ;-)
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