È che una pensa: fatto un figlio, fatta tutta la fatica. E invece prima o poi bisogna tirar fuori anche il secondo: nell'arco di due anni il teletrasporto neonatale non l'hanno inventato. L'epidurale, a parte che il mio ospedale non la passava, manco a parlarne: mi fa più paura l'idea di un ago nella colonna vertebrale che quella di partorire un bufalo con tutte le corna.
Insomma, arriva anche il fatidico travaglio del secondo. Se nel primo eravamo potuti andare in ospedale zitti zitti, senza avvisare i futuri nonni, per il secondo ci tocca: mica possiamo portarci Amelia in sala parto.
Intanto che aspettiamo i miei, preparativi di rito. Accidenti, ricordavo che faceva male, ma speravo che al secondo parto ne facesse di meno!
Arrivati in ospedale e trovato un parcheggio (ché sembra una cazzata, ma, anche se si arriva a mezzanotte, si rischia di partorire in macchina mentre cerchi parcheggio), entriamo nel blocco parto col passo consumato di chi ormai sa.
Mi accoglie un'ostetrica materna e gentile, tutta tonda. Mi offrono un tè, quasi mi verrebbe da prendere i biscotti ma mi ricordo della pizza al gorgonzola. Dopo un paio di battute, l'ostetrica gentile mi dice: secondo me, per te ci vuole la Daniela. E mi porta l'ostetrica del mio primo parto. Le salterei al collo, ma un po' le contrazioni un po' il residuo di dignità mi trattengono.
Decidiamo che la posizione meno dolorosa è sulla sedia da parto (detta anche "il trespolo"), con Luca accanto a me a tenermi la mano. Dopo un paio d'ore, chiedo a Daniela di quanto sono dilatata. E lei mi dice: strano che tu non lo senta, sei dilatata al massimo. Non faccio in tempo a dire di andare in sala parto, che mi parte una contrazione tipo possessione diabolica, una compulsione irresistibile a spingere mai provata.
Io, che sono ancora seduta sul trespolo, mi appendo al braccio di Luca. L'ostetrica fa apparire dal nulla tutto il necessario per accogliere un neonato lì per lì. Io mi stendo nel vuoto, col solo appiglio del braccio di Luca, e inauguro la moda del parto aereo, prendendo spunto dalla ripetuta visione di documentari sui bradipi.
Beh, è probabile che il mio secondo figlio, viste le modalità del parto, si sia calato un po' troppo nella parte: mangiava e dormiva e defecava nella migliore tradizione bradipesca.
Partorire da bradipo è dura, ma i risultati non sono male.
lunedì 22 marzo 2010
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Questo mi era sfuggito.
RispondiEliminaLo so che partecipa a mamma che ridere, ma a me ha fatto commuovere.
?sta maternità mi ha distrutto completamente il self-control delle lacrime facili :)
Tranquilla: io ho pianto per un film TV con Neri Marcorè e mi sono immedesimata quando ho visto il parto di Alias. Per non parlare di tutte le volte che vedo l'Era Glaciale e singhiozzo quando la mamma si butta nella cascata per salvare il suo bambino. La maternità fa danni in ognuna di noi!
RispondiElimina"La maternità fa danni in ognuna di noi": MITICA! :-D
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