giovedì 9 settembre 2010

L'armatura splendente

Inizio una serie di riflessioni sull'educazione sentimentale. E parto dicendo che, secondo me, l'educazione sentimentale è tanto fondamentale quanto l'educazione sessuale. Le nostre famiglie d'origine l'hanno messa in pratica in modo poco consapevole e un po' ruspante, col risultato che spesso siamo il riflesso o la negazione del loro modo di essere.
Penso però che, oltre a dare un esempio di come viviamo i sentimenti nella vita quotidiana, possiamo provare a parlare con i nostri figli di quello che li potrebbe aspettare là fuori, delle nostre esperienze e delle conclusioni che ne abbiamo tratto. Troppo presto? Penso di no. Anche quando si tratta di prodotti per l'infanzia, libri e film forniscono una marea di spunti che possono essere approfonditi via via.
Per esempio, non amo molto le fiabe classiche come Cenerentola, La bella addormentata e Biancaneve (in versione sia letteraria sia cinematografica), così come non mi piacciono le storie in cui Minnie si mette nei guai e Topolino deve risolvere il pasticcio. Danno l'idea di una passività sempre e solo femminile: la ragazza combina guai o subisce abusi e non è capace di tirarsene fuori, finché non arriva il principe di turno a salvarla.
Il fatto è che questo schema ci starebbe anche, se appartenesse solo alla finzione. Invece vedo tutti i giorni principesse salvate da dubbi principi: ragazze che si accompagnano al tipo con la macchina più figa, mogli che affidano tutta la gestione economica e burocratica al marito, madri che chiedono l'intervento ex machina del padre quando si trovano troppo impantanate nei problemi.
Intendiamoci: va benissimo farsi dare una mano dal proprio compagno, se ce n'è bisogno, ma non mi piace che questa sia l'unica modalità di rapportarsi a lui. Non mi piace che ci sia un implicito riconoscimento della superiorità di un uomo che se n'è fregato di quello che facevi finché non ti sei trovata in difficoltà, e allora ha pensato, bontà sua, di intervenire. Non mi piace che il contributo dell'uomo venga considerato un aiuto alla donna, mentre preferirei che ciascuno facesse la sua parte senza scambi di favori. Non mi piace nemmeno che le donne rinuncino a usare il loro cervello e per pigrizia si disinteressino di alcuni aspetti della gestione della casa (non parlo ovviamente di questioni minute come aggiustare zanzariere o appendere quadri - cose che comunque in casa mia faceva mia mamma - ma della gestione delle finanze e dei risparmi: molte donne scoprono di essere piene di debiti o perché muore il marito o perché la banca tal dei tali gli pignora la macchina).
Io non sono stata immune da questa pecca: il mio primo fidanzato l'ho scelto un po' in base a questo criterio. Venivo da un periodo in cui tutte le mie amiche o erano fidanzate o erano lontane. Nuove amicizie non riuscivo a farmene, un po' perché il mio gruppo dell'università veniva da Lodi e un po' perché non guidavo (avevo paura). Venivo anche da una bella estate divertente e non avevo voglia di ripiombare nella noia della brutta stagione. E ho preso il primo che è passato. Oltretutto, molto più grande così magari avremmo superato tutte le menate del non volersi impegnare, del dover fare le stesse esperienze che dovevo fare io e dover conquistare le stesse cose che dovevo conquistare io. Mi è sembrata una scelta comoda. E ho pagato per questa comodità, perché quando le scelte le fai con motivazioni sbagliate ti torna tutto indietro con gli interessi. Il che, per me, ha significato solo essere piantata a un mese dal matrimonio, perché lui non se la sentiva di elevarmi al rango di membro della sua famiglia.
All'epoca il mio orgoglio ne soffrì, anche perché, nonostante negli ultimi 6 mesi fossi stata sempre meno convinta di quel matrimonio, ce l'avevo messa tutta per convincermi che era solo la paura del grande passo a farmi pensare certe cose o desiderare certe persone. La mia relatrice, invece, con la voce della saggezza, disse che avrei dovuto regalare una scatola di cioccolatini al mio ex, per avermi liberata prima che la mia giovinezza finisse. E in effetti le ho dato mille volte ragione: quell'anno 2000 non sarebbe stato così straordinario e memorabile, se fosse stato l'anno del mio matrimonio con quell'uomo. O meglio, me ne sarei ricordata sì, ma come dell'anno del mio divorzio annunciato.
Del resto, è proprio un uomo, Italo Calvino, a dirci che non possiamo aspettarci di essere salvate dal cavaliere dall'armatura splendente: quando il Cavaliere Inesistente regala la propria armatura a Rambaldo, essa comincia a sporcarsi e ammaccarsi come non aveva mai fatto prima. Come a dire che non esiste un uomo perfetto e senza macchia, superiore e risolutivo: esistono solo esseri umani, maschi e femmine, che cercano di fare del loro meglio e che farebbero meglio a rimboccarsi entrambi le maniche e darci sotto con uguale lena.

PS: per amor di completezza, devo confessare che ogni tanto anche mio marito arriva sul cavallo bianco. Ma lo fa come regalo di compleanno, mica come stile di vita.

4 commenti:

  1. ecco io una educazione sentimentale non l'ho avuta. ho scelto di vivere i sentimenti al oposto di quello che vedevo in casa. al inizio non è andata granche bene, ma aggiustando il tiro :D ho trovato la felicità
    ves

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  2. Sono d'accordo, ma credo che comunque ci sia ua genetica nel "desiderio di cavaliere su cavallo bianco", ma non per salvarci, ma per una questione di scelta dei geni migliori per la nostra prole...Purtroppo in questa società non è detto che il cavaliere sul cavallino rampante rosso sia portatore dei migliori geni...e di fatto è un imbroglio legalizzato alla nostra natura biologica :-))
    Credo che sia giusto lasciarsi vivere anche questi sentimenti, a patto che il cavallo bianco ce l'abbiamo anche noi, e ben piantato sulle sue zampe.
    E' così bello appoggiarsi ad un uomo , ovviamente appoggiarsi, non sporgersi dal parapetto.
    Comunque l'educazione sentimentale è effettivamente un vero e proprio disastro generalizzato, e se si potesse lo farei fare a scuola come materia...ma come si fa!

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  3. La Minica è principessa dentro e non credo di poterci fare niente. Così come per il Minichino caminonista. L'educazione sentimentale non so se si possa o debba insegnare nel senso convenzionale del termine, quanto in quello di accompagnamento attraverso le proprie esperienze. Spero che più delle principesse e dei motori potrà l'ambiente familiare.

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  4. @maw: però c'è principessa e principessa. Tra le principesse c'è Jasmin che fugge da palazzo oppure Ariel che salva il principe. C'è la principessa Chamsous-Saba che è piccola e intelligente. Insomma, secondo me ci si può lavorare e capire in che senso si sente principessa (se è per i vestiti, per dire, non c'entra niente l'essere passive).
    Le hai raccontato poi la storia di San Giorgio?

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