Da Piattini, per la nuova rubrica sfashion, si parla di velo. E io, che con (un altro) velo ci ballo, non ho potuto esimermi dall'intervenire.
Al di là dell'imposizione del velo, su cui si è detto di tutto e su cui cambio opinione ogni 10 minuti, credo che ci sia da sfatare un mito. Ovvero il fatto che noi (occidentali) siamo giuste, emancipate, evolute, libere di fare ciò che vogliamo. Mentre loro vivono in una specie di Medioevo oscurantista e violento.
Cominciamo col dire che il problema non è la religione. La maggior parte degli indiani non è musulmana, ma induista o sikh, ma mi pare che le loro donne non se la passino bene: matrimoni combinati, guai se divorzi (già illuminate quelle famiglie che ti permettono di separarti se il marito ti picchia, e guai se ne cerchi un altro), i figli te li cresce la famiglia (anche se magari sta a centinaia di km da te). Per gli africani subsahariani, poi, la religione è del tutto secondaria rispetto all'appartenenza etnica e alle tradizioni a cui sono legati. E non mi sembra che i cristianissimi slavi abbiano molto più rispetto delle loro donne, dal momento che le statistiche europee sulla violenza alle donne sono completamente sballate dall'inclusione della Russia nel campo di ricerca (ve la ricordate quella storia delle principali cause di morte per le donne tra i 16 e i 45 anni?).
E faccio presente che, per tutti i popoli che ho citato, non c'è un dress code unico: in molte parti dell'India le donne possono mostrare senza problemi la pancia, cosa che da noi è considerata appropriata in discoteca e sulla spiaggia, mentre non mi risulta che nelle tribù africane dove le donne vanno a seno nudo ci sia tutta questa eguaglianza uomo-donna.
Quando guardiamo questi popoli, siamo giudici spietati: li consideriamo popoli da educare, da portare al nostro livello come se fossero inferiori. Il confronto ci fa sentire forti ed evolute. Salvo poi scoprire che non è proprio così.
Pensiamo, per esempio, alla divisione dei lavori tra uomo e donna. Siamo ben pronte a condannare le donne velate, se le vediamo cariche di borse mentre il marito ha le mani libere. Ma quante volte questa scena ci passa sotto il naso con interpreti italiani, quando addirittura non la viviamo noi?
Esempio n. 1, tratto dai miei ricordi: anni fa, avevo un amico che venerava i suoi genitori come un modello di vita coniugale. Ne aveva una stima incredibile, ben superiore a quella che ho io dei miei. Io però ho sempre solo intravisto sua madre e mai incontrato suo padre. Parlando di questa coppia ideale con un altro amico, che li conosceva bene, è saltata fuori quest'immagine: lei (una tipa minuta) passa con le borse della spesa davanti al bar dove è seduto il marito, il marito si alza e la segue ma senza minimamente accennare a prenderle una borsa, lei non glielo fa notare e non gli chiede nulla.
Esempio n. 2, tratto dall'osservazione delle coppie sulla spiaggia: in un buon numero di volte, vedo la donna tirarsi dietro tutte le borse del mare + eventuale bambino per mano, mentre l'uomo al massimo regge il giornale.
Esempio n. 3, ché se lo legge mia madre si incazza perché divulgo il fatti di famiglia: io, mia madre e i bambini stiamo andando a casa di mia madre per pranzo. Lei chiama mio padre, nel frattempo già rientrato, e gli chiede di mettere su l'acqua per la pasta in una specifica pentola, di cui gli indica le coordinate. Lui non trova la pentola descritta e lei si incazza, dicendogli di lasciar perdere ché farà lei.
Che cosa significano questi esempi, secondo me? Significano che le donne occidentali non sono molto diverse da quelle arabe: siamo talmente convinte di essere inferiori da scambiare il peso delle responsabilità per un'attribuzione di importanza e da credere che avere potere significhi fare tutto noi senza delegare.
Mi si dirà: ma da noi almeno il processo è in atto. Per carità, chi ben comincia è a metà dell'opera, ma l'opera non si completa da sola.
Quante ragazze italiane hanno problemi a uscire con le amiche perché il fidanzato è geloso? Quante donne italiane, prima di fare qualcosa per sé, si sentono in dovere di pensare prima alla famiglia (anche quando questo significa preparare la cena a marito e figli, come se potessero morire di fame)? Quante donne italiane si sottomettono a mariti violenti o prevaricatori "per il bene dei figli" o semplicemente perché non saprebbero come mantenersi altrimenti? Quante ragazze italiane hanno avuto più problemi a studiare rispetto ai fratelli maschi perché la famiglia non voleva saperle sole in una città lontana? Quante ragazze/donne italiane evitano di vestirsi in certi modi per non attirarsi le ire del padre/marito o semplicemente per non essere giudicate delle zoccole dalla vox populi? Quante donne italiane vengono perseguitate dall'ex fidanzato/marito, a volte fino alla morte?
Io spero che siano sempre meno, ma ce ne sono ancora tante. Il solo fatto che ci siano ci rende inadatte a scagliare la prima pietra contro le islamiche.
Ci sono ragazze musulmane che seguono le regole di vestiario imposte dai genitori per poter studiare liberamente: sono tanto diverse da quelle ragazze che vanno in convitti di suore pur di poter fare l'università in una città troppo lontana dal paesello?
Dopotutto, noi donne siamo abituate da sempre ad accontentare la famiglia: al figlio maschio si perdona tutto, ma la femmina non deve sgarrare. Poi possiamo parlare del fatto che in effetti le femmine corrono più pericoli dei maschi, nella nostra società. Ma già questo è indice di uno squilibrio che non ci dà il diritto di crederci emancipate. E non tiriamo fuori la solita storia degli stranieri che rendono insicure le città, per favore: io abitavo di fianco a un pub frequentato da tifosi di una squadra locale, gentaglia ignorante e volgare tanto quanto quelli che si ubriacano fuori dai call center. Avevo dei vicini senegalesi, tutti ragazzi che facevano chissà quali lavori da schifo (visti i loro orari), ma non mi sono mai sentita men che rispettata, nonostante vivessi sola e non conducessi certo una vita da monaca.
Mi si dirà: tu potevi scegliere se vivere da sola o no, spesso loro no. Ah sì? Io potevo scegliere? Quante ragazze conoscete che, senza nessuna impellenza logistica, vanno a vivere da sole in un monolocale da 20 mq e con la benedizione dei genitori? Io ne conosco ben poche, e nemmeno io sono tra quelle: per mia madre il fatto che vivessi sola era fonte di continua angoscia, ha "ceduto" solo perché avevo cominciato a lavorare per mio padre e anche lei capiva che vivere col tuo datore di lavoro è una cosa ben pesante.
Insomma, questo per dire che tutti, persino la sottoscritta paladina delle pari opportunità, viviamo sulla nostra pelle una cultura che tuttora discrimina le donne. Lo fa in modi più sottili o forse non ce ne accorgiamo perché ci siamo abituati. Un po' come col clima. Solo che il clima non dipende da noi.
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sono felice di questo post per come lo hai scritto, per le cose che dici e soprattutto perché afrontando l'argomento da vari punti di vista solleviamo questioni, ci facciamo domande e quindi andiamo avanti...
RispondiEliminasecondo me il punto è proprio questo, in questo momento storico il velo rappresenta la strumentalizzazione politica che si gioca sul corpo delle donne, mentre la strada verso l'emancipazione passa molto più in là.
Applausi sia a te che a Piattini. Che voglia di farmi una bella, lunga e appagante conversazione con voi!
RispondiEliminasi tutto giusto tutto vero, ma qui nessuno ti lapida o ti taglia una mano se vede lo smalto.
RispondiEliminaio nn parteggio x nessuna religione, nessuna idea politica, solo x il rispetto dell'essere umano e nn vedo nessuna religione che comporti la libertà.
quanto alla parità siamo ben lontani anche noi europei ma credo che siamo milioni di anni davanti ai paesi musulmani, ti assicuro che ho visto cose allucinanti, dovevo mordemi la lingua tutto il giorno
@emily: ovviamente non sto parlando di situazioni estreme o di stati teocratici. Altrimenti "loro" possono tirarmi fuori gli aspetti deteriori della nostra società, da Velinopoli ai preti pedofili, e non è questo l'intento del mio post.
RispondiEliminaPenso che sia più costruttivo vedere quali punti abbiamo in comune, e temo siano tanti.
Temo che gli europei siano avanti rispetto ai musulmani, ma noi italiani siamo indietrissimo rispetto agli europei, basta vedere la percentuale di padri che si prendono il congedo per paternità e la quantità di asili nido sul territorio, per non parlare dei dati sulla cura degli anziani e dei malati.
Ciao, a me pare che sottovaluti troppo le sfumature della situazione che, soprattutto in casi come questi, possono essere fondamentali e cambiare SOSTANZIALMENTE la vita delle donne. Voglio dire che possiamo pure riconoscere apertamente che nemmeno da noi si sia ancora raggiunta la vera parità, ma cercare di far passare il messaggio che, in fondo in fondo, le donne "siano tutte sulla stessa barca" indipendentemente dal paese in cui vivono mi sembra un po' eccessivo.
RispondiEliminaRiguardo alla domanda sulle ventenni che vanno a vivere da sole, beh io non conosco nemmeno ragazzi ventenni che se ne vanno...credo purtroppo che dipenda più dalle condizioni economiche e dalla mentalità italiana, che non dal sesso di appartenenza :-(
Ciao, Giulia
@giulia: a me invece sembra che spesso specchiarsi nei difetti delle altre civiltà sia un modo per crescere. Ci sono donne indiane che si sentono emancipate solo per il fatto di avere un lavoro, non importa se il marito gli è stato imposto dalla famiglia, la figlia l'han fatta crescere dai parenti dall'altra parte dell'Italia e conducono essenzialmente una vita che noi considereremmo indecorosa.
RispondiEliminaCi sono donne italiane che si sentono emancipate solo per il fatto di non avere il velo in testa, non importa se hanno dovuto lasciare il lavoro alla prima/seconda maternità, se il marito non fa un tubo in casa e se la società impone loro un modello inarrivabile. Peggio ancora, ci sono donne italiane che si sentono emancipate nonostante lavorino full time e oltre per non perdere il lavoro, parcheggino i figli per 12 ore al giorno tra asili / tate / nonni, abbiano un marito che aiuterebbe ma lavora più di loro. Mi dirai: le italiane hanno una scelta. Ne sei proprio sicura? Io lavorerei come segretaria nonostante un master a 24 anni, se il mondo del lavoro non fosse ostile alle donne?
Non credo ci siano tanti gradi nella misoginia: è da estirpare e basta, come una malerba.
Forse quelle donne indiane di cui tu parli non si sentono emancipate tout court, ma più emancipate delle loro madri o nonne che magari non potevano nemmeno studiare, figurarsi lavorare. E quelle donne italiane senza velo probabilmente sanno benissimo che la strada della parità è ancora lunga e soffrono ogni giorno quando parcheggiano per 12 ore i figli, ma forse anche loro sono contente di aver potuto arrivare fino al master al posto di fermarsi alla terza elementare perché "tanto è femmina",come fu detto a mia nonna.
RispondiEliminaE credo proprio che le donne indiane (o afgane, somale, cinesi...) a cui impongono un marito da bambine siano molto più numerose delle italiane nella stessa situazione... Sono queste le sfumature di cui parlavo e che, secondo me, fanno una differenza sostanziale.
OCCHIO, non dico assolutamente che ci si debba accontentare o, peggio, ringraziare chi ci da un lavoretto "in nome della parità", ma poi non ci fa fare carriera perché abbiamo figli: questa è discriminazione pura e va riconosciuta e naturalmente combattuta.
Ciao.
OOPS! Volevo scrivere "essere potute arrivare"...
RispondiEliminaEmnancipazione grammaticale, la mia :-)
Giulia, io credo che in sostanza stiamo dicendo le stesse cose, solo che mettiamo gli accenti su aspetti diversi.
RispondiEliminaIo francamente non vedo lo scopo di dire che "loro" stanno peggio di noi: lo vedo anch'io che io ho potuto scegliermi il marito e la mia vicina indiana no, che io ho potuto tirarmi il collo per pagare il nido ai miei figli e la mia vicina indiana ha mandato la sua a Brescia, per non parlare del fatto che ho avuto 27 anni per fare la vita che volevo prima di accasarmi. E allora? Una volta che ce lo siamo dette, che cosa ne abbiamo ricavato? Ne abbiamo ricavato che ci mettiamo su un gradino più in alto rispetto a loro, come se le loro battaglie non fossero più nostre.
Invece, se cerchiamo di capire che tutte abbiamo ancora tanta strada da fare, possiamo farla insieme.
cara lanterna, mi piace questo post.
RispondiEliminauna volta ho letto la testimonianza di un tale che aveva cambiato sesso, e quello che mi ha colpito è stato: da quando sono donna, so cosa vuol dire avere paura.
ecco, noi abbiamo paura. degli ultras ubriachi, e anche di quelli del call center (adoro il multiculturalismo, ma ho abitato per un paio d'anni sopra a un call center e avevo paura, alla sera). dobbiamo temere di rimanere sole in ascensore con uno sconosciuto. se veniamo violentate da nostro marito quasi quasi non è considerata una violenza.
questo ci fa tutte molto simili, velo o no.
Non posso che concordare ma ho appena scritto due righe un po' provocatorie sull'argomento. Se ti va di passare...
RispondiEliminaso che non se ne sentiva il bisogno, ma ho scritto un post anch'io, sull'argomento, citando te e piattini.
RispondiEliminase vuoi, mi interessa molto la tua opinione
http://pollymammatripla.blogspot.com/2010/10/velo-dico-io.html