venerdì 6 agosto 2010

Regalasi spunto letterario

Vi metto qui per iscritto una fantasia di questa mattina presto. Ve la metto perché io non credo che avrò né voglia né energie per svilupparla, soprattutto alla luce della quantità di documentazione che mi richiederebbe e che non ho nessuna voglia di raccogliere.
Quindi, se qualcuno si sente ispirato, non si faccia scrupolo di usare questo spunto. Magari facendomi avere il risultato, ché fa sempre piacere leggere cose altrui.

Faccio una doverosa premessa: con la scusa di documentarmi su Jonathan Rhys Meyers (cosa che poi al limite dovrebbe fare il mio disegnatore), sono caduta nel tremendo gorgo della serie TV I Tudor. Se la prima serie era una lunga e imbarazzante serie di scopate (soprattutto la prima puntata, pareva un porno soft), nella seconda il sesso è stato un po' messo da parte a favore della violenza: i boia diventano figure immancabili, fino alla farsa del boia di Calais, chiamato per Anna Bolena e arrivato con un giorno di ritardo perché gli si è azzoppato il cavallo. Com'è probabilmente verosimile, i boia vengono rappresentati come persone che fanno un lavoro sgradevole e cercano di farlo con coscienza, né più né meno che un macellaio. Il motivo per cui fanno quel lavoro e non un altro è presto detto: se sei bravo (come il famoso boia di Calais), ti pagano bene e "vivi nell'agiatezza".
Quindi il boia avrebbe potuto essere addirittura un mestiere ambito, se non fosse stato socialmente riprovevole. Però i boia avranno pur avuto delle famiglie: chi sposava un boia? Una qualsiasi, perché tanto pecunia non olet, o una che non trovava altri buoni partiti?
Io sono partita dal presupposto che per un boia sposarsi "bene" non fosse tanto facile, per via delle convenzioni sociali. E ho pensato a una coppia che potrebbe essere protagonista di una serie di gialli classici, tipo quelli di Fratello Cadfael.
Lui, un boia di una cittadina abbastanza tranquilla: qualche ladro da impiccare ogni tanto, briganti, omicidi, niente di che. Un uomo forte, di aspetto piacevole, mite e per niente compiaciuto del proprio lavoro. Uno che ci è capitato per caso, come mio nonno che è finito a lavorare nei macelli pur essendo il figlio di un ciabattino, oppure per tradizione di famiglia: non importa più di tanto. Uno che magari studia di nascosto anatomia e/o testi medici per capire come svolgere meglio il proprio lavoro (ricordiamo che all'epoca il boia sovrintendeva anche alla tortura).
Lei, una bisbetica non troppo domata. Figlia di un mercante i cui magazzini sono andati in fumo, era troppo povera e troppo linguacciuta perché qualche borghese la sposasse. Quando l'ha chiesta in sposa il boia, la famiglia ha accettato perché quello era il partito migliore a cui lei potesse aspirare. È intelligente, è istruita (ha potuto studiare quando il padre era ancora ricco), è curiosa come si addice ai migliori detective. Ha partorito due gemelli al primo colpo, ma poi non è più riuscita ad avere figli: la cosa non l'affligge per niente, perché sua madre e una sorella sono morte di parto e lei ne è terrorizzata. Chiede spesso consiglio alla nonna, che fa la levatrice, ha uno spirito non molto diverso dal suo e il piglio dell'avventuriera (ha avuto 3 mariti, ognuno con un mestiere più esotico del precedente).
La coppia funziona bene: lei si è inaspettatamente innamorata di quel marito così impresentabile, lui ama anche i suoi molti difetti caratteriali. Lui spesso le confida i dettagli dei casi su cui dovrà "intervenire", lei coglie e sottolinea le incongruenze, gli instilla dubbi. Dal dubbio nascono le indagini, ripeto, da giallo classico.
Se dovessi scegliere un'epoca in cui ambientare questa storia, direi o 1300 o metà 1500: entrambe sono epoche in cui l'incertezza politica e religiosa ha causato un aumento della criminalità, vera o presunta.
Se dovessi scegliere un luogo in cui ambientare questa storia, penserei o alla Lombardia o alle Fiandre, ma io probabilmente sceglierei la Lombardia perché ho più possibilità di documentarmi e perché dopotutto sono laureata in Arte Lombarda.
Però ormai questa storia non è più mia, diventa vostra. Eccola qui, per chi la volesse usare.

martedì 3 agosto 2010

Consiglio di lettura

Recentemente, su FB, mi è capitato di parlare con Piattini di libri riguardo l'emancipazione femminile, la conciliazione famiglia-lavoro, ecc. Le ho consigliato una biografia di Maria Teresa d'Austria, che secondo me è stata un grandissimo esempio in molti sensi: ha infranto la legge salica (che impediva alle donne di ereditare un regno), ha governato un impero problematico come quello Austroungarico apportando molti miglioramenti, ha patrocinato la nascita dell'Illuminismo nel proprio territorio e, last but not least, ha gestito una famiglia di più di 15 figli tra sopravvissuti e non.
Poi, domenica, ci è venuto lo sghiribizzo di andare a fare un giro a Mantova, per mostrare a Luca e ai bambini una delle città d'arte che amo di più. Per un colpo di fortuna, nonostante fosse formalmente chiuso, siamo riusciti a visitare anche gli appartamenti di Isabella d'Este, ultima marchesa di Mantova. Ed ecco che mi viene spontaneo un altro consiglio di lettura, ovvero Rinascimento privato di Maria Bellonci.
Questo romanzo, che finge di essere un'autobiografia di Isabella, mi ha accompagnata da quando avevo 12 anni: l'ho riletto molte volte e ogni volta con uno spirito diverso.
C'è stato persino un periodo in cui ho condiviso con Isabella la consapevolezza di volermi accompagnare a un uomo che non sarebbe mai stato completamente contento di una mia piena affermazione professionale, che non avrebbe condiviso la pienezza dei miei sogni per invidia e miopia. Per fortuna oggi capisco Isabella, che non aveva scelta e prese il buono del marito assegnatole, ma non condivido la sua sorte, perché mio marito non è per niente invidioso di un mio eventuale successo e anzi, vorrebbe che fossi più felice e che potessi impiegare i miei talenti.
Isabella aveva talento per il governo, e lo dimostrò sia durante la prigionia del marito sia quando fu reggente per il figlio Federico, ancora troppo giovane per succedere al padre. Purtroppo né il primo né il secondo si dimostrarono mai grati per il buon servizio reso allo Stato.
Francesco, il marito, grandissimo puttaniere tornato dal fronte con la sifilide, cercò sempre di più di isolarla, seguendo i consigli di un personaggio un po' equivoco e corrotto.
Federico, il figlio, divenne sempre più succube di una donna sposata, Isabella Boschetta, per cui sperperò enormi somme di denaro (per esempio facendo costruire Palazzo del Tè).
Ecco, oggi forse mi identifico di più nell'ultima parte della vita di Isabella: quella in cui si assiste alle scelte dei propri figli e bisogna imparare a non intervenire troppo, soffrendo in silenzio se le cose non vanno proprio come ce le eravamo augurate.
Ho assistito troppe volte a contrasti tra suocera e nuora per illudermi che non capiti anche a me. Ho visto anche suocere struggersi per generi che non approvavano: mia madre, per esempio.
Ho ripetuto tante volte che l'approvazione di mia madre non è mai stata fondamentale per me. Per esempio, il fatto che lei non approvasse il mio fidanzato dei 20 anni (non per la differenza d'età, ma per lui in sé) non mi aveva mai dissuasa dal frequentarlo.
Ma, quando tra noi finì e in malo modo, mi resi conto che l'istinto di mia madre le aveva suggerito che si trattava di una persona non limpida e non adatta a me.
Infatti, quando poi mi innamorai di Luca, cercai di fare in modo che mia mamma potesse vederlo appena possibile. Non con una presentazione ufficiale in famiglia: figurarsi, non sarebbe da noi. Mia madre venne a vederci mentre ci esibivamo col gruppo di teatro di strada a Broni, e il fatto che Luca non le desse "vibrazioni negative" fu per me un enorme sollievo.
Poi in effetti la presentazione "ufficiale" seguì a breve: a Santo Stefano, dopo un Natale rocambolesco in cui Luca era andato a Torino e aveva perso il cellulare con dentro ogni mio riferimento, Luca venne a pranzo a casa dei miei (avevamo la tradizione di fare il pranzo "solo salmone" tra di noi, per riprenderci dalla pesantezza del pranzo ufficiale coi nonni). E si addormentò secco sul divano, piegato dal tanto cibo e dallo spumante.
Tuttora, quando andiamo dai miei, Luca viene preso da sonnolenze insolite, nonostante mia madre non cucini né troppo né in modo troppo pesante.
Ecco, io spero di essere fortunata come mia madre: che, magari dopo qualche sbandata, i miei figli trovino una persona che io personalmente magari non sposerei, ma che li faccia star bene e riscuota la mia stima.

lunedì 2 agosto 2010

Frivolezza

Viola procede bene, per quanto ancora in fase embrionale: il disegnatore, di cui ancora non annuncio il nome per scaramanzia, ha fatto i primi bozzetti dei personaggi e non mi sono ancora riavuta dalla sorpresa e dal piacere di vedere finalmente in faccia le persone a cui ho dedicato e dedicherò gran parte del mio tempo libero.
La figura che mi entusiasma di più è proprio quella di Viola: la rappresenta perfettamente e, secondo me, non c'è niente di simile nel panorama attuale del fumetto italiano. Ma, appena potrò, lascerò giudicare a voi.
Proprio perché il mio disegnatore è un maschio di quelli di una volta (per intenderci: si identifica in Luca, che ho modellato su mio marito), ha lasciato a me la definizione dei dettagli dell'abbigliamento. Il che non è 'sto grande sbattimento per i maschi (che ho lasciato per ultimi, certa che verranno liquidati in mezz'ora di lavoro ciascuno), ma è una bella sfida per le donne.
Certo, sarebbe comodo fare come in Dampyr: per ogni personaggio, una tenuta "classica" per ogni stagione e fine del discorso.
Ma il mio disegnatore ed io amiamo complicarci la vita, oltre al fatto che vorremmo un effetto realistico.
E allora, da stamattina, sono al lavoro tra vestiti miei, vecchie riviste di moda (stiamo parlando di vestiti che dovevano essere plausibili 10 anni fa) e ricerche online.
Sono partita dai personaggi che appaiono di meno: Chiara, l'oggetto del desiderio di Stefan, e suo marito Carlo.
Carlo è facile: fa il contadino e il casaro, i riferimenti visivi atemporali sono centinaia.
Per Chiara, volevo uno stile particolare, qualcosa che la distinguesse nettamente sia da Viola sia dalle riviste di moda. Ho ripescato qualche gonna lunga di velluto e le ho abbinate a maglioni semplici a collo alto, ho giocato con gioielli antichi ed etnici per dare un tocco particolare e insomma, mi sembra che il risultato sia originale senza essere eccessivamente eccentrico.
Poi, dal momento che siamo in estate, mi è venuto comodo spostarmi sui vestiti estivi di Viola: alcuni capi del 2000 che non mi entrano più ma che ho miracolosamente conservato, abbinati ad accessori semplici e a qualche collanina discreta.
Al momento, mi sono fermata a raccogliere le idee per il vestiario invernale, ma mi sembra di essere a buon punto. Ovviamente le fashioniste all'ascolto sono avvisate: se nel prodotto finale troveranno anacronismi o mancanze di buongusto, mi bacchettino!

Aggiornamento: per il look estivo di Darius, mi sono ispirata al suo modello Jonathan Rhys Meyers. Ecco, giusto per discolparmi di ogni tamarritudine: non sono io a considerarlo elegante, è lui che si considera così e gli piace. Purtroppo.