mercoledì 31 luglio 2013

Piccole vacanze

Allestire praticamente ogni aspetto di una casa nuova è pesante e totalizzante, soprattutto se ti ritrovi a fare tu tutto quello che non sei costretto a delegare ad altri. Non ci sono weekend al mare o al Trebbia, non ci sono ferie dalla tua futura casa. In compenso, quando tutto sarà finito vuoi mettere la soddisfazione?
Ciononostante, ogni tanto scappo. Tipo venerdì scorso, e avevo pure una complice. Dove siamo andate? Provate a indovinare.








martedì 30 luglio 2013

Istantanee da una stanza vuota

La stanza verde, ovvero la mia camera da letto, è finita: i mobili sono stati tutti sistemati, montati, collocati.


Fondamentale è stato l'aiuto dell'amica Euforilla, che domenica è venuta a vedere come procedevano i lavori.


Ora non ci resta che riempirli.


sabato 27 luglio 2013

Shabby chic for dummies

Prendi una donna con scarsissime inclinazioni artistiche ma con un'enorme passione per l'arredamento. Mettile in mano le chiavi di una casa tutta da reinventare, nel bene e nel male. E dalle libero accesso ai vecchi mobili di famiglia.
Ecco, ti sei messo nei guai. L'unica consolazione è che anche lei lo è. Perché, non essendo abbastanza ricca da poter commissionare il restauro di casa e mobili, ci mette mano in prima persona.
E allora via con pennelli, martelli e seghetto alternativo. 
Muri dipinti, pavimento posato. Cosa resta? Ah sì, i mobili. Così, mentre l'uomo assolve al proprio compito di smontatore/trasportatore/rimontatore, la donna rispolvera il suo coté Geppetto, dedicandosi ai mobili da sistemare.
Epperò tagliare lungo linee dritte è un conto, rendere bello un mobile brutto tutt'altro paio di maniche. Soprattutto se sei un'anticapace come me.
Pensa che ti ripensa, ecco la soluzione. Sono bei mobili, di colori deprimenti e diversi fra loro. Facciamoli tutti shabby chic, così non si vede neanche che sono stati fatti da una che ha due mani sinistre (anzi, sembra fatto apposta).
Beh sì, OK, perfetto. Ma, nella pratica, come si fa?
Per prima cosa, prendere un mobile e passarlo con la carta vetrata più grossolana (sul retro della mia c'è scritto 150).


Se, nonostante la grattata, vi sembra ancora troppo liscio, passatelo tutto con la cementite. Altrimenti lasciate perdere, l'effetto sarà ancora più shabby.
A questo punto, sarete già andati dal vostro colorificio di fiducia (se non ne avete uno, fatevi consigliare dall'amica crafter) a scegliere due smalti di due colori differenti. Si può fare tono su tono o di toni contrastanti. Io per la mia prima esperienza ho preferito non osare troppo.
Date una mano del colore di fondo, stando attenti a non pasticciare troppo con la direzione delle pennellate e senza coprire troppo il fondo (a meno che non sia di un colore inguardabile anche solo per un mm quadro).
Lasciate asciugare e lavate i pennelli in acqua.


Poi date la seconda mano, col colore superficiale. Valgono ancora di più le indicazioni date sopra: attenzione alla direzione delle pennellate e cercate di non coprire troppo il fondo.
Lasciate asciugare e lavate i pennelli, con cura ancora maggiore perché li metterete via e magari prima o poi vi serviranno di nuovo.


Con la carta vetrata fine (sul retro c'è scritto 220), passate le parti che volete far sembrare più rovinate (di solito spigoli e dettagli sporgenti, ma non mettete freni alla fantasia).
Fine del lavoro. Collocate il vostro mobile e godetevelo.

domenica 21 luglio 2013

Il Duomo di Milano

È così che mia madre sta cominciando a chiamare la mia casa nuova, vista la mole di lavoro che ci stiamo mettendo dentro.
Questa settimana, per esempio, abbiamo finito di posare i pavimenti delle due stanze.



Io mi sono improvvisata ebanista e ho cominciato a ridipingere in stile shabby i vecchi mobili che vogliamo tenere ma che non ci piacevano di quel colore così cupo:


Nel frattempo, non ho rinunciato a fare qualche esperimento, con robbia, aceto e ferro arrugginito.



Ho anche scoperto di essere entrata in possesso di un oggetto curioso e piuttosto raro, proveniente dalla famiglia di Luca.


Il trasloco sta entrando nel vivo: oggi abbiamo smontato e montato i letti (non preoccupatevi, ne abbiamo altri di fortuna) e portato alcuni mobili per il piano di sopra. Domani si continua con il restauro dei mobili vecchi e tutto il resto.
Non vedo l'ora di andare a letto.

lunedì 15 luglio 2013

Quel che resta del weekend

Un po' di mal di schiena, i calli alle ginocchia, il desiderio di andare in vacanza per essere costretti all'ozio.
Ma anche questi momenti:


Un giro al gattile dove fa volontariato una mia compagna di danza, una delle tante persone che vengono colpite da Amelia e che le rimangono affezionate (e a cui sono grata, perché mi ricordano che Amelia non è solo "soffiati il naso"). I complimenti ai miei bambini per la loro delicatezza nel trattare i gatti (hanno avuto buone insegnanti). La promessa di prendermi in casa un certo gatto, se nessun altro lo adotterà entro il mio trasloco.


Pulire, dipingere e posare il pavimento in laminato nelle camere. Se oggi riusciamo a finire la stanza dei bambini, si dia inizio al trasloco per il piano superiore. Avrei bisogno di un'aspettativa di 3 mesi.


Andare dal polacco e aspettarsi ormai di trovarci la Quarta. Tutti i giorni, nonostante l'altra mattina sia tornata a casa dopo il temporale. E intanto lei smiagola, si infiltra nel gazebo, ci porta bisce morte e topi decapitati. Fa come se fosse a casa sua, insomma.


Bearsi della splendida fioritura di ibischi, esplosi proprio questo finesettimana. Si fanno concorrenza con le trombette d'angelo, che dovremo un po' ridimensionare. E fanno a gara tra loro tra chi è più bello.


Scoprire i nuovi regali che il cerchio di pietre mi fa: un tagetes che sta già allungando le radici verso il centro, una bella di notte, le nuove piantine di cotonaria. E i conigli che mi guardano curiosi, indecisi se approfittare delle erbe strappate o andare a mangiarsene di nuove.

venerdì 12 luglio 2013

Il momento che preferisco


Il momento della giornata che preferisco, in questa stagione e in questa casa, è la mattina presto.
Quando gli uccellini sono al massimo del volume e le persone al minimo.
Quando i gatti si godono il fresco fantasticando sui voli delle loro possibili prede.
Quando la giornata è tutta ancora da vivere, piena di promesse che in maggioranza non saranno mantenute.

Sono stanca, in questo periodo.
Il lavoro è lavoro. Non è la miniera, per carità, ma sono 10 ore del mio tempo che passo fuori di casa e 8 ore in cui uso il mio cervello per cercare di non farmi dare della statale scansafatiche.
Tornata a casa, c'è la casa. Da pulire, dipingere, pulire ancora, posare il pavimento. Sono contentissima di come sta venendo, ma che fatica.
E poi ci sono i bambini. Che ci seguono alla casa nuova, all'inizio un po' recalcitranti e adesso un po' più di buon grado. Ma si annoiano in fretta, e quella casa è troppo piena di cose con cui possono fare casino. Tipo sparpagliare le cose da buttare che Luca aveva così coscienziosamente radunato sotto un telo, e giocare alla casetta. Così tocca rimettere a posto e fare lavoro superfluo dopo quello necessario.
La sera, faccio qualche riga a maglia. Ho iniziato questo pattern qui con due gomitoli tinti di viola col papavero. È vero che fa caldo, ma, quando si alza un po' di vento, il contatto con la lana è ancora piacevole e confortante.
E poi non rinuncio alle mie follie. Per esempio, domenica sono andata da un'amica a prendere della lana di tosa e soprattutto a festeggiare i sette anni del suo bambino.


E domani faccio un giro al gattile dove fa volontariato un'altra mia amica, che adora Amelia e che mi ha invitata per vederla un po' prima delle vacanze.
Lo so, dovrei lavorare alla casa. Ma non voglio che i miei bambini arrivino a odiarla perché gli porta via mamma e papà.
A volte temo di arrivare a odiarla anch'io. Ma poi, alle sette di sera, mentre bestemmio contro gli inganni dei mobilieri svedesi, si leva il vento e gli alberi tutti intorno cominciano a frusciare.
Sembra che lo facciano apposta per rabbonirmi, e forse è proprio così. E io mi arrendo al loro fascino: con quella casa potrò litigare, anche di brutto, ma odiarla mai.

lunedì 8 luglio 2013

Nella buona e nella cattiva sorte


Inaspettatamente, oggi ho dovuto fare una cosa molto triste: sono dovuta andare in camera mortuaria per una persona che purtroppo non ho mai conosciuto abbastanza bene, ma che mi spiace molto se ne sia andata.
Era un signore non giovanissimo, 70 anni, ma la sua morte mi ha rattristata come se fosse stato più giovane: era pieno di vita e di iniziative, un vero vulcano.
Era il giornalaio di fiducia della mia famiglia, uomo che ingannava i freddi inverni in edicola con ogni sorta di hobby: il restauro di vasi antichi, la legatoria, la pittura.
Venduta l'edicola, è stato per circa un decennio il custode di una chiesa romanica bellissima. E che custode: factotum, aggiustatutto, guida turistica, restauratore. In una parola, appassionato.
In tutto questo, sua moglie gli era sempre accanto per contenerlo e spalleggiarlo, sempre pronta alla battuta affettuosa e allo scherzo per non prendersi mai sul serio.
Ho intravisto ciò che hanno passato insieme: un figlio amatissimo all'estero, un nipotino adorato ma troppo lontano, un tumore di lei superato con la solita dignità e serenità.
La stessa serenità di lei, che oggi in camera mortuaria lo guardava con affetto e un po' di rimprovero. Quasi sorrideva, eppure non oso immaginare che cosa provasse dentro di sé a sapersi così improvvisamente sola, senza quel rompiballe che le riempisse la casa di cianfrusaglie.
Io al suo posto sarei molto arrabbiata. Perché per carità, puoi incazzarti perché ti entra in casa con gli stivali pieni di terra e lascia sempre tutte le luci accese, puoi volertelo mangiare vivo perché ti nasconde le chiavi in posti arcani o perché va chissà dove dimenticandosi il cellulare a casa. Ma un uomo così, se te lo sei scelto, non è il tipo discreto che non si sente quando è in casa. Un uomo così non ti fa mai annoiare, ti vizia di avventura. E, quando se ne va, lascia un vuoto incolmabile.

venerdì 5 luglio 2013

L'erba dai mille volti



Amo l'iperico.
Ne ho scoperto l'unguento sei anni fa, in occasione di una scottatura, e da allora non faccio altro che stupirmi delle proprietà incredibili di questa pianta.
Prima di tutto, non avrei mai creduto che un rimedio fitoterapico potesse essere tanto efficace in così poco tempo, mi è sempre bastata una sola applicazione per eliminare il dolore delle scottature (solari, da forno, persino le temute scottature da caramello).
Secondariamente, trovo bellissimo che una pianta che fiorisce al solstizio doni tutto ciò che solitamente colleghiamo al sole: luce, allegria, buonumore. Non l'ho ancora provato in tisana o nell'insalata, come fa una mia collega, ma solo perché finora l'ho trovato solo a bordo strada e non mi pareva il caso di usarlo a scopi alimentari.
In terzo luogo, tinge. Per dare il meglio di sé, richiede un bagno colore alcolico (che può essere tranquillamente fatto con l'alcol denaturato al 50% che si trova al supermercato, il risultato non cambia e voi risparmiate quei 15 euro): i fiori devono essere lasciati macerare per diversi giorni, anche se l'alcol si colora subito di un rosso entusiasmante.


Al momento di tingere, si scioglie un po' di allume in acqua, vi si immerge la lana e si porta lentamente a ebollizione.
Quando l'acqua bolle, si spegne il fuoco (mi raccomando!) e si versa il bagno colore filtrato nella pentola. Il rosso, a contatto con la lana, diventa verde come per magia.


Quando, dopo una giornata o una notte, si decide di sciacquare, bisogna mettere in conto un vero e proprio lavaggio: se ci si limita a sciacquare, la lana asciugando rimane appiccicosa come se fosse stata immersa in acqua e zucchero.
Purtroppo col lavaggio se ne va un sacco di colore, e il verde che rimane attaccato alla lana è di una tonalità spettacolare, ma piuttosto tenue rispetto all'illusione che ci aveva dato.
La ricerca del verde perfetto continua.

giovedì 4 luglio 2013

Botanica per caso



Succede che un giorno capiti sul profilo Flickr di una ragazza americana che si diletta di tintura e ti vengano alcune idee malvagie.
Per esempio, provare a tingere con l'achillea. Ammesso che sia achillea quella che tu vedi un po' ovunque.
(Scoprirai poi che si tratta di carota selvatica)


Ti avvii con bambini tuoi e altrui verso un campo a caso e scopri, oltre a quello che cercavi, cespi di vera achillea, di un rosa favoloso.


Aggirandoti con le forbici in mano (e pronunciando maledizioni irripetibili ai danni dei tafani, questo lo dico perché il tutto non appaia troppo idilliaco e prenda anzi qualche contorno epico), scopri che nel campo ci sono tanti fiori, forse tintori o forse no, tutti interessanti.
Ci vuol poco a riconoscere il trifoglio.


E questi mi sembrano fiordalisi, non so di quale varietà.



E, con grande soddisfazione, una volta a casa ho scoperto che questa margherita gialla si chiama senecio jacobaea, e prevedibilmente dà il giallo.


Ora l'achillea e la carota selvatica sono a cuocere per fare il bagno colore. Vediamo se la spedizione nel prato sarà fruttuosa anche in termini tintori.

lunedì 1 luglio 2013

L'ortensia rapita


La casa dove vivo ha un grosso, enorme neo: sei anni fa è venuta ad abitarci una famiglia di gente assurdamente brutta, più dentro che fuori (ed è tutto dire, vi assicuro).
Persone italiane (ci tengo a precisarlo) che urlavano da mane a sera, proferivano volgarità a fiotti, fumavano in continuazione, maltrattavano il fratello/cognato/figlio/zio disabile e rubacchiavano tutto ciò che gli capitava sottomano, compresa l'elettricità aziendale.
Poi questa gente ha traslocato, perché la moglie non reggeva l'isolamento del luogo. Hanno lasciato come debiti due anni di affitto di una casa a Zelata e 700 euro che il panettiere è venuto a richiedere in azienda. Hanno rubato svariati capi di biancheria intima (tra cui un completino Intimissimi che la mia vicina indiana piange ancora), qualche ombrello, una quantità rispettabile di mollette e decine di fiori/piantine.
Ovviamente parte dei fiori veniva dai vasi di fronte a casa mia.
Ora, dovete sapere che a mio marito potete violentare la moglie e picchiare i figli, ma non toccategli le piante.
Quindi, quando questa gente ha traslocato, tutti abbiamo tirato un sospiro di sollievo.
Ovviamente sbagliavamo.

Il fatto è che il paterfamilias lavora ancora in azienda e usufruisce per il pranzo di un appartamento prestatogli da un collega, che non lo usa ma continua a tenerlo col beneplacito dell'azienda. Le utenze sono rimaste al collega, che all'epoca ha pensato "ci deve solo mangiare, che male potrà fare?".
Il paterfamilias ha cominciato a portarsi dietro la suocera, che usa la corrente di quella casa per fare tutte le lavatrici che può e stirare tutti i panni che può.
E la suocera, quando finisce di usare corrente a sbafo, va in giro a rubare fiori. Oltre a introdursi in casa della mia povera vicina egiziana, ma questo è un altro discorso.

Oggi pomeriggio torno a casa e vedo sul tavolo un bel mazzo di fiori. Riconosco un fiore della mia meravigliosa ortensia blu, una calendula che viene dai miei vasi e alcune rose di cui non capisco la provenienza (poi scoprirò che sono aziendali).
Dico a Luca: "Ciao tesoro, che bel mazzo hai fatto!"
E lui: "Veramente l'ha fatto la vecchia."
Mi racconta di averlo visto davanti a casa della vecchia e di esserselo preso di diritto, senza che lei se ne accorgesse.
Lo so che forse non capite la figaggine di questo gesto e magari arrivate a considerarlo meschino, ma credetemi: con questo gesto, mio marito si è guadagnato la mia stima imperitura.
E l'ortensia sta molto meglio nella mia cucina che nella sua.