giovedì 29 settembre 2011

Funeral blues

Lunedì ho saputo della morte di Sergio Bonelli. Non lo conoscevo, l'avevo intravisto una sola volta, eppure gli devo tanto: le ore di goduria passate a leggere Dampyr, Gea, Greystorm, Demian, Nathan Never, Lilith e tante altre opere di narrativa pubblicate dalla sua casa editrice.
Come lettrice, gli tributo il merito di aver mantenuto sempre altissimi gli standard del mercato italiano.
Come autrice, non avrei neanche osato sperare di lavorare per lui, ma ho sempre avuto come modello i suoi prodotti: popolari nel senso di accessibili, ma senza trascurare la qualità.
Non so altro di lui, se non che molti lo consideravano un innovatore (purtroppo non esiste più il link a un bellissimo post di Paola Barbato), un modello e un amico.
Non per niente, sul sito della casa editrice sono arrivati innumerevoli messaggi di cordoglio, da semplici lettori come me. Gli stessi che stamattina si stanno muovendo per andare al suo funerale.
Cosa che avrei fatto anch'io, se tra poco non avessi un impegno di lavoro non rimandabile.
A loro, ma anche a tutti quelli che passeranno di lì per caso e si chiederanno il motivo di tanta folla, vorrei dire: salutatelo e ringraziatelo anche per me.

lunedì 26 settembre 2011

Scampoli d'estate

Se fossi una brava fotografa o solo un'appassionata di fotografia, avrei già scattato trilioni di foto a questa estate che sembra senza fine, ai miei bambini che ancora giocano in giardino con i pantaloncini e le Crocs, alle mie gatte che ogni giorno si guardano intorno come se non ci credessero. Io stessa non ci credo, mi aspetto ogni giorno di alzarmi e trovare un clima autunnale. E invece, per ora, pare che l'anticiclone reggerà per un'altra settimana.
Certo, se fossimo al mare sarebbe meglio. Sarebbe proprio una figata poter fare il bagno a fine settembre e passare i pomeriggi in spiaggia. Ma accontentiamoci: sono calati gli insetti, i bambini in cortile mi permettono di fare qualcosa di più in casa, magari ci scappa anche un giro in campagna.
Continua comunque quella sensazione di gratitudine che provavo un mese fa, e che tradizionalmente è il sentimento tipico delle feste del raccolto (che si chiamino Mabon o Michaelmas o San Michele). La cosa buffa è che invece per la nostra società l'estate è il tempo più improduttivo: vacanze, relax, il tempo in cui ricaricarsi le pile in vista dell'autunno.
Non so se per me quest'estate sia stata produttiva o no. In ufficio, ho lavorato molto, ma non parlo di questo genere di produttività. A casa, ho letto moltissimo, sognato e preso molti spunti, visto qualcosa di interessante. Ma tutto questo è ancora dentro di me, come se aspettasse l'arrivo del freddo per riversarsi al di fuori. Che lo faccia oppure che aspetti ancora un po', il senso di gratitudine che provo è lo stesso della terra concimata e seminata. Ora aspetto il freddo e il silenzio per far schiudere i semi.

Ah, ieri le foto le ho fatte, ma a tema un po' più autunnale.

mercoledì 21 settembre 2011

Se il buonsenso fa scandalo

Sollecitata da diversi articoli su Elisabeth Badinter, ho deciso di leggere un suo saggio. Ho letto il più recente tra quelli della mia biblioteca, La strada degli errori: un saggio del 2003 che si interroga sulle conseguenze del femminismo.
In verità, non mi è sembrato che la Badinter esprimesse chissà quale originalità di posizione. Nel senso: credo che qualsiasi persona di buonsenso, conoscendo i fatti, possa arrivare alle stesse conclusioni.
Quello che mi è piaciuto di lei è soprattutto questa teoria della somiglianza dei generi, dell'essere tutti esseri umani, tutto sommato con meccanismi simili, e piantiamola con tutta la retorica della superiorità/particolarità dell'essere femmine.
In particolare, Madame Badinter mi conforta in una delle mie teorie più care: noi donne del 2000, partite convinte di aver raggiunto la parità, ci siamo fatte fregare dalla retorica della maternità e del ritorno alla natura. Non parlo (solo) dell'allattamento, che fino a un certo punto è una questione di salute ma da lì in poi è un fatto culturale/affettivo. Parlo soprattutto di un pensiero strisciante che ti fa sentire inadeguata se nei primi 3 anni di vita di tuo figlio non ti dedichi completamente a lui.
A parte il fatto che non so quale Stato permetta un'astensione dal lavoro così lunga, questo è un concetto che ritengo proprio sbagliato. Prima di tutto, perché i genitori sono due e ritengo che mio marito non sia carente in nulla che riguardi la cura dei nostri figli. Secondariamente, perché l'affetto che un bambino riceve non è determinato/limitato dalla genitorialità o dalle relazioni di parentela: trovo bellissimo che ci siano persone che stanno volentieri con i miei bambini e con cui loro sono contenti, indipendentemente dal fatto che talvolta queste persone le pago. In terzo luogo, perché questa comunione esclusiva di amorosi sensi tra madre e figlio è un falso ideologico costruito ad arte. Dubito che la donna delle caverne se ne stesse dentro il nido bella tranquilla fino ai 3 anni dei suoi molti bambini. Immagino che più facilmente se li portasse addosso finché non sapevano camminare e poi o si facesse seguire (insieme alle altre donne) oppure li mollava agli anziani che rimanevano al villaggio. Ancora di più, dubito che la donna delle caverne avesse un suo nido d'amore in cui stare tranquilla: probabilmente la vita dei nostri antenati era ancora più comunitaria delle famose famiglie allargate tanto rimpiante (ma intanto nessuna di noi vivrebbe in casa della suocera).
Inoltre, evitare questo legame esclusivo madre-figlio e ammettere che i padri possono stare sullo stesso piano delle madri porterebbe un sacco di benefici culturali: a parte i progressi burocratici nell'ottenimento della parità, si darebbero picconate indelebili a tutta quella cultura machista che le femministe denunciano.
Io nel mio piccolo vivo tutti i giorni una situazione di interscambiabilità tra me e mio marito. E, a parte gli scherzi, io non mi sento meno donna o meno madre né lui mi sembra offeso nella sua virilità.
Boh, saremo strani noi. Ma decisamente felici.

giovedì 15 settembre 2011

AAA tempo cercasi

Settembre per me non è solo il mese più costoso dell'anno (tra babysitting pre-scuola, corredo per la scuola, iscrizioni ai corsi miei e altrui, bollette e assicurazioni... sì, settembre andrebbe cancellato dal calendario finanziario).
È anche una specie di capodanno, soprattutto da quando ho di nuovo a che fare con i ritmi dell'anno scolastico/accademico.
E, si sa, col nuovo anno fervono i buoni propositi, che di solito uno non riesce a mantenere. Io invece quest'anno sono piena di "cattivi" propositi, quelli che mi ruberanno tempo e mi costringeranno a incastrarmi come un pezzo di Tetris sovrappeso.
Prima di tutto, ho deciso di rivolgermi a una professionista seria per intraprendere una dieta. Ero stata scottata dalla persona a cui mi ero rivolta 3 anni fa (e che comunque ha un buon numero di estimatori, ma non fa proprio per me una che parte dal presupposto che io menta). Ora, grazie alle buone "recensioni" di un paio di persone molto diverse tra loro, mi sono rivolta a una dietista che mi sembra contemporaneamente più umana e più professionale. I chili da perdere sono 8, vedremo come sarà il percorso.
Dopo un'estate passata a lavorare sulle programmazioni didattiche (non ancora finite, ahimé) e a leggere libri di altri, vorrei riuscire a rielaborare le mie cose, Viola in particolare, in modo che la storia sia più convincente, secondo le indicazioni di gente che ne sa.
Vorrei riprendere il corso mensile con la mia maestra di danza, che mi manca assai.
Vorrei riuscire a compiere un percorso ambizioso, teso a fondere la danza con la spiritualità. Ma so anche che il compito sarà più facile, perché avrò un valido sostegno in questo percorso.
Vorrei che mia figlia si trovasse bene al corso propedeutico alla ginnastica ritmica, perché secondo me questo percorso può aiutarla a esprimere il suo talento innato.
Vorrei anche, però, continuare a leggere quanto leggevo quest'estate, perché finché c'è la biblioteca va sfruttata al massimo.
Vorrei però anche riuscire a finire la quarta stagione di True Blood (niente anticipazioni, please, so già che c'è un finale col botto ma vorrei arrivarci io) e darmi un'occhiata intorno, vedere le nuove produzioni.
E poi vorrei riuscire a vedere i miei cognati (tutti), ad andare a Bobbio a prendere l'acqua termale, a tornare al mare una volta prima che venga brutto.
Poi ci sono i desideri che sconfinano nell'impossibilità: quelli che nello stesso weekend vorrebbero sovrapporre attività contemporanee in posti diversi. Ma per quelli mi sa che non c'è speranza.

giovedì 8 settembre 2011

Cattivi o buoni maestri?

Per me la doccia del mattino è foriera di profonde meditazioni. Per esempio, stamattina pensavo a Mimì Ayuhara (qui nella traduzione di Pianobi, se non erro, e se erro dimmelo!). Pensavo anche a un aneddoto che ci aveva raccontato Marina D'Amato durante un seminario sulla produzione audiovisiva per bambini: una mattina si era svegliata sentendo sua figlia che si esercitava a pallavolo, le aveva chiesto perché avesse cominciato così presto e la bambina aveva risposto "Mi alleno per il duro lavoro". Frase tipica di Mimì, che si allenava con le catene ai polsi per rinforzarli (e mi chiedo che cosa ne penserebbe un ortopedico).
Ora, penso che tutta la mia generazione sia cresciuta a massiccie dosi di cartoni animati giapponesi. Tutti (o quasi) infarciti di valori ripicamente giapponesi: il senso del dovere, il rispetto per i superiori, il sacrificio di sé, la tensione verso l'eccellenza e verso il raggiungimento dei risultati, eccetera.
Valori che, se non portati all'estremo, sarebbero molto utili a questa società italiana dove la colpa non è mai di nessuno, dove a compiere il proprio dovere si sembra scemi, dove trionfa il furbo.
Di questi milioni di bambini cresciuti a pane e anime, quanti sembrano aver interiorizzato i valori veicolati dai cartoni animati? A me ben pochi, se non nessuno.
Ora ribaltiamo la situazione sui nostri figli. Siamo molto preoccupati di quello che guardano in TV, dei modelli sessisti di certi programmi, della frivolezza delle Winx o del Mondo di Patty. Ma davvero pensiamo che il modello dei cartoni animati sia così importante? Davvero pensiamo che le proporzioni di una Winx determineranno l'atteggiamento delle nostre figlie nei confronti del proprio corpo? Io penso che, come nel caso degli anime, il messaggio delle Winx o di Ben Ten saranno mediati se non annullati dall'esempio che verrà dato in casa.
E penso (spero) che tra 20-30 anni Amelia penserà alle Winx e trarrà le stesse conclusioni che io ho tratto riguardo Mimì e Goldrake.

martedì 6 settembre 2011

Il rispetto si guadagna

Ieri c'è stata la riunione della nuova scuola di Ettore. C'è andato Luca, perché io avevo un impegno di lavoro e non avrei fatto in tempo (avevo anche un mal di testa fotonico, ma questo non potevo prevederlo quando abbiamo deciso).
Io sono a favore della scuola pubblica, non fosse altro che perché non mi posso permettere quella privata e perché spesso la scuola privata è anche confessionale (niente di male in sé, solo che io sono atea).
Sono talmente a favore della scuola pubblica che, oltre a lavorarci dentro (non ho mai capito la netta distinzione tra scuola e università), collaboro con il network La Scuola Che Funziona (quando ho un po' di respiro, ovviamente), sono iscritta al gruppo FB "Io amo la scuola pubblica" e, naturalmente, mando i miei figli in una scuola pubblica.
Ci sono però situazioni in cui alla scuola pubblica (anzi, a una in particolare) appiccherei il fuoco. Per esempio, quando mi si dice che i bambini di 3 anni devono fare l'orario fino alle 13 per due settimane dall'inizio della scuola, "per inserirsi meglio", anche se mio figlio ha già frequentato la scuola l'anno scorso come anticipatario.
Per esempio, quando gli orari della materna e delle elementari non sono studiati in modo da essere compatibili, cosa che mi costringerà a iscrivere Ettore al post scuola e pregare che lo possano mettere sullo stesso pulmino con cui esce Amelia. Per mezz'ora di differenza.
Per esempio, quando in una riunione organizzata per spiegare ai genitori come funziona il tutto non si è in grado di dare informazioni riguardo i buoni pasti, il post scuola e il pulmino. E si rimandano i genitori a chiedere informazioni al Comune, lavandosene le mani come se fossero cose che non interessano la scuola.
Ecco, questa è la cosa che mi fa più imbestialire, perché non è per mancanza di soldi che si fanno queste cose: è per scarso rispetto nei confronti dei genitori e per atavica incapacità di organizzare.
Se sai che il giorno X ci sarà la riunione con i genitori, che cosa ti costa fare una chiamata in Comune e chiedere le informazioni logistiche che potrebbero servire ai genitori? Ancora meglio, non potresti invitare qualcuno del Comune alla riunione?
E non ti puoi immaginare che i genitori con bambini sia alla materna sia alle elementari sarebbero più comodi se entrambi entrassero e uscissero alla stessa ora?
Se avessi riscontrato queste mancanze ovunque, potrei pensare che esiste un misterioso motivo legislativo/burocratico per cui non è proprio possibile fare così.
Invece nella scuola che i miei figli hanno frequentato fino a pochi mesi fa era tutto diverso: alla riunione di inizio anno si davano TUTTE le informazioni possibili, gli orari erano studiati in sincronia con le elementari.
Certo, non era una scuola perfetta: i primi due anni Amelia ha avuto maestre orrende (soprattutto in confronto a quelle dell'ultimo anno) e gli inserimenti alla materna erano ancora più assurdi, perché fatti a scaglioni (vi basti che Amelia è entrata alla materna il 25 settembre, 9 giorni dopo l'inizio della scuola, e il suo inserimento si è protratto fino tipo al 6 ottobre). Però era fatta in modo che, riempita delle persone giuste, potesse diventare quasi perfetta.
Questa invece è una scuola concepita per casalinghe e/o famiglie aiutate dai nonni. Niente di male, ma non tutte siamo casalinghe e non tutti i nonni sono in pensione e/o disponibili. E la scuola materna, più di quella dell'obbligo, dovrebbe essere un servizio sociale più che educativo.
Per carità, chineremo il crapone come tutti quelli che non possono permettersi di fare altrimenti. Ma la scuola ha perso un'altra occasione per farsi amare.