mercoledì 24 settembre 2014

Paura?


Domenica scorsa ero al mercato di Casteggio, con Daisy. Un'impresa.
La ragazza ha ancora qualche difficoltà a capire come si usa il guinzaglio, e quindi dobbiamo continuamente correggere la sua rotta per evitare che faccia cadere qualcuno (noi, tipicamente). Ci sta, fa tutto parte della famosa educazione su cui dobbiamo puntare.
Incrociamo (a non meno di 2 metri) una famiglia: padre, madre e figlia più o meno coetanea di Amelia. Visibilmente terrorizzata da Daisy, la bambina si ritrae stringendosi alla madre.
Ora, io non so cosa pensino quei genitori della fobia della figlia. Magari ne sono preoccupatissimi ma non riescono a venirne fuori, magari gli sembra una cosa accettabile. Non lo so.
E sinceramente penso anche che in una bambina ci stia una paura così: io ero terrorizzata dalle cimici, che non hanno dentoni.
Quello che non capisco sono le persone che questo genere di paura se lo portano nell'età adulta.
Voglio dire: da bambina e da adolescente, avevo un fottio di paure. Gli insetti, specialmente quelli che pungono, mi hanno sempre terrorizzata. Ma anche le cimici, le rane, i serpenti e chissà quante altre povere bestie a cui non fregava un bel nulla della mia esistenza.
Ma le paure sono fatte apposta per superarle. Io le ho superate, per la maggior parte.
Intendiamoci: non penso che mi terrò mai in casa un pitone e prendere in mano una cimice mi richiede uno sforzo di volontà. Ma si tratta di disgusto, non di quella paura irrazionale che ti fa scappare al primo ronzio.
Mi chiedo perché invece tanta gente se le coccoli così volentieri, le sue paure. Io penso che, a parte rare eccezioni (e di solito si tratta di persone che perlomeno hanno lottato), si tratti di comodi paraventi.
Certo, non paraventi evidenti come un "non posso andare a buttare l'umido, sono terrorizzata dai composter" oppure "non posso stirare le lenzuola, ho una fobia verso il ferro da stiro".
Ma qualcosa del genere.
Lavorare sulle tue paure significa allontanarsi dalla comfort zone. Significa chiedersi perché hai paura di questo o di quello, ammettere le tue debolezze. Significa anche mettersi in ascolto dell'altro, anche se si tratta di un'insignificante bestia. Perché, quando l'altro diventa comprensibile e prevedibile come noi, smette di fare paura.
Ecco, per carità, forse a volte mi farebbe bene che la gente avesse più paura del mio cane: al momento fare 100 metri è un percorso a ostacoli. Tutti la vogliono toccare, tutti mi chiedono. Se mi fermo in un angolo, Daisy diventa un polo di attrazione.
Però davvero: se avete paura di qualcosa al punto di non potervi nemmeno avvicinare, lavorateci sopra. Diventerete persone migliori e ne sarete contenti.

venerdì 19 settembre 2014

È un mondo difficile

E alla fine se ne vanno sempre i migliori. Tipo il mio HP portatile, di cui siamo stati privati da un problema hardware non meglio identificato.
Per fortuna avevo cambiato sistema operativo da pochi mesi, quindi era debitamente stato fatto il backup (e ciò che non è dentro l'hard disk esterno è ancora nella scheda SD della macchina fotografica).
Al momento mi appoggio a un vecchio e scorbutico Asus, che avevo dato per spacciato anni fa e che invece è stato resuscitato da Ubuntu. Ma scriverci è un incubo, dal momento che la tastiera ha un contatto e ad un certo punto comincia a sfornare X come se ci tenessi il dito sopra.
Insomma, questo per dire che da una settimana vorrei parlarvi di Daisy e di incontri con amici, postare foto e magari anche vedermi finalmente l'ultima stagione di True Blood.
E invece niente, vi tocca qualche parola al volo e le immagini di Instagram.

martedì 9 settembre 2014

Scoperte



Non so voi, ma da quando ho il cane scopro che l'Italia è piena di regole bizantine.
Tipo: sui treni Trenord puoi portare il cane (munito di biglietto ridotto, guinzaglio, museruola e finanche certificato dell'ASL - penso ci si riferisca alle informazioni connesse al chip), ma non nelle fasce orarie di punta. Capirei se non pagasse, ma paga come i bambini. E allora neanche i bambini posso portarli nelle fasce orarie protette? Oltretutto il cane si piazza comodamente sotto i sedili, mica occupa un posto. Vabbe'.

Mi informo sui posti dove posso portare il cane. Scopro che, con guinzaglio e museruola (quest'ultima in borsa, da mettere su richiesta di un'autorità competente), posso portarla praticamente ovunque, tranne (per legge) nei negozi di alimentari.
Salvo che poi in panetteria e in macelleria mi fanno segno di entrare, in barba alla legge.

Scopro anche che l'educazione apre molte porte.
Prima di entrare in un locale pubblico (IKEA, vari bar, negozi), nel dubbio chiedo sempre se posso entrare col cane (ed eventualmente quali sono le regole per farlo).
Finora ne ho sempre ricavato la massima disponibilità e persino ringraziamenti per aver chiesto, nessuno lo fa mai.

Certo, Daisy è carina e simpatica, attira i complimenti e le coccole.
Ma la maggior parte delle risposte mi sono state date senza che lei si palesasse in tutta la sua paraculaggine.
Forse, semplicemente, basta chiedere.

martedì 2 settembre 2014

A chi mi chiede del cane


Daisy è nella nostra vita da poco più di due settimane. Com'era prevedibile, l'ha rivoluzionata.
Per fortuna non si è trattata di una rivoluzione sanguinaria, modello 1789.
Direi più una cosa tipo i diritti civili alle donne: finalmente anche a casa nostra i cani hanno un rappresentante. E di che stazza: dalle zampotte che si ritrova, i 50 chili li raggiungerà tutti, senza sconti.
Senza indulgere nella retorica (mi è stato detto che i cani sono angeli mandati a vegliare su di noi... il che spiegherebbe perfettamente l'avversione dei gatti nei loro confronti), avere un cane è un'esperienza straordinaria, di cui avevo dimenticato le cose più belle.
È anche un'esperienza che richiede solide basi di mediazione culturale, una grande diplomazia e riflessi pronti (tipo quando ti vedi passare davanti una certa ciabatta, che dovrebbe stare sotto la tua sdraio e non in bocca al cane).
Com'era prevedibile, le gatte l'hanno presa male. Ognuna a modo suo.
Quarta si sente lesa nella sua posizione di alfa, e cerca di imporsi con la violenza su questa creatura che non rispetta la sua autorità (e che è grossa 4-5 volte lei).
Rachel soffre orribilmente di gelosia, perché la sua umana Amelia ha un rapporto speciale con Daisy.
Quarto è terrorizzato, con sprazzi di coraggio. Più che altro gradirebbe non essere inseguito.
Castigo rimane piuttosto indifferente, finché Daisy non attenta alla sua ciotola. Allora si incazza e le soffia.
A sorpresa, la più serena è la Pinta: appurato che la sua umana (io) continua a coccolarla e a dormire con lei (anzi, sotto di lei), si limita a evitare che il cane si prenda troppe confidenze.
C'è chi mi predice un roseo futuro in cui cane e gatti dormiranno insieme. Io penso che le cose saranno un po' più complicate: il cane e il gatto giaceranno insieme, ma uno dei due non dormirà molto

lunedì 1 settembre 2014

Non sono più una mamma



Lo so, magari suona arrogante. O falso. O provocatorio.
Ma il fatto è che capisco chi ci sta passando ex novo e quindi tutto è una scoperta, ma per me non è più così.
Non è più cercare di interpretare un pianto. O indovinare un'esigenza.
Se voglio sapere qualcosa, mi basta chiederlo. Posso parlare con i miei figli. Chiedere, ascoltare le risposte, al limite cercare di capire se crederci o no ("che cosa ti è successo?" "niente").
Ma chiunque può essere in grado di parlare con un bambino di 6 o 8 anni. Chiunque può chiedere a mio figlio se ha tanta o poca fame. Chiunque può aiutare Amelia a fare i compiti delle vacanze.
Non serve essere la mamma (o il papà).
In questa fase, mi sento più altro: sono quella che li coccola, che li guida, che ogni tanto li sgrida, quella che li limita e che li sprona. Sono quella che ringhia se fanno troppo ciocco, quella che gli ha fatto scoprire Harry Potter, quella con cui guardano Una mamma per amica e Grimm, quella che brontola quando le macchie non vanno via dalle magliette.
Ogni tanto mi sento una coinquilina tardona. Ogni tanto Malefica mi fa un baffo. Ma non sono più la mamma che spiava le loro espressioni e che da un urlo doveva cercare di capire se avevano fame o c'era il pannolino da cambiare.
Posso dirlo? Che sollievo.