lunedì 29 ottobre 2012

Musa's Box

Ormai mi tocca: dopo quelle di Euforilla, Goddessinpired, ApeRegina e Horrya, ecco anche la mia. Sì, di lunedì, perché così ci si solleva un po' il morale. Anche se questo lunedì è una giornata schifosa non per il ritorno al lavoro, bensì per il suo contrario: ho un bel febbrone, con tutti i dolori del caso e, ad ogni buon conto, anche le mestruazioni.
Le cose belle di questa settimana sono tante:
- le tante persone che si sono interessate a Sholeh Zard
- i bellissimi segnalibri realizzati da una cara amica, che si è fatta nottate insonni per riuscire a mandarmeli
- fare shopping al mercatino di vestiti usati per bambini, spendendo pochissimo e facendo del bene
- fare un giro con un'amica in un negozio di stoffe bellissimissimo
- il sabato da soli con Luca
- reincontrare persone con cui ci tengo a mantenere i contatti, al Nomad Dance Festival
- riuscire ad accarezzare l'amichetto di Rachel, che ormai si fida di me
- Amelia che si alza dal letto subito, "perché la mamma non sta bene e non voglio farla urlare"
- Ettore che si diverte a cavallo
- il nuovo fichissimo saggio sui jinn e gli spiriti del fuoco segnalato da Academia e preso su Amazon
- Pinta che è tornata a dormire con noi
- la torta di patate dolci
- trovare il Vaporetto che voglio a 120 euro in meno (nuovo)
- fare programmi per Lucca Comics and Games
- organizzare presentazioni di libri e un weekend che si annuncia fichissimo
- accogliere lo sfogo di un'amica e le confidenze di un'altra



mercoledì 24 ottobre 2012

Come regalare un ebook

Se siete arrivati qui cercando su Google, vi dico già: non ho la soluzione al vostro problema, perché su Amazon gli ebook non si possono regalare. E questo mi fa parecchio incazzare, per vari motivi.
Il primo e il più semplice da intuire è questo: io sono un'autrice, il mio libro è solo in formato ebook, quindi mi perdo tutto il grande mercato di chi vorrebbe magari regalare il mio libro a qualcun altro.
Secondo, sono una persona che ama regalare libri, e conosco sempre più persone che leggono quasi esclusivamente su Kindle.
Terzo, una considerazione più generale: ce la menano da anni che il mercato editoriale è in crisi. Immagino che il fatturato delle case editrici si basi per una buona percentuale sui regali: possono permettersi di perdere questa fetta di introiti?
Quarto, al giorno d'oggi basta un soffio per convertire un file teoricamente proprietario in un pdf liberamente scambiabile. Per un ebook da 3/5 euro non mi varrebbe la pena, ma se Amazon mi costringe ci metto poco a farlo.
Quinto, non si tratta di un intoppo tecnico: in America è possibile farlo. Probabilmente tra qualche anno questa possibilità arriverà anche da noi (come a suo tempo la possibilità di scaricare mp3), ma nel frattempo ci saremo abituati a fare diversamente.

lunedì 22 ottobre 2012

Catwatching

In questo blog non parlo molto delle mie gatte. Anzi, ora dovrei dire "dei miei gatti".
È che negli ultimi 3 anni non c'è stato granché da dire, se non che le loro pisciate in casa mi facevano incazzare. Poi questa primavera Bianca e/o Bigia hanno commesso il peccato mortale: hanno pisciato la mia borsa di pelle, l'unica borsa per cui ho osato spendere più di 15 euro negli ultimi 9 anni. E sono state definitivamente buttate fuori, in perpetuo.
In realtà potrebbero benissimo entrare, come fa la Pinta: la gattaiola non è chiusa. È in modalità "solo uscita", ma è abbondantemente provato che un gatto intelligente riesce ad entrare senza grande sforzo.
Poi a fine maggio la Quarta è sparita. Poi è tornata, ai primi di settembre, in contemporanea con l'abbandono di tre gattini adorabili. Poi è risparita per un altro paio di volte, adesso manca da circa 3 settimane. E i gattini sono passati da 3 a una (gli altri due non li ho cucinati, li ho dati a una persona che li tratta persino meglio di me).
La new entry si chiama Rachel ed è una graziosissima tigrata grigia pelosa. Privata dei fratellini, ha visto bene di socializzare con i gattini selvatici nati nel nostro cortile quest'estate. Con uno, in particolare, un tigrato a pelo corto, che già gironzolava intorno a casa nostra con maggiore insistenza degli altri.
In quattro e quattr'otto, questo gattino è diventato il suo amico del cuore: dormono insieme, mangiano insieme, giocano insieme. In casa mia.
Lui all'inizio era terrorizzato all'idea di essere toccato da un essere umano, ma da circa una settimana è passato da "lo tollero" a un cauto "mi piace, ma non prendermi in braccio". Si comporta in un modo che mi ricorda molto la Quarta: smiagola parecchio, fa le fusa random, dà le testatine. E ha ripreso a giocare, cosa che anche solo due settimane fa sembrava già non saper più fare.
In tutto questo la Pinta, la mia gatta nera, soffre di gelosia e mi si accozza. Come ora, che si ammazza di fusa e strofinamenti e pastificazioni in braccio a me. A volte mi sembra di aver fatto il terzo figlio, visto l'impegno che ci devo mettere.

venerdì 19 ottobre 2012

Viaggi

Mi preparo all'autunno che mi aspetta, sperando di passare indenne in mezzo ai virus (o almeno di arginarne gli effetti con pesanti dosi di farmaci): la preparazione di materiale e attività promozionali per Sholeh Zard (tra cui una presentazione presso la mia biblioteca), il Salone del Gusto, Lucca, il Cirque du Soleil, il seminario di Phyllis Curott, uno swap party, un weekend tra amiche e rispettive famiglie.
In mezzo a tutti questi viaggi reali, un viaggio mentale. Mi si presenta qui uno studente che sembra uscito da un romanzo Young Adult: cognome russo, accento british, italiano perfetto. Un gran bel tipo, una giovane simpatica canaglia che si fa perdonare persino dai prof più severi. Avrà 21 anni, ma non sembra per nulla acerbo: ci sa fare, si sa muovere con sicurezza ma senza arroganza, chiede qualche "favore speciale" (tipo un appello riservato) senza risultare né servile né piagnucoloso.
Insomma, di quelli che ti fanno pensare "avessi 10 anni di meno!". Non 15, per carità: a 21 anni non avrei saputo gestirlo, un tipo così. A 26 sì, sarebbe stata proprio l'età giusta per una piacevole parentesi di questo tipo.
OK, ora resetto il cervello e torno al mio tran tran. Ma, la prossima volta che questo tipo si presenterà, non potrò fare a meno di essere particolarmente gentile. Sperando di non fare la figura della tardona.

giovedì 18 ottobre 2012

Nulla dies sine linea

Ammettiamo di cominciare un'attività artistica. Che ne so? La danza. Certo, hai il tuo corso settimanale o mensile. Ma è evidente che i progressi sono maggiori se ti eserciti più volte alla settimana, anche nel segreto della tua cameretta, ancora meglio se tutti i giorni. Pian piano, giorno dopo giorno, acquisti disinvoltura con i movimenti, distingui i vari generi di musica e li sai interpretare, impari a improvvisare. Diventi "brava", ammesso che questo termine abbia un significato.
Ad un certo punto, dopo aver approfondito un po' e aver avuto riscontri positivi sulle tue capacità, potrai persino pensare di farne la tua professione. E lì qualche ora quotidiana di allenamento non te la toglie nessuno, sia che tu insegni sia soprattutto che ti limiti a danzare.
Ecco, questo è sotto gli occhi di tutti: nessuno può pensare di diventare una danzatrice professionista o anche solamente di buon livello senza questa trafila.
La scrittura, invece, per molti somiglia al parlare: tutti sappiamo parlare. A parte che c'è una grossa differenza tra parlare e comunicare, e c'è una differenza ancora più grossa tra comunicare e comunicare correttamente.
Certo, tutti noi che siamo usciti dalle scuole dell'obbligo sappiamo scrivere. Nessuno pensa che anche la scrittura vada esercitata, esattamente come la danza.
Io scrivo più o meno ogni giorno, da 29 anni. A parte gli SMS, curo ogni mia forma di comunicazione scritta: racconti, diario, blog, e-mail. OK, ora non immaginiamoci una che fa la brutta e la bella delle proprie mail o che edita con scrupolo il post sul topo morto. Però, anche in una stesura di getto, cerco di fare attenzione non solo all'ortografia e alla grammatica, ma anche all'effetto della mia comunicazione. Cerco di non essere sciatta, di non fare ripetizioni gratuite, di essere interessante.
E poi, curo la parte di formazione: oltre a seguire corsi specifici, leggo moltissimo e cerco di interiorizzare il più possibile dagli autori che mi colpiscono. Ecco perché in fondo a Sholeh Zard, oltre a un elenco delle persone che devo ringraziare per il loro sostegno, c'è anche una lista degli autori che venero per il loro esempio.
Attenzione: non faccio formazione per cercare ispirazione. Le storie sono la parte facile, basta lavorare un po' di fantasia. Ogni giorno ricevo spunti dalla mia vita, da mio marito, dagli amici. Ne ricevo talmente tanti che non me li segno neanche più e sicuramente me ne dimentico. Le storie spesso vivono di vita propria, io ne vengo posseduta e basta.
Però le mie storie sarebbero poca cosa senza una forma accattivante, una scrittura in grado di veicolarle nella maniera più efficace. È questo che io cerco di affinare, e che non sarà mai abbastanza perfetto.
Non parlo solo di stile, parlo anche e soprattutto di come strutturare la narrazione, che cosa escludere, che cosa sottintende, in che ordine raccontare. Questo non arriva con l'ispirazione: questo arriva col duro lavoro.
Che poi a me non appaia duro, perché mi piace farlo, è tutto un altro discorso. Ma che ci sia e sia tanto è assodato.

martedì 16 ottobre 2012

Le frasi famose


Ho deciso di cominciare un giochino: su FB, per 15 giorni da oggi, posterò una frase o un passaggio da Sholeh Zard, tra quelle che mi sembrano più divertenti o più significative.
 La frase di oggi è:
 "E dire che gli ho taciuto di essere sposato a una creatura magica, che mi ha presentato un suo amico vampiro e si è fregata un marid in bottiglia."
 Voi che frase o che passaggio avete preferito?

lunedì 15 ottobre 2012

E c'è anche il blog!

Jasna C. Lemanj mica è una tipa tranquilla: stufa di celarsi dietro gli occhiali di Chiara Trabella, ha preteso un blog tutto suo.
È che c'aveva un po' di cose da mettere in chiaro: il link alla pagina dove si può acquistare Sholeh Zard, per esempio. Oppure un piccolo aiuto per chi non possiede il Kindle e/o non sa come scaricare Sholeh Zard.
Da buona futura star dell'urban fantasy, Jasna voleva inoltre uno spazio tutto suo da dedicare a recensioni, promozioni, contest, eccetera.
Essendo sua buona amica, segnalerò anche qui gli aggiornamenti. Però è giusto che 'sta ragazza cominci a camminare con le sue gambe. Mica è nata ieri.

domenica 14 ottobre 2012

Sholeh Zard è online

La prima volta che ho pensato seriamente a Sholeh Zard come storia, è stato quasi esattamente 2 anni fa: tornavo da Lucca Comics, dove avevo proposto Viola a chiunque avesse voglia di ascoltarmi, e l'idea iniziale è nata da uno scambio di SMS con una mia amica.
Oggi, quando mi è arrivata la mail di conferma dal sistema di pubblicazione di Amazon, non mi è parso vero: Sholeh Zard è online! Lo trovate qui.
In fondo al libro, ci sono i ringraziamenti. Occupano poco più di una paginetta, ma solo perché non si può fare una pagina di ringraziamenti più lunga del libro stesso.
Tra le persone che mi leggono, ci tengo moltissimo a ringraziare:
- Sybille, che ha fatto uno splendido lavoro con la copertina
- tutte le persone che mi hanno aiutata a trovare il mio pseudonimo
- YeniBelqis, Euforilla e Momatwork, che hanno dato i suggerimenti giusti
- tutte le persone che hanno letto l'anteprima, in particolare Grazia, Piattinicinesi, YeniBelqis e Momatwork
- tutte le persone che mi hanno incoraggiata sulla fiducia, in particolare BiòGoddessinpired e Aperegina
- tutte le persone che mi leggono e non commentano, ma poi scopro che ci sono sempre
- Euforilla, che a Sholeh Zard ha addirittura dedicato un paio di orecchini nel suo negozio Etsy
- Luca, che c'è sempre, anche quando non capisce.

giovedì 11 ottobre 2012

Orsù

Ci risiamo: esaurite tutte le scuse, ho ripreso in mano il primo Sholeh Zard. Quello da pubblicare, promuovere e vendere.
Mi direte: beh, bello, dai, adesso pubblichi e ti dai tantissimo da fare per diventare famosa e vendere il più possibile. Ma io non ho voglia.
Non è che mi vergogno della mia arte o che mi nascondo dietro delle scuse per non manifestarmi al mondo. Stavolta non devo supplicare nessuno, facciamo io ed Amazon, nessun problema. Però vivo questa fase come una scocciatura, come una trafila burocratica a cui mi devo sottoporre.
Poi non è che se Sholeh Zard facesse il botto sarei scontenta, tutt'altro. È che seguire il tuo romanzo in proprio dall'inizio alla fine è un po' come fare un figlio: lo ami tantissimo, ma se c'è qualcun altro a cambiargli i pannolini ne approfitti.
Eppure ci sono persone per cui la fase di promozione (di sé, del proprio lavoro, dei propri prodotti) fa parte della parte bella. Ci sono persone che ci tengono ad essere quella che vende di più o che viene riconosciuta come la più brava.
Io penso che nel mare ci sia posto per tutti i pesci. Penso che primeggiare non dia nessun piacere. Certo, ripeto, voglio vendere Sholeh Zard, voglio che venga conosciuto, sto persino meditando di farlo tradurre in inglese e proporlo in un mercato più ampio. Però non ho come obiettivo la fama o le vendite, mi sento un po' come quando hai visto un bel film o letto un bel libro e ne parli bene ai tuoi amici.
Io ho scritto quella che ritengo sia una bella storia e voglio farla conoscere anche a quelli che non sono ancora miei amici.
E allora avanti, muoviamo questo sederone e inoltriamoci nel meraviglioso mondo della pubblicazione online.

Aggiornamento di sabato mattina: manoscritto e copertina caricati, prezzo di listino fissato, tra 48 ore al massimo siamo online.

lunedì 8 ottobre 2012

I tempi e i modi del lavoro

Da quando sono statale, ho un certo pudore nel lamentarmi della stanchezza. Si trova sempre qualcuno che commenta: eh ma almeno tu hai il posto sicuro, eh ma non ti ricordi com'era nel privato, eh ma almeno recuperi gli straordinari.
Mi sono fatta un esame di coscienza. E ho concluso che la differenza sta proprio in ciò che non posso più fare, ovvero certi orari, e non tanto nell'intensità dal mio lavoro.
Nel mio primo anno di lavoro, il mio orario teorico era dalle 9 alle 18.30, con un'ora circa di pausa pranzo. C'erano periodi in cui sforavamo, anche di parecchio, perché sotto scadenza. Ma c'erano anche periodi in cui sinceramente dovevo riempire il tempo facendomi un po' di autoformazione o anche semplicemente i fatti miei, perché "stava male" che non avessi niente da fare. E poi, per carità, 3 volte in quell'anno ho avuto ritmi folli e tirato il mattino dopo per una scadenza. Ero a progetto, non avevo orari, ero lì per imparare, quindi in una certa misura "ci stava".
Oggi non mi potrei permettere di tornare a casa alle sette di sera o oltre: mi perderei i miei figli che crescono. Quindi il mio orario di lavoro teorico sarebbe dalle 8.45 alle 16.15. Solo che, adesso che i figli possono andare e tornare col pullmino, mi capita di arrivare alle 7.45 e uscire alle 17.15 (quando non devo scarrozzarli da qualche parte, perché siamo ancora senza la seconda auto).
In teoria dovrei lavorare 32 ore a settimana, ma in pratica ne faccio spesso 35/38. Gli straordinari non mi vengono pagati: li recupero stando a casa nei giorni in cui la scuola dei figli mi costringe.
E fin qui per l'orario. Per la mole di lavoro, anche facendomi un profondissimo esame di coscienza, non mi sembra proprio di lavorare meno di quando lavoravo tanto.
Questo mi spinge a una riflessione: possibile che viviamo in un Paese dove non è possibile essere apprezzati perché si fa il proprio dovere? Noi, gli italiani che in teoria si saprebbero godere la vita, abbiamo questo celodurismo dello straordinario, per cui chi esce alle 9 di sera è figo (anche se magari ha fatto 10 pause sigaretta di mezz'ora, giuro che l'ho visto) e chi invece esce alle quattro e mezza è un lazzarone anche se non ha avuto neanche il tempo per andare in bagno. E più si è sfigati col contratto di lavoro e più si è degli eroi.
Beh, io ho avuto la fortuna di incappare in un concorso/retata, in cui sono stati presi tutti gli idonei. Era il terzo concorso che tentavo, e ce l'ho fatta. Quando ero in un posto che mi sottoimpiegava sia in termini di competenze sia in termini di tempo, non ho avuto problemi a dirlo, e dolermene. Ora sono in un posto in cui le mie competenze sono abbastanza ben impiegate e in cui sto crescendo. Sono in un periodo in cui i miei due incarichi principali si sovrappongono, in alcuni giorni mi siedo al computer quando arrivo e tiro su la testa solo perché mi brontola lo stomaco.
Sono stanca, giustamente stanca, e voglio avere il diritto di dirlo senza essere derisa. Ci posso anche scherzare sopra, ma voglio che il valore del mio lavoro venga riconosciuto. Anche se non tiro mezzanotte come 10 anni fa, anche se non torno nei finesettimana, anche se non mando mail alle 2 di notte.
Perché il valore del mio lavoro sta in me, e in niente di tutto il resto.

lunedì 1 ottobre 2012

Letture di settembre

Settembre è partito veramente in sordina: non trovavo libri che mi ispirassero. Ma poi, in libreria a Viareggio, la svolta:
Un po' Kay Scarpetta, molto Bridget Jones: L'allieva di Alessia Gazzola.Giallo divertente e leggero, incredibilmente realistico nella descrizione delle dinamiche universitarie. Godibile, soprattutto come lettura estiva.
Onesto fantasy di maghi: La guaritrice dei maghi di Trudi Canavan. Non so nemmeno io perché mi sono impegolata in questa saga. O meglio: lo so. Mi affascinava l'idea di leggere una storia in cui la madre non stava con le mani in mano a piangere per il figlio lontano e in cui il figlio doveva confrontarsi non con il solito padre mito, ma soprattutto con una madre viva e tosta. Questo punto è risolto bene, ma la storia è un po' fiacca.
Divertimento pirotecnico: L'ultimo drago e La sfida di Kazam di Jasper Fforde. Ecco, se mai scriverò così, con ogni probabilità gli assistenti sociali mi faranno rinchiudere: avere una fantasia così sfrenata senza fare uso di sostanze è sicuro indice di una mente non normale. Ma felice da matti.
Narrativa orientale: Il totem del lupo di Rong Jiang. Ecco, io credo di aver capito il mio problema con la letteratura dell'estremo oriente: odio le ripetizioni. Se mai mi capitasse di ripetere la stessa frase nello stesso libro per ribadire lo stesso concetto non una ma svariate volte (in realtà meno di una decina, percepite 200), mi parrebbe di essere una pessima scrittrice. Non è così per gli orientali, evidentemente, altrimenti questo non sarebbe "il bestseller della nuova Cina". E devo dire la verità: una volta che hai capito che l'autore non ti sta trattando da scema, ci passi su, perché questo è un libro da leggere. Per capire dove stiamo andando, come ci siamo arrivati e che sarebbe ora di cambiare strada. E per sviluppare un desiderio insopprimibile di partire per la Mongolia.
Storia d'amore e di lupi: Shiver di Maggie Stiefvater. Mi aspettavo Twilight versione lupina. E invece questa è una delicata storia d'amore, in cui i lupi c'entrano fino ad un certo punto. Bello, ma non credo che leggerò i seguiti: ho troppa paura di rovinarmi il sapore del primo.