martedì 31 dicembre 2013

La vita o si vive o si scrive


Se non ricordo male, lo diceva Oscar Wilde. Ne ero abbastanza convinta, finché ero piccola.
Poi mi sono accorta che, se non vivi, non hai molti argomenti di cui scrivere.
Fino a non moltissimo tempo fa, ero convinta di voler scrivere storie serie, drammatiche. Non necessariamente il capolavoro del secolo, però non riuscivo a immaginarmi come autrice leggera.
Nel frattempo, però, quello che scrivevo sul mio primo blog, Il Mignolo col Prof (purtroppo ormai irraggiungibile a causa della chiusura di Splinder), faceva ridere ed appassionare le persone.
Luca, che per i blogamici della prima ora resta Mignolo, mi forniva spunti talmente numerosi ed improbabili da sembrare un personaggio inverosimile. E poi c'erano i gatti, la cascina con i suoi abitanti stravaganti, i bambini.
E ad un certo punto, quando sono riuscita a superare l'orribile 2009 e i suoi strascichi, mi sono detta: perché no? Ed è nata Sholeh, che ha partorito Zohar, che racconta in prima persona la storia di Nidhal.
Nonostante sia fantasy, perdipiù urban, per queste storie ho attinto a piene mani dalla mia vita, dalle cose buffe e belle che mi capitano tutti i giorni, dai miei battibecchi con Luca, dalle persone che mi circondano.
In questo periodo, sto ricaricando le pile. E lo faccio con le mie principali fonti di ispirazione, ovvero la famiglia, i gatti e la natura che mi circonda (tipo la lumaca neonata, il coniglio stalker e la cimice mannara).





Mi sfogo a fotografare di tutto, perché negli ultimi tre giorni è tornato il sole.




Ho aumentato spaventosamente la produzione di roba a maglia, anche se sono rosa dal senso di colpa di non studiare abbastanza  (a gennaio farò un concorso per migliorare il mio stipendio).



E conto le settimane, ormai davvero poche, che mi separano dalla mostra di Sybille e dall'incontro con le blogger trentinoaltoatesine.


domenica 22 dicembre 2013

Così celeste


All'Artigiano in Fiera ho trovato una lana azzurra in offerta. Ce n'era anche una bordeaux, ma ho fatto la brava e mi sono trattenuta.
Nonostante avessi lì altre lane da lavorare, proprio in quei giorni è venuto un freddo cane e ho avuto voglia di un grosso, rustico maglione da indossare con quel clima.
L'ho fatto con gli aghi 12 mm, e questo ha fatto sì che il lavoro procedesse velocemente: in un weekend l'ho finito.


Come si può vedere, si tratta di un lavoro semplice semplice, maglia rasata e legaccio. Ma ne è venuto fuori un bel maglione oversize che penso metterò con i jeans a Natale.
O a Capodanno, se per Natale continuerà a fare così caldo.


lunedì 16 dicembre 2013

Festeggiare con l'influenza


E alla fine me la sono presa. L'influenza, dico. Aleggiava da circa una settimana, tra il raffreddore di un'amica, il mal di gola di Luca e la tosse di una collega.
Per fortuna, mi ha lasciata in pace fino a venerdì sera. E sono riuscita a tornare alla Teiera Eclettica con Cristina e al ristorante eritreo anche con Anna, entrambe cose a cui tenevo molto.
Da sabato mattina, nonostante il tempo splendido, tracollo: mal di gola, naso che cola, febbre. Oggi sono a casa, altrimenti coi 16 gradi che ci sono in ufficio mi piglio pure la bronco.

Purtroppo non mi sono goduta i preparativi natalizi come avrei voluto, ho fatto solo da spettatrice e fotografa.








Così, tanto per cambiare, mi è scappato pure di fotografare qualche gatto:



E, per potermela godere in questi giorni di malattia, ho finito in tutta fretta la coperta/plaid da tenere in sala.


Ma la vera cosa da festeggiare questo weekend era un'altra: è stato pubblicato Nidhal, il terzo libro della serie di Sholeh Zard.



Se non lo conoscessi già a memoria, ora me lo scaricherei su Kindle e mi acquatterei sotto la coperta nuova a leggere e ridere. Invece mi tocca guardare i cartoni con Ettore.

giovedì 12 dicembre 2013

Lo spirito del Natale

Fonte: Pinterest

Sempre più spesso, mi capita di sentirmi dire "Quest'anno non facciamoci regali tra noi", al limite con l'aggiunta "Pensiamo solo ai bambini".
Io sono 9 Natali che penso ai bambini. Dove "pensare ai bambini" non significa riempirli di giochi e doni, ma anche e soprattutto rispettare le loro esigenze, tipo non costringerli a 200 ore di pranzo, magari al ristorante, magari in posti dove si rompono le scatole. Ho fatto anche la figura della stronza per questo, ma ne sono ben contenta.
E sono abbastanza d'accordo con il "Quest'anno non facciamoci regali tra noi", se questo significa che chi lo dice sente il peso del regalo obbligatorio: non sei obbligato a farmi un regalo, davvero.
È altrettanto vero che, se ne sento l'esigenza, io non sono obbligata a non farlo a te. E a volte si sente l'esigenza potente di fare un regalo. Quando vedi qualcosa che sai piacerebbe a quella tua amica. Quando possiedi qualcosa che farebbe piacere a quell'altra, e tu invece non la usi e non la valorizzi. Quando hai voglia di fare qualcosa con le tue mani per quella specifica persona.
Lo so che non esiste solo il Natale. Anzi, molti si stupiranno di sentire un'atea che dà tanto peso a una festa che si considera cristiana.
Ecco, vorrei spiegarmi: il Natale per me non è una festa cristiana. No, non ho intenzione di tirare fuori le storie sul Sol Invictus e Mitra che ha rubato il compleanno a Gesù.
È che io me le immagino, quelle povere persone di 3000 anni fa che vivevano in un clima come il nostro. Me le vedo abitare nelle loro casette di legno, col freddo che faceva quando arrivava l'inverno. Mi immagino le loro paure: basterà il raccolto dell'estate? Basterà la legna? Avremo abbastanza vestiti caldi?
E poi, immagino la paura più grande di tutte: i bambini? I miei bambini supereranno l'inverno?
Molti non lo superavano, va da sé, e non erano certo frutta e noci a fare 'sta grande differenza.
Ma era importante aver fatto tutto il possibile: averli nutriti meglio, averli coperti di più. Alla peggio, aver fatto sentire loro quanto li avevamo amati durante la loro breve vita.
I regali del Natale ci ricordano questo. E ci invitano a gesti di gentilezza, per far sentire ai nostri cari che pensiamo a loro e non li diamo per scontati.
Ovviamente, questo discorso vale solo per chi ci è davvero caro: gli altri si arrangino, per me il Natale non è la festa dell'ipocrisia.

PS: in tutto questo, neanche quest'anno sono riuscita a trovare qualcosa che possa far capire a Luca quanto lui mi sia caro e prezioso. Pazienza, lo accompagnerò a prelevare un po' di sabbia e acqua marina per l'acquario.

mercoledì 11 dicembre 2013

Lasagna collettiva

In questo periodo, sto cercando di nutrire la mia spiritualità con gesti e attività che mi aiutino a radicarmi nella stagione e nel periodo, oltre che nella tradizione.
Per questo ho invitato due mie amiche a cucinare insieme a me un piatto composto di ingredienti tipici del periodo: zucca e noci.
L'esperimento è stato un successo e ce lo siamo mangiato con gran gusto. Ringrazio in particolare Anna per aver tenuto duro ed essere rimasta nonostante la sua terribile allergia ai gatti, che si è scatenata a massima potenza.
E ora condividiamo la ricetta:

Ingredienti:
una zucca piccola (noi abbiamo usato una tipo Hokkaido)
una cipolla rossa
una noce di burro
20-30 gherigli di noce
una fetta di taleggio o similtale (noi abbiamo usato il Nostrano del Guado delle Cascine Orsine)
la besciamella di nonna Natalina
200 g di farina integrale (guardacaso anche questa delle Cascine Orsine)
3 uova
un goccio d'acqua eventualmente
sale e pepe
un goccio di whisky

Puliamo zucca e cipolla e tagliamole a pezzi. In una padella, facciamo scogliere la noce di burro e mettiamo la cipolla a soffriggere. Sfumiamo con il whisky e aggiungiamo la zucca. Facciamo cuocere a fuoco bassissimo, mantenendo il tutto sempre molto umido (questo è importante fino alla fine, per evitare di precuocere la sfoglia).
Mentre la zucca cuoce, ordiniamo ai minori di casa di sgusciare le noci senza mangiarne il contenuto. Noi invece prepariamo la pasta, mettendo farina e uova nel robot Lidl.
Quando il composto si è amalgamato, lavoriamolo un po' a mano e lasciamolo riposare in frigo. A parte, un'amica starà preparando la besciamella.
Quando tutti i componenti sono pronti, prendiamo una teglia grossa e una macchina per tirare la pasta (ma va bene anche il mattarello, se vi sentite forzute) e prepariamo gli strati come segue:
- zucca
- besciamella
- noci tritate grossolanamente
- pasta (tirata media, non sottilissima né spessa, la mia macchina era sul 4)
- formaggio a pezzetti
Continuiamo a stratificare fino a finire con uno strato di besciamella e formaggio. In forno a 180-200° per 45 minuti.

Purtroppo ero convinta che Luca mi avesse preso la macchina fotografica, quindi non ho fatto foto. Potete vedere però quelle di Cristina.

lunedì 9 dicembre 2013

Non basta ma aiuta

In questi ultimi due giorni, il mio corpo ha subito uno shock termico. Ero così fiera della mia capacità di sopportare la casa un po' più fredda di quella vecchia e sfidavo spavaldamente il termostato.
Sbagliavo: al comparire della nostra tanto affezionata umidità, sono crollata miseramente e ora, come le mie gatte, vivrei abbracciata alla stufa o al termosifone.
Il salto si nota anche nelle foto.
L'altro ieri, giorno di sole e di clima secco, le mie foto erano così:








Stamattina invece mi sono svegliata per la seconda volta con la nebbia. Per carità, meglio la nebbia in un giorno di festa (oggi è San Siro, patrono di Pavia) che in un giorno in cui devi pure uscire per forza. Ma la nebbia significa umidità e freddo. Quindi mi sono un po' consolata fotografando i miei acquisti all'Artigiano in Fiera: non bastano ma aiutano.





giovedì 5 dicembre 2013

Viva la mamma

Qualche settimana fa ho avuto un brutto scontro con mia madre. Per una cazzata, che lei ha ingigantito. In realtà, lo scontro tra me e mia madre avviene per altri motivi, lo so.
Uno di essi è il fatto che dal suo punto di vista, se faccio scelte diverse da quelle che farebbe lei, la critico. Così col secondo figlio (lei ha una sola figlia), così con la TV (in casa ne abbiamo sempre fatto un uso massiccio), così con la gestione della casa (che per lei viene prima del resto, mentre io preferisco prender su della zozzona). Diciamo che tende a prenderla sul personale, anche quando di personale non c'è proprio nulla.
Un altro motivo è il fatto che, da quando è nonna, ha smesso completamente di preoccuparsi per me (il che è buono) per riversare esageratamente il suo affetto sui miei figli. Intendiamoci: non è che abbia tolto affetto a me per darlo ai miei figli. Lei non mi ha mai manifestato affetto in età adulta, se non attraverso l'ansia e la preoccupazione. E le do atto di essersi pure trattenuta.
Questo mi fa riflettere sul tipo di madre che voglio essere. Con Ettore mi viene più facile essere affettuosa: lui fa come i gatti e io istintivamente rispondo. Con Amelia riconosco di essere più rigida: pretendo, correggo, critico.
Ma che cazzo, mi sto dicendo in questi giorni. Faccio la stronza con mia figlia con la scusa del suo bene. Ma chissenefrega di quel tipo di bene!
Basta giudicare, non voglio essere quel tipo di madre. Basta considerare solo i problemi. Sono stufa di essere così, non voglio diventare una che manifesta il suo affetto solo attraverso le critiche, è un modo malato.
Quindi: Amelia ha qualche problema di peso? Mi metto a dieta anch'io, che magra non sono, e cercherò di convincerla ad andare a correre insieme.
Amelia è lenta a fare i compiti? Cercherò di aiutarla a velocizzarsi, ma nel frattempo sarà bene che mi ricordi i casi in cui io sono (stata) sempre l'ultima a fare o a finire o a capire.
Non penso che diventerò una mamma peace&love, è proprio fuori dalla mia natura. Ma voglio che mia figlia parli di me e si rapporti a me con affetto, non considerandomi una specie di adolescente mal cresciuta. Voglio che un domani sia felice di stare con me e non guardi alla mia compagnia come a una purga.
Non voglio essere una mamma perfetta, ma migliore sì.

martedì 3 dicembre 2013

La mia vita

A vent'anni me la son proprio goduta al massimo, tra studio, divertimento, lavoro, danza, viaggi e amici. Con un'interruzione di poco più di 3 anni, dedicati a un fidanzato sbagliato, ma anche gli incidenti di percorso aiutano a crescere.
Da circa dieci anni ha preso una piega variabile e non ha ancora smesso di cambiare in continuazione: Luca, campagna, gatti, bambini, lavoro fisso, mille interessi, trasloco. E domani forse un cane, sicuramente un giardino curato da me, sicuramente qualche nuova pazzia con lana & co., spero un nuovo ciclo di viaggi e un nuovo stile di vita che si sta consolidando.
Rimpiango i 20 anni? A volte, sotto ciclo. Sono convinta al 100% di quello che sto facendo con me stessa e la mia famiglia? La maggior parte delle volte sì, altre volte per niente, ma ancora più spesso ho l'impressione di poterci fare poco e quindi va bene così.
Vorrei un lavoro più soddisfacente? Il mio ego magari sì, ma io mi trovo bene anche con questo: è interessante, non ci si annoia mai, l'ambiente è piacevole. Ecco, magari mi pagassero un pochino di più, se proprio devo trovargli un difetto.
Vorrei una casa di proprietà? A volte mi spaventa il fatto di aver investito tanto in una casa non mia. Ma una casa di proprietà non potrei permettermela e comunque non sarebbe quella del polacco, che sembra fatta apposta per me.
Vorrei cose più belle o costose? Magari la prossima auto mi farebbe piacere che non andasse dal meccanico ogni 2-3 mesi e che non avesse la ripresa di una bicicletta, ecco, quello sì. Ma la mia casa arredata con mobili di recupero mi piace da impazzire. L'oro non lo indosso e l'ho messo in banca. Le scarpe di Camper e Naturalista soddisfano i miei desideri. E negli swap party ho trovato veri e propri tesori!
A volte mi sembra di essere la fata del bosco a non invidiare nulla e non desiderare nulla di materiale che sia fuori dalla mia portata.
Intendiamoci: desidero molte cose fuori dalla mia portata, ma con intensità ridotta. E mi consolo facilmente, cercando di guadagnarne in saggezza.
Per dire: la casa di Levanto l'avrei comprata, ad avere 650.000 euro da spendere, ma non possiedo neanche un centesimo di quella cifra in questo momento. L'hanno venduta, non ho potuto farci niente. E pazienza, mi consolerò godendomi la casa nuova.
Vorrei viaggiare di più, ma in quattro è un po' troppo costoso in questo momento. Pazienza, viaggerò di più quando i figli saranno grandi.
Al momento mi fa anche un po' impressione trovarmi così saggia e pacifica, ho sempre pensato che vivere così fosse più una questione di rinunce che di scelte.
E invece mi trovo a non sentire il peso di nessuna rinuncia, solo quello della scelta. Che a volte è ponderata, altre volte obbligata, altre volte ancora di getto. Spesso fortunata, automobili a parte.

lunedì 2 dicembre 2013

Otto anni di Amelia

Fonte: Pinterest


Non ho fatto foto, questo weekend. Ieri c'era anche il sole, ma io ero troppo impegnata a preparare, pulire, riordinare. E a godermi le persone che sono venute da noi per festeggiare Amelia.
Non eravamo molti e non era una festa con tutti i sacri crismi. Era più una cosa del tipo "chi viene vuole, i bambini giocano, gli adulti chiacchierano".
Purtroppo il clima e il periodo non giocano a favore, a meno che di non organizzare con eoni di anticipo.
È stata l'occasione per fare una prima inaugurazione di questa casa con cui ho asciugato tutto il mondo (ma che mi rende un'ottima consulente per lavori di bricolage) e di cui sono molto contenta.
E, in tutto questo, Amelia è stata contenta. È stata coccolata e si è divertita. Come mi piace che sia: senza pose da reginetta della festa, con semplicità e allegria, cercando di coinvolgere tutti i bambini che ne avevano voglia.
Mi lascia qualche domanda l'attitudine di suo fratello: enorme paraculo con i grandi, un po' troppo timido con i bambini. Forse è che tutti i maschi erano più grandi di lui, forse la presenza di Ibrahim, forse il fatto che gli interessava fare certi giochi e non altri. Con calma, indagherò.
Nel frattempo, mi godo il piacere di sentire mia figlia felice.