venerdì 14 maggio 2010

Il paradosso del bravo figlio

C'è una cosa che mi fa capire che ormai ho irrimediabilmente passato il crinale: quando vedo un bel ragazzo sui 18-20-22, invece di pensare "vorrei avere 10 anni di meno per farmelo", penso "vorrei che mio figlio diventasse così". Lo so, è imperdonabile, ma non posso farci niente.
I ragazzi che me lo fanno pensare, di solito, non sono i classici bravi ragazzi tutti studio e casa. Di solito lo penso di quei ragazzi con l'aria di essere un'acqua cheta che rompe i ponti: quelli che sì, alla fine faranno qualcosa di bello nella vita, ma non senza aver fatto prendere qualche spavento o qualche arrabbiatura ai propri genitori.
L'ultima volta, ricordo di averlo pensato di un mio lontano cugino, che non vedevo da quando era bambino. Questo ragazzo ha sui 20-22 anni, un fisico un po' minuto ma ben fatto, un viso molto bello, capelli neri e bellissimi occhi azzurri. Girava con sua madre da Decathlon (io ero con la mia e con i miei figli) e aveva l'aria del tipo "mamma sto bene con te ma non sei l'unica cosa della mia vita". Insomma, il rapporto tra questo ragazzo e sua madre mi è sembrato buono e sano, come vorrei fosse il mio rapporto con mio figlio.
È strano che una madre pensi: figlio mio, fammene qualcuna sotto il naso. E che poi si debba comportare per evitare che ciò avvenga. Penso che si possa paragonare a quelle esercitazioni militari in cui il sergente fa di tutto per batterti ma alla fine è orgoglioso che sia tu a battere lui.
Il fatto è che ho conosciuto troppe persone rovinate dal voler compiacere in tutto i propri genitori. Per esempio, il mio ex dell'università era uno di questi, e ciò l'ha portato a non crescere emotivamente, a non voler contrariare mamma e nonna anche quando le loro richieste gli sembravano razionalmente assurde. Probabilmente, chi si comporta in questo modo interiorizza eccessivamente l'autorevolezza dei genitori ed è portato a pensare (anche senza volerlo) che i genitori abbiano ragione a prescindere. E che il suo compito nella vita non sia essere felice, ma rendere felici loro.
Come può testimoniare mia madre, io sono sempre stata il contrario di questo prototipo. Da fuori, posso sembrare la brava figlia, perché di colpi di testa ne ho fatti pochi e senza grandi conseguenze: mai una bocciatura a scuola (ma qualche problema di disciplina sì), mai un problema di droga o alcol, mai serate di divertimento sfrenato senza il loro consenso, l'università finita in pochissimo tempo, il master pagato da me fino all'ultimo centesimo, un lavoro decente già a 24 anni, una famiglia meravigliosa, il lavoro statale.
Il fatto è che io ho fatto tutto questo per me, non per i miei. Ai miei genitori ho sempre tributato l'affetto e il rispetto che meritano, tengo in conto le loro opinioni, sono contenta che abbiano potuto sostenermi in questo percorso (ma non li ringrazio, perché credo che abbiano fatto il loro dovere di genitori). Ma non ho mai fatto nulla per compiacerli, se non piccole cose.
Ho sempre pensato che la vita fosse mia e che, se avessi fatto qualcosa per far piacere a qualcun altro, poi le conseguenze sarebbero cadute addosso a me. D'altro canto, se qualcuno dovesse mai fare una scelta importante pensando di fare piacere a me, mi sentirei schiacciata sotto le eventuali conseguenze negative di quella scelta. Ne consegue che, se io avessi il classico "bravo figlio", saremmo infelici in due: io che non vorrei mai condizionare così pesantemente le persone che amo e mio figlio che non sarebbe libero nelle sue scelte.
Notate che parlo di figlio maschio, forse perché spesso questo meccanismo si propone su figlio maschio/madre chioccia, ma forse nella mia famiglia quella più a rischio è Amelia: è lei quella più fragile, che desidera immensamente compiacerci, che vive anche la dimensione sociale in modo più intenso. Ettore, a dire il vero, mi sembra più come me o come suo padre: per ora, va dritto per la sua strada senza ribellioni (che poi, quando sono eccessive, a me sembrano l'equivalente del bravo figlio: faccio le cose non per me, ma per farti dispetto) e senza ricercare il nostro consenso. Per carità, ha solo 2 anni, ma questo gnometto di 2 anni è capace di prender su e andare nell'altra stanza a "leggere" da solo, se non gli interessa quello che stai facendo.
Spero che tra una ventina d'anni possiamo andare a fare shopping insieme, io e i miei figli, litigando sui rispettivi gusti ma consapevoli del fatto che siamo diversi e che non dobbiamo per forza andare d'accordo su tutto.

11 commenti:

  1. Bel post.
    Mi ha fatto riflettere.

    :-|

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  2. eh, io mi auguro lo stesso per mia figlia. Non sopporterei di avere la brava figliola saggia. Vorrei fosse vivace, che sapesse divertirsi, e che soprattutto trovasse un modo tutto suo di utilizzare il cervello. Sempre.

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  3. Ma la brava figliola saggia va anche bene, purché sia di testa sua e lo faccia perché si sente così, non per fare bella figura.

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  4. sarò ripetitiva...ma ti ho scoperto da poco e mi ritrovo in pieno nei tuoi pensieri.;-)

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  5. Condivido appieno.
    E ti chiedo perdono del poco tempo che ho. Ti ho pensato, e anche alla micetta, ma non ho avuto un attimo per farmi viva. Ho preparato un esame, e ho tanta altra carne al fuoco (speriamo che non si bruci!)
    Spero di recuperare.

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  6. Per tanti anni ho tentato di tutto per farmi perdonare da mia madre. Perdonare che cosa? Di essere nata. Di essere arrivata al momento sbagliato, con l'uomo sbagliato, che poi le ha rovinato la vita. Ho sempre pensato che fosse colpa mia. Per questo sono stata la più brava, la più buona, la più irreprensibile, la più triste delle figlie.

    Solo allontanandomi - forse non a caso - fisicamente (prima per studio, poi per lavoro, poi sposando uno straniero) sono riuscita a tagliare questo cordone così soffocante, che io stessa mi attorcigliavo addosso.

    Spero che i miei figli troveranno il giusto equilibrio tra rispetto e individualità.

    I tuoi post non mi lasciano mai indifferente. Grazie per questo che, pur avendo riaperto una vecchia ferita, mi ha permesso di fare il punto della situazione.

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  7. @claudia: anche io ho dovuto allontanarmi dalla famiglia per sentirmi realizzata, l'avessi fatto prima! I miei però non hanno mai preteso da me che fossi la figlia ideale, ero più io che volevo eccellere per superarli. Comunque è sempre un modo per essere sciavi di un'idea del sè, ci ho messo anni a capire cosa volevo dalla vita.
    E cmq, giusto per parlare di queste belle facce di giovani 20enni: oggi mi sono sentita veramente una tardona. Entro in un bar a bere un caffè. Me lo fa un viso d'angelo, un abbozzo dell'uomo che un giorn diventerà. L'ho trovato bellissimo, sembrava uscito da un quadro del Caravaggio. Non ho fatto che spiarlo di nascosto, stavo per dirgli quanto era bello, naturalmente voleva essere un modo innocente di esprimere entusiasmo. Fortunatamente sono stata zitta. E mi sono sentita vecchia.

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  8. Ah ah ah, la sindrome della tardona! :-DDDD
    L'episodio che racconti, MdiMS, mi ricorda una mia vacanza studio in Francia.
    Avevo 17 anni, ero a Cannes e prendevo sempre lo stesso autobus di un ragazzo austriaco molto molto bello, Florian (che tra l'altro mi era rimasto abbastanza indifferente finché una volta abbiamo parlato e ho scoperto che era anche simpatico, intelligente e purtroppo già fidanzato).
    Una volta, c'erano con noi alla pensilina anche due ragazze italiane sui 25-30 (una di loro si era appena fatta un tatuaggio bellissimo, lo ricordo ancora). Arriva anche un personaggio tipico del luogo, un ragazzino franco-arabo di 11-12 anni, e comincia a rompere le balle a una delle ragazze come se la corteggiasse. Ad un certo punto, il ragazzino indica Florian e dice qualcosa del tipo: e lui ti piace?
    E lei senza scomporsi risponde: il est très mignon.
    Io all'epoca ho provato un misto di ammirazione e vergogna, perché non pensavo che la differenza d'età permettesse un distacco del genere.
    Oggi probabilmente, nella stessa situazione, direi la stessa cosa.

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  9. Je suis très mignotte!
    Ah ah ah!
    Scusa la pessima battuta, ma mi è venuta così!

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  10. "Il fatto è che ho conosciuto troppe persone rovinate dal voler compiacere in tutto i propri genitori. [...] Probabilmente, chi si comporta in questo modo interiorizza eccessivamente l'autorevolezza dei genitori ed è portato a pensare che i genitori abbiano ragione a prescindere. E che il suo compito nella vita non sia essere felice, ma rendere felici loro." Esatto, aggiungi anche me alla lista.
    Ancora oggi non so quanto il mio essere sempre stata una "brava ragazza" sia dipeso dal volerli/doverli accontentare e quanto alla mia volontà. Sono quasi certa che, se mia madre non fosse stata così ossessionata con i risultati scolastici, probabilmente un'insufficienza prima o poi l'avrei anche presa. Ma non l'ho fatto. E non mi sono goduta granché nemmeno i bei voti, perché la gioia era subito nascosta dal "evvai, l'ho scampata anche stavolta, mia mamma non avrà da ridire".
    Quando le richieste mi sembravano, come dici tu, razionalmente assurde, protestavo, mi incazzavo e urlavo e sbattevo porte... ma poi trovavo sempre più comodo e semplice accontentare gli altri e scontentare me.
    E'logorante e, anche se le cose con l'età e la distanza sono migliorate, spesso ci casco ancora oggi e ho ancora grandi difficoltà a prendere iniziative discordi dal parere dei miei. Nel caso, le tengo per me o le nascondo. Mi rendo conto che a quest'età è un problema MIO, non loro. Infatti, penso sempre che, se fossi come i personaggi famosi che possono permettersi l'analista, quello sarebbe l'argomento che affronterei per primo. ;-)

    Comunque, fortunatissimi i tuoi figli ad avere una mamma che fa queste riflessioni.

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  11. @MdiMS: oddio, potendo, moi aussi!
    @pianobi: beh, sui voti stessa cosa: anch'io non me li godevo perché era più "per stavolta l'ho scampata". Però penso che tu sia già ben avanti: convivi (quindi hai una vita tua, le persone a cui mi riferisco stanno ancora con mammà per non aver avuto il coraggio di tagliare il cordone al momento opportuno), hai un lavoro "anomalo", fai comunque delle cose che a loro non piacerebbero (anche se le tieni nascoste: bisogna pur vivere!).

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