martedì 14 dicembre 2010

La fiera del dubbio

In periodo natalizio, fioriscono i consigli per gli acquisti di regali, soprattutto ai bambini. Leggo ovunque buoni propositi sia in senso quantitativo (basta con quest'orgia consumistica che ci riempie le case di giochi) sia in senso qualitativo (no plastica sì legno, no marche sì qualità, no maschi/femmine, sì unisex).
Io faccio outing: quest'anno noi genitori regaliamo la settimana al mare e magari qualche cazzata (tipo un animaletto o dei braccialetti), ai miei e a mia zia ho chiesto espressamente di regalare dei pigiami caldi ed eventualmente qualche cazzata (tanto so che non resistono), i miei suoceri non mi ricordo se li ho indirizzati ma mi fido, gli altri amici/parenti tanto fanno quel diavolo che gli pare sia che mi vada bene (e penso in particolare alla famiglia di Luca e ai miei amici) sia che no (e penso in particolare a certi miei parenti).
In particolare, in questo periodo mi pare andare di gran moda la parola "educativo", come se fosse l'assoluzione da ogni nefandezza ("Ah, e mi regali una cucina da ristorante rosa di Hello Kitty scala 1:1?" "Eh, ma è educativa!").
A parte che devo ancora capire che cosa sia educativo e che cosa no (secondo me, anche pestare una merda di cane per la strada è educativo: ti educa a stare più attento a dove metti i piedi). A parte che Marguerite Yourcenar diceva "Qualsiasi cosa succeda, io imparo". A parte che il concetto di educazione è strettamente legato all'epoca in cui si vive: all'epoca di mio nonno la verga era educativa.
A parte tutte queste considerazioni, dicevo, io mi metto nei panni dei bambini. Mi sono incazzata come una iena quando una persona che si ritiene un grande intellettuale mi ha regalato il saggio Xxx "perché sai, ho saputo che ti sei messa a leggere Harry Potter". Ma come ti permetti? Non solo e non tanto perché dell'argomento in questione ne so e non lo vado a sbandierare come te. Non solo e non tanto perché il fatto che io non mi interessi ogni giorno ai teatrini di politica interna e cronaca nera che chiamiamo TG non significa che io viva fuori dal mondo. Più di tutto, perché il fatto che qualcuno pensi di potermi "educare" secondo i suoi gusti mi fa infuriare: non sono un animale da circo (e, anche se lo fossi, meriterei di fare ciò che è nella mia natura di animale e non di esibirmi in un circo).
Mi si dirà: ma è tuo dovere educare i tuoi figli. Appunto, mio dovere, non di un gioco.
Per carità, mi fa piacere che, grazie a un certo gioco, i miei figli acquisiscano certe abilità. Ma quello che non tollero è la presunzione che sta dietro l'etichetta di "educativo". Che suona un po' come "se tuo figlio non gioca con questo giocattolo, non imparerà mai a ... (e metteteci il verbo che vi pare: lavarsi i denti, andare in bicicletta, fare le "i" col puntino sopra...)".
Questa presunzione fa un po' il paio con la convenzione che vuole le armi giocattolo vietate in quanto diseducative a tutte le età e in tutte le loro forme, soprattutto le armi da fuoco. Secondo una mia illustre insegnante del master, noi occidentali post '68 abbiamo il tabù assoluto della violenza associata all'infanzia: i bambini non devono praticare né conoscere la violenza, nessun prodotto narrativo per bambini deve contenere nemmeno un minimo di violenza. Col risultato che la violenza non è certo scomparsa dalla nostra società, ma i bambini che vivono in certi ambienti crescono senza riuscire a gestirla (né la propria, che è inutile negare, né quella altrui), nemmeno quando si tratta di uno scontro verbale un po' più acceso e assolutamente legittimo. Ma non voglio fare una filippica sulla violenza nella società, perché le armi giocattolo non sono violenza, secondo me.
Ovvio che a noi adulti un bambino con in mano un fucile evoca immagini bruttissime: ho un amico scappato dall'Uganda, quindi sapete che so.
Ma per il bambino l'arma giocattolo è tutt'altro: è il veicolo simbolico attraverso cui può accedere a certe storie di genere, esserne protagonista. È la spada di San Michele che trafigge il Maligno, il martello di Thor che scaccia mostri e demoni, il bastone di Gandalf che ferma il demone di fuoco.
I bambini che negli anni '50 giocavano ai cowboy non è che ce l'avessero davvero con i pellerossa: sognavano di sparare sui pellerossa come simboli del male. Che poi non sia il massimo che un certo popolo diventi il simbolo del male, OK. Ma a questo punto il problema non sta nella pistola, direi.
Quando i miei bambini giocano alle Winx, combattono contro i mostri con palle di fuoco e incantesimi: queste sono le loro armi. Sono più etiche di una pistola o una spada o un bastone? Non mi sembra, anche se una palla di fuoco per finta non fa male come un bastone tirato per sbaglio in testa (ma, se è per questo, allora fa male anche la scopa se la maneggi in modo maldestro mentre la passi per imitare la mamma o il papà).
Io ho avuto le armi giocattolo di mio padre e poco altro. Ma ricordo benissimo che sparavo con le dita, imitando le Charlie's Angels o Magnum P.I. Eppure in casa mia non entrerà mai un'arma vera, e un'arma giocattolo in grado di far male sarà sempre attentamente sotto chiave, se mai capitasse. Però capisco i miei bambini quando usano la pistola sparabolle o una pistola fatta con i lego come arma giocattolo.
Sarà anche che ho negli occhi questa immagine, tratta dal prologo di Hellboy II (che ho rivisto recentemente per un compito del Diegozillalab). Siamo negli anni Cinquanta, è la vigilia di Natale, Hellboy è un bambino di 8 anni con tutti gli annessi e connessi del caso (la passione per i pupazzi animati da ventriloqui in TV, il desiderio di restare alzato per vedere Babbo Natale, la riluttanza a lavarsi i denti prima di andare a dormire). Suo padre (l'umano che l'ha allevato dopo il suo arrivo nel nostro mondo) gli legge una storia per convincerlo ad andare a letto. Alla fine della storia, vediamo HB a letto con tutto ciò che gli è più caro: il pupazzo come quello dello show in TV e una pistola giocattolo, un revolver come quelli dei cowboy (che oltretutto richiama l'enorme pistola che lui stesso userà da grande, nella sua attività di investigatore del paranormale). Ecco, a me questa immagine fa una tenerezza pazzesca, nonostante la presenza di una pistola: è l'immagine di un bambino che vuole sentirsi un paladino del Bene (nonostante la sua immagine sia quella del Male per eccellenza).

5 commenti:

  1. mamma mia lanterna che argomento difficile. nn tanto x i giochi educativi, la penso come te, e anche a me fa girare che si cerchi di educare i miei figli con i giochi....vabbè ma x quanto rigurada le armi...io cerco di evitarle ma esercitano un fascino tremendo su mio figlio.
    pistole bazooka, cannoni...se li costruisce con tutto, e ci gioca in continuazione.
    nn vede l'ora di avere l'età x giocare a softball.
    lo so che fa parte della sua crescita ma a me continua a mettere a disagio

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  2. @emily: ho scritto questo post anche pensando a te e a figlio piccolo. Ti ho già detto come penso che mi comporterei di fronte alle richieste di tuo figlio, ma è ovvio che finché non ti trovi con un figlio preadolescente non puoi capire. Io ho quasi l'impressione che lui accentui questa passione per le armi proprio perché sa che ti mette a disagio, che ti pone davanti al dilemma tra le tue convinzioni e la sua libertà. Però vedi, da questo punto di vista le armi sono né più né meno di qualcosa di apparentemente più innocuo, tipo il trucco: non saresti ugualmente in croce se figlio piccolo fosse femmina e insistesse per truccarsi a 12 anni e non vedesse l'ora di avere l'età per fare la cubista? Eppure tu ti trucchi ogni mattina e non ci vedi niente di male.

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  3. Interessante. Ti ho mezzo risposto con un post. :-) A proposito delle armi, anche i miei bimbi le amano. Ad onor del vero le amano perché i loro compagni di scuola le amano, non avendo nessun modello in casa giocavano con le spade (sempre armi solo) che vedevano impugnate dai cavalieri nelle favole ma niente altro. Ora invece anche pistole e fucili. Ma siccome, come scrivevo, sono pigra, ho scelto di non occuparmene troppo. Io regalo altro, se devo. Intervengo se vedo alzare le mani, se reagiscono in modo violento, etc. Il resto sono per loro simboli di coraggio, di azione, almeno spero, e anche se non mi piacciono pazienza. E' vero che sono piccoli e non capiscono, forse se fossero più grandi mi metterei il problema.

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  4. per me è una cosa diversa.
    La maggior parte dei giochi dei nostri bimbi consiste nel "fare in piccolo" quello che "normalmente" fanno gli adulti. Ho messo normalmente tra virgolette per intenderlo come "tipicamente nel mondo che mi circonda" ma anche come "ciò che è normale". Quindi, la cucinetta per simulare la preparazione dei pasti, la macchinina perchè i grandi la guidano e in strada c'è, il fonendoscopio perchè ce l'ha il pediatra quando ci vado, eccetera. In questo includo anche il mondo della fantasia e della rievocazione: ora un pupazzetto vale l'altro ma tra qualche anno gli sarà chiara la differenza temporale e concettuale tra lucertola, drago e dinosauro. Capiranno anche che l'universo fantasy dei cavalieri medievali è affascinante, ma che probabilmente lo era molto meno all'epoca in cui succedeva, quando la gente si corcava di mazzate (se non stava dando fuoco a una qualche strega). Torniamo alle armi da fuoco. Ci sono nella vita reale, lo ammetto. Ma mi rifiuto di ritenerle "normali" per questo motivo. Il motivo per cui esistono è che servono ad uccidere. Anche quando le spacciano per difesa o intimidazione.
    In casa mia di armi non ce ne sono, ma non perchè "non è capitato" che in famiglia ci sia qualcuno che possa farne uso, come potrebbe succedere per un pianoforte a coda o un fonendoscopio. E' una scelta precisa dei membri della mia famiglia non possedere armi da fuoco. Scelta in cui crediamo e che quindi estendiamo anche ai minorenni di casa. Ma valerio mi dice: mamma, io la voglio finta! Non uccido nessuno se me la compri finta!
    Vero. Ma se io finanziassi l'acquisto di un'arma giocattolo, starei, ovviamente per gioco, finanziando il mercato delle armi da fuoco. Attività ahimè frequentissima nel mondo moderno, e madre di tutte le guerre. Cosa che per nessun motivo una persona che io educo deve poter percepire come "normale" o "fattibile" perchè costa ogni giorno vite umane.
    Quindi no, io le armi non le ammetto e non le finanzio. E cerco (per ora inutilmente, ma ho difficoltà anche con l'estinzione dei dinosauri quindi non dispero) di convincere mio figlio che non è normale, nè bello nè giusto, che le armi giocattolo siano liberamente in vendita nei negozi di giocattoli. Perchè cosi' vorrei che non fosse anche delle armi vere nei negozi appositi, e da qualche parte bisognerà pur cominciare a cambiare il mondo...
    (lalaura)

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  5. Ciao!
    L'educazione più bella e pi difficile, credo, sia quella al libero pensiero, all'indipendenza personale. Uqesta, oviamente, passa da varie dipendenze: i genitori, gli amici di riferimento, la sucola, ecc. E' bello pensare che si possa educare una piccola creatura, un giorno, a riconoscere queste cose per quello che sono: strumenti di conoscenza, non la conoscenza. Incluse anche le armi. Chi le usa male, è solo caduto nella loro trappola, trappola che tende ogni cose che compone le nostre realtà.
    Cmq buon anno, felice 2011! :)

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