lunedì 7 novembre 2011

Consumismo ed equilibrismo

Come sanno anche i sassi, per noi gli anni del nido sono stati economicamente duri. Nonostante lavorassimo full time entrambi, eravamo sempre sul filo del rasoio per evitare di andare in rosso.
Mi si dirà: ma siete sempre andati in giro, agli spettacoli, non vi siete mai fatti mancare niente. Risponderò: per poter continuare a "non far mancare niente" alla nostra vita culturale, ci siamo adattati a fare sacrifici in tutto il resto, tipo menarcela a comprare un paio di pantaloni a più di 10 euro o un giaccone a più di 40 euro.
Da circa un anno, sono libera da quella schiavitù. Avremmo voluto risparmiare di più, ma prima abbiamo preferito spendere quei soldi in più per sistemare quelle spese che rimandavamo da anni e per permettere ai nostri figli qualche possibilità in più.
Nelle ultime 2 settimane, ho fatto qualcosa che solo l'anno scorso mi avrebbe riempita di sensi di colpa: ho speso 200 euro in una borsa (di pelle, artigianale, bella e funzionale) e in un paio di scarpe (di marca e qualità, comode e robuste ma anche belle).
Non sono stati sfizi: mi servivano. Non comprerei più un paio di scarpe solo perché è bello: ormai, quando compro, penso anche al posto che quell'oggetto occupa. Stesso discorso per libri, giochi, utensili.
In questi giorni, mi è capitato di condividere queste riflessioni con due amiche, in rete e di persona. E mi sono resa conto che sì, c'è un aspetto economico nel non volersi riempire di stupidaggini, ma il rifiuto del consumismo ha anche una dimensione spirituale e psicologica. Permette un ordine che nel mio caso non è possibile diversamente e che mi rasserena tantissimo.
Per dire: alla mattina, preferisco sapere di avere 3 magliette tutto sommato equivalenti tra cui scegliere rispetto al dovermi districare in mezzo a mucchi di magliette che "questa non va bene, quella è troppo scollata per il lavoro, quell'altra andrebbe bene se solo avesse tutti i bottoni". Scegliere serenamente tra ordinate pile di magliette mi è possibile se ho abbastanza spazio per disporle e posso avere abbastanza spazio solo se ho poca roba (l'alternativa sarebbe avere un armadio più capiente, ma al momento non è praticabile).
Ieri ho affrontato questo argomento con mio marito, i cui cassetti traboccano di magliette anche lise e bucate e il cui armadio è invaso da camicie che non metterà più. Sorprendentemente, ha accettato di fare un serio lavoro di decluttering (per quanto gli sarà possibile, dal momento che lui ha bisogno di un ricambio di vestiti più consistente del mio), nella prospettiva di alcuni spostamenti di mobili contenitori tra la nostra camera e quella accanto e con il miraggio di accedere a quello che adesso è il "mio" armadio.
Devo dire che questo pensiero mi sta rallegrando il lunedì, come una ventata di aria fresca: due stanze più ariose e funzionali, l'eliminazione di mobili ormai brutti e non più utili, il recupero di un'intera anta d'armadio. Il tutto al costo di una libreria Billy larga mezzo metro (circa 40 euro).
Non chiedo di meglio.

5 commenti:

  1. Come dicevamo qualche tempo fa, il decluttering è davvero liberatorio... Vedrai che presto anche Luca non potrà farne a meno! ;)

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  2. Appena fatto. Recuperato un paio di utili nicchiette nell'armadio, e un po' di autostima.
    Dritta per la prossima borsetta: Celestino, corso San Gottardo 8. Fantastico rapporto prezzo qualità, e un artigiano capace, gentile e disponibile. Prova e poi mi dici.

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  3. @goddessinspired: speriamo che entri nel mood, sarebbe veramente un'ottima cosa (prima o poi farò pure un post sui nostri nonni collezionisti compulsivi e sull'influsso che hanno sul nostro rapporto con gli oggetti e gli spazi).
    @Andrea: magari ci penso per un regalo a mia mamma, dal momento che io con questa borsa sono a posto per i prossimi 2-3 anni. E lo segnalo ad amiche e colleghe!

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  4. Ottima idea: tante belle cosine molto sotto i 100 euro.
    Mia suocera, per dire, è strafelice.

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  5. @Silvietta: io ho dato alla biblioteca i libri che sapevo non avrei riletto o che comunque, se mi venisse voglia di rileggerli, so che sono lì. Per dire: i classici no, i gialli sì. È stato molto liberatorio, anche perché non li mandi al macero, li rimetti in circolazione, a disposizione di altre persone che amano i libri come te (che ci andrebbe a fare in biblioteca, se no?).

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