mercoledì 30 novembre 2011

Everybody wants to rule the world

Ieri sera sono tornata a casa tardi, con gli occhi fuori dalle orbite per la nebbia, stanca, irritata, dispiaciuta e preoccupata per una cosa che può essere una sciocchezza ma succede un po' troppo spesso. Mi aspettavo di trovare la tavola apparecchiata, la cena pronta e i miei uomini pronti ad accogliermi.
E invece ho trovato il tavolo vuoto, l'insalata a scolare e gli uomini di sopra (uno a vedere Kung Fu Panda e l'altro a suonare).
Mi sono arrabbiata, anche se sapevo che ci sarebbe voluto un attimo (ovvero 15 minuti) ad apparecchiare la tavola, condire l'insalata e mettere la padella con gli hamburger sul fuoco. Mi sono arrabbiata perché nessuno mi ha minimamente calcolata, perché nessuno mi stava aspettando, perché ero triste e avrei voluto essere consolata e non c'è niente di più umiliante che implorare di essere consolata.
Luca, che nulla sapeva di questo mio stato d'animo (si aspettava che fossi almeno normale o addirittura contenta), si è arrabbiato perché lui comunque aveva steso i panni, aveva sfornato il pane (preparato da me alla mattina), aveva preparato la padella con gli hamburger e aveva lavato l'insalata (a casa nostra è un immondo sacrilegio condire l'insalata 5 minuti prima del momento giusto). Si è arrabbiato perché ha creduto che io stessi disprezzando il suo impegno e perché ha supposto (non erroneamente, ma neanche completamente a ragione) che io stessi sfogando il mio malcontento tramite dei pretesti.
Probabilmente era anche lui stanco e aveva i cazzi suoi, probabilmente un abbraccio avrebbe fatto bene a lui quanto a me. E invece abbiamo scelto di arrabbiarci, invece di consolarci a vicenda. Perché? Perché è così facile litigare con chi ti vuol bene, quando si tratta delle sole persone in cui possiamo cercare conforto? Perché preferiamo attaccarci a ciò che dovrebbe essere anziché a ciò che è? E, dall'altro lato, perché non riusciamo a identificarci nei bisogni dell'altro, che pure conosciamo così bene? Probabilmente a Luca non gliene frega niente che io lo accolga con il pranzo pronto e la tavola imbandita, magari non proverebbe fastidio a trovarmi sul divano che leggo mentre la cucina è spoglia. Eppure io non potrei farlo, mi sentirei una stronza a comportarmi così. E so per certo che non gli fa piacere che io entri in casa e mi metta a ringhiare perché la lavastoviglie non è stata caricata, perché la tovaglia non è stata scossa o altre mancanze.
Il fatto è che in ognuno di noi vive un piccolo o grande control freak, che vorrebbe tutto fatto a suo modo e che misura il mondo con il proprio metro.
Sarebbe bello rendersi sempre conto che le persone che amiamo non sono nostri nemici, e che le cose fatte o non fatte contano fino a un certo punto.
Ieri sera la serata sarebbe cominciata molto meglio se, anziché incazzarmi, fossi andata di sopra e avessi abbracciato Luca, dicendogli che eravamo arrivate e avevamo fame. Sarebbe cominciata ancora meglio se lui avesse deciso di mettersi a suonare di sotto, per accoglierci, e si fosse interrotto al nostro ingresso, per salutarci e preparare la cena.
Stasera almeno nessuno di noi avrà modo di sbagliare, perché il nostro tardo pomeriggio sarà un flipper impazzito tra meccanico (ritirare la Tata), supermercato (c'è il pesce in promozione al 10% in meno, oltre al fatto che domani è il compleanno di Amelia e devo comprare le torte per la scuola), biblioteca (ho un sacco di libri da restituire e altrettanti da ritirare), farmacia (ordinaria amministrazione) e preparazione della cena.

Questo post partecipa al blogstorming

11 commenti:

  1. Forse a lui non frega niente di trovare la tavola pronta e di sicuro non è un buon modo di entrare in casa quello di arrabbiarsi (quante volte lo faccio io? Milioni), però è vero d'altra parte che accogliere l'altro vuole anche dire cercare di capire quali sono i suoi bisogni specifici e non proiettare i propri.
    Se io so che al mio compagno non frega nulla della cena, ma trovarsi senza le mutande lavate lo fa sentire solo e abbandonato, forse mi devo preoccupare di più di lavargli le mutande, perché il suo bisogno più grande è quello.
    Magari a me, invece, non importa nulla delle mutande e vorrei la cena...

    Ciò detto, spiegarlo è sempre meglio che urlare, naturalmente...
    :D
    (Questo intervento è un memo per me, più che un post per te, ah ah ah).

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  2. Quelle che hai descritto sono dinamiche che ahimè conosco bene anch'io. E il brutto è che sono praticamente sempre io nel ruolo di quella che si incazza e fa notare le mancanze, senza vedere tutto ciò che effettivamente viene fatto. Dicono che si vivrebbe meglio non facendosi delle aspettative sugli altri, ma io non ci riesco proprio: mi faccio dei quadri in testa e se poi la realtà non corrisponde (magari è semplicemente diversa, non peggiore) se sono in un momento vulnerabile mi scattano i nervi. G invece, che è un uomo zen, sarebbe più quello da "ti abbraccio, ci consoliamo e poi cuciniamo insieme", ma se alzo la voce mi gioco tutto perché lui non lo accetta e chiude la comunicazione finché i miei toni non scendono.
    Sto tentando l'approccio della "comunicazione non violenta" e vedo dei miglioramenti, ma faccio ancora fatica.
    Diversamente da te, però, non ho difficoltà a chiedere consolazione quando ne ho bisogno. Tradotto: sono una frigna! ;-)

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  3. Ordinaria amministrazione anche qui, ma devo dire che molto spesso lo sbaglio é nei miei occhi che guardano che non in quello che succede veramente, che come dice Stefania, spesso é diverso da quello che vorrei ma non necessarimente peggiore.Ad esempio ogni giorno (ogni.giorno!!) quando torno a casa Simone é al computer che traffica con foto o altro, mi saluta ma non é che mi accoglie, e a me fa imbestialire il fatto che non si interrompa per alzarsi e venire da me a salutarmi "di persona", ma continui per svariati minuti il suo "lavoro" senza alzarsi.Una cavolata, certo, come il disordine che generalmente diffonde ovunque e i piatti ulra junk-food che si prepara, ed invece di arrabbiarmi dovrei essere più flessibile.Magari come approccio non é il massimo per te (é un libro piuttosto religioso), ma se trovi in biblioteca o simili il libro I 5 linguaggi dell'amore, leggilo, ha spunti molto molto interessanti e utili, e se me ne ricordassi più spesso tutto andrebbe decisamente meglio.Il nostro problema?Abbiamo uomini troppo zen!!!

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  4. Io invece mi metto a fare le cose che lui non ha fatto e macero, cresce dentro una specie di sobbollimento che poi faccio uscire con frasi al vetriolo. E lui mi risponde "Bastava che me lo dicessi". E lì casca il palco, perché io non voglio dirlo, vorrei che fosse capito e non ci penso che non sempre è così, che bisogna parlare e, perché no, anche chiedere. Non pretendere, ma chiedere sì. Poi passa e spesso al volta dopo quello che ho buttato lì tra le righe viene registrato e fatto, ma di certo non sono facile da capire!

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  5. @Stella: mi sa che è un memo per tutti :-)
    @pianoB: anche Luca fa così. Salvo poi incazzarsi di brutto le poche volte che lo fa.
    @danielaB: voi siete ancora in rodaggio, datevi tempo! Se penso a tutto quello che mi irritava nei primi tempi...
    @sonia: io chiedo quando mi pare il caso, ovvero in casi specifici. Ma mi rifiuto di farlo per cose come lavastoviglie, lavatrice, portare su i panni o altre di ordinaria amministrazione. Al limite ci può stare il concordare i compiti: porti su i panni adesso così domani mattina li metto via? Carichi tu la lavatrice mentre io metto a letto i bambini? In cose del genere, Luca non si è mai tirato indietro. Ma mai che svuoti la lavastoviglie, e spesso anche per la lettiera (che è un suo compito per svariati motivi) devo essere io a fargli notare che fa schifo.

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  6. ciao, trovo l'argomento molto interessante e avendo trovato una mia via di uscita vorrei semplicemente raccontarvela....
    premetto che la mia vita familiare è sempre stata costellata da eventi simili...ma a un certo punto esasperata dalle eterne discussioni in cui nn si approda a nulla se nn a malumori, ho preso la decisione di lasciare correre. Non è gettare la spugna, ma la profonda consapevolezza dei limiti dell'altro, della sua incapicità nel leggere la situazione con i miei occhi. La sacra lotta del tentare di cambiare l'altro e cercare di capirsi è un tempo passato, oggi lo guardo e mi aspetto solo ciò di cui è capace. Risultato: le discussioni durano pochissimo, in quanto appena subodoro aria di questioni senza soluzione, mollo subito il colpo, lasciandogli l'ultima parola e in tutta sincerità al maschio piace taaaanto!!! Questo produce un arresto immediato del conflitto, in quanto non c'è più materiale su cui continuare. Sono convinta che la lotta di potere coniugale dopo 20 anni nn ha più valore, conta di più la continuità e lo sforzo di trovare nuove strategie che distendano gli animi, direi che la qualità della nostra relazione è molto migliorata.
    saluti dal lago di como, annalisa

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  7. Cara Lanterna, la vostra una situazione-tipo. Da noi funziona così: sappiamo perfettamente cosa infastidisce l'uno e l'altra e cosa invece ci fa sentire accolti, coccolati e accuditi. Capita, e spesso, che Luca sia manchevole e ogni tanto lo sono anch'io. La nostra reazione? Abbiamo imparato a nostre spese cosa significhi non essere pazienti: ancora ricordo i nostri primi tempi (coraggio Daniela!)... Ammetto però che ogni tanto io cerco proprio la rissa. E la ottengo. E' così bello fare la pace, poi ;-)

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  8. @annalisa: non si tratta di voler cambiare l'altro, quanto di trovare un piano di collaborazione, come in una società. Per come funziona il mio rapporto con Luca, "mollare il colpo" significherebbe ogni volta perdere un pezzettino della stima che ho per lui. Non me l'ha prescritto il medico di stare in coppia e, se non stimo il mio compagno, tanto vale che stia da sola, sto meglio. Ovviamente questo funziona per me, non mi permetterei mai di applicare il mio metro ad altri :-)
    @nora: eh, peccato che con i bambini piccoli le occasioni di far pace come si deve siano poche ;-)))))

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  9. mi hai fatto pensare a una cosa che con la coppia non c'entra niente, epperò mi è saltata in testa: forse ha un collegamento con il tuo post o forse no.
    Quando andavo al liceo, pranzavo da mia nonna. Sempre. In realtà vi cenavo anche, spesso, e vi dormivo, talvolta. Mia nonna era più di una madre.
    Ecco, io arrivavo alle 13.45, avevo sempre una gran fame e desideravo la pastasciutta. Quando trovavo la minestra in brodo ci rimanevo malissimo e mettevo il muso. Detta così sembra una cosa stupida, però è stato un collegamento spontaneo. Insomma, ho capito la delusione.
    Baci.

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  10. @polly: non è per niente una cosa stupida. Anzi, forse se l'avessi spiegata con il tuo esempio sarebbe stato più chiaro. È che a volte noi abbiamo in mente un modello di "accudimento", mentre chi "accudiamo" ne ha in mente un altro, e facciamo fatica a farli collimare. Magari a tua nonna sembrava brutto farti sempre la pastasciutta, e così variava. Mio marito era così contento di aver fatto tutto, nella sua ottica, e c'è rimasto doppiamente male scoprendo che io il suo sforzo non lo vedevo.

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  11. eh, sì, cara lanterna tu hai ragione... noi, per es., viviamo in una grande casa e se nn ci fosse collaborazione sarei morta, ma su certe cose, il mio luca proprio nn ci arriva o forse nn ci vuole arrivare, io oggi lo prendo così, mi fa stare più serena.
    ...ma questo è un argomento complesso, difficile da esaurire in due righe!
    grazie per la tua attenzione, saluti dal lago di como, a.

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