lunedì 7 gennaio 2013

I ricordi non sono nelle cose (tantomeno nelle case)

Alla vigilia della nostra partenza per Levanto, abbiamo ricevuto una notizia che mi ha un po' turbata e continua a dispiacermi: la casa dove stiamo di solito verrà venduta, a una cifra di cui non posso permettermi neanche un decimo.
Si tratta di una casa molto bella, facile da amare a prima vista: in un edificio fine '800 (o magari anche più antico, non so valutarlo), molto luminosa, il balconcino affacciato sulla via, un grande (e inutile, ma vabbe') salone da pranzo, una bella cucina e un bagno spazioso.
Ma quello che mi ferisce è che quella casa è il luogo che mi ha accolta in un periodo in cui il passato e il futuro erano neri, e mi ha un po' curata, o meglio mi ha aiutata nella mia guarigione. Nell'estate del 2009, quando ci sono entrata per la prima volta, ero ancora nel pieno dell'anno più brutto che abbia mai passato sul lavoro. Poi, pian piano, le permanenze in quell'appartamento hanno scandito la mia risalita: nell'inverno successivo già ero in questo ufficio, e via via Levanto è diventata sempre di più un luogo di vacanza e sempre meno un luogo di fuga.
Ed ora quell'appartamento, in cui i miei figli sono entrati con ciuccio e pannolino, dormendo in camera con noi, e in cui adesso hanno la loro camera per conto loro e, quando si alzano, non ci avvertono, vanno direttamente a giocare in salotto.
Mi è venuta la tentazione di fare qualche foto "alla casa", ma mi sono detta no. Non voglio sterili foto di una casa che mi è piaciuta, mi bastano le foto che ho fatto lì dentro, con la luce meravigliosa di ogni ora e con la mia famiglia che ci viveva dentro.
E per carità, il nuovo appartamento dove andremo non è un totale sconosciuto: già l'anno scorso ci avevamo passato una settimana, in inverno, perché il "nostro" era occupato da sfollati di Monterosso. Sono sicura che anche a quell'appartamento, sia pure meno d'effetto, legheremo tanti ricordi bellissimi.
Però questo che lasciamo è stato il primo amore, il primo soccorso. Forse è anche giusto che me ne stacchi: non ho più bisogno di tutto quel conforto, meglio che serva a qualcun altro.

8 commenti:

  1. Risposte
    1. :-)
      E poi sai qual è la cosa strana? Che oggettivamente la disposizione della casa non è funzionalissima, ma lo è per noi.
      Beh, sarà d'ispirazione per l'organizzazione degli spazi dal polacco.

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  2. Credo che le case, con le loro quattro mura riescano sempre a "raccogliere" gran parte di noi, nel bene e nel male. A me è successo anche con alcune camere d'albergo. Sarà il nostro vissuto che ci circonda...

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    1. È vero, anche a me. Per esempio, alle camere dell'agriturismo di Bobbio, dove siamo andati per la prima volta proprio nel 2009 e dove torniamo sempre con piacere, ho legato molti momenti teneri e caldi con i miei figli e mio marito.

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  3. è bellissima questa immagine della casa che cura.

    mi emoziona perchè mi conduce alla mia di casa,
    che è stata l'inizio di una nuova vita (la migliore che abbia mai avuto, tra l'altro) e che si prende cura di me ogni giorno in molti modi diversi.

    fortuna che ci abito e che a nessuno può venire in mente di venderla !

    certi ci giorni arriva pure l'odore del mare, ma Pesaro non è Levanto, sob!

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  4. ps. mi piacerebbe leggere Sholeh Zard, è possibile acquistare da qualche parte il formato e-pub ( quello dei readers diversi dal kindle, per intenderci )?

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    1. Tra qualche giorno lo potrò pubblicare sulla piattaforma Kobo, perché mi scade l'esclusiva con Amazon. Appena ho fatto, ti avviso!

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