Poco prima di Natale, ho comprato su eBay alcuni albi della Marvel: si tratta della trasposizione a fumetti delle storie di Anita Blake.
Si tratta di albi sottilissimi di 22 tavole, fatti di carta patinata scarsissima tipo guida TV, che costano più o meno come un Bonelli ed escono con cadenza mensile. Questo significa che un lettore americano, a fronte della stessa spesa di un appassionato di Dampyr, legge circa un quinto. Altrimenti può armarsi di santa pazienza e comprarsi il volume intero a pubblicazione terminata, alla modica cifra di 35 dollari per 320 pagine (pensiamoci, la prossima volta che ci lamentiamo di un Romanzo a fumetti a 6 euro).
Se poi contate che un solo capitolo di 120 pagine costa quasi 20 dollari, esattamente la stessa cifra di un volume di Age of Bronze, beh, direi che mi sono spiegata.
Fin qui, non avrei nulla da obiettare: la storia di Anita Blake è tosta e originale. Non la solita storia d'amore tra il vampiro romantico e l'umana. Non la classica storia d'avventura in cui la fanciulla si fa salvare dal cavaliere di turno. Adoro il suo strano legame con Edward, che mi ricorda molto il modo in cui ho impostato il rapporto tra Viola e Stefan. Mi fa molto ridere il modo in cui tratta Jean-Claude, da cui è attratta ma che considera poco più che un vampiro sociopatico.
Insomma, Anita Blake è un giocattolone divertente, almeno fino al nono romanzo. Più in là non ho letto, ma, visti i riassunti degli sviluppi successivi, temo che stiamo degenerando.
Quindi non mi stupisco che l'autrice di Anita stia cercando di sfruttarla in ogni modo: io farei lo stesso, fosse anche soltanto per la soddisfazione di vedere i miei romanzi trasposti in fumetto o in serie TV.
Quello che mi irrita e stupisce è il contesto in cui si sviluppa questa operazione. Prima di tutto, gli albi da edicola sono zeppi di pubblicità: 10 pagine su 22 tavole. E non stiamo parlando della pubblicità di Topolino, messa tra una storia e l'altra: qui la pubblicità è davvero invadente e sgradevole. Tanto più che l'albo non te lo regalano.
Inoltre, il tipo di pubblicità mi irrita e nello stesso tempo mi pare fuorviante: si tratta o di altri prodotti Marvel (e qui ci starei anche) o di giocattoli tipo Big Jim che praticano wrestling o di pubblicità dell'esercito USA. Ma allora a chi ci stiamo rivolgendo? Anita Blake - romanzo è letto principalmente da donne, si presume che il fumetto sia per ragazzini? È solo pigrizia mentale o un consapevole tentativo di allargare il proprio target? E come si concilia il marchio "Adult content" con i giocattoli? E come si conciliano i giocattoli con l'esercito?
Non sto scrivendo queste cose per dire che gli editori di fumetti italiani sono più corretti e attenti alla qualità o per denigrare il pubblico americano.
È solo che, tempo fa, c'era un dibattito in rete: gli e-book possono contenere pubblicità? Se sì, questa dovrebbe abbassare il costo? Ci può essere scelta tra e-book gratis zeppi di pubblicità e e-book a pagamento ma vergini?
Un dibattito del genere ha un senso diverso, se riferito alla nostra realtà o alla loro. Gli americani accettano cose che per noi sono impensabili, salvo poi magari strapparsi i capelli davanti alle conseguenze.
Per esempio: se io conoscessi i fumetti solo tramite l'editoria americana, mi verrebbe da pensare che sono destinati a un pubblico di bambini deficienti. Quindi, se fossi un autore americano che accetta di fare parte di questo sistema, non potrei più di tanto lamentarmi se il mio lavoro venisse svilito.
Certo, leggere 100 pagine di Bonelli o StarComics prive di pubblicità (o al limite con qualche segnalazione di libri da acquistare) cambia completamente la prospettiva. Soprattutto se si pensa che le grandi case editrici in Italia vengono considerate schifosamente commerciali, di contro ai piccoli editori autoriali. Ma che cosa succederebbe, se per poter pubblicare fumetti d'autore StarComics o Aurea mettessero una pubblicità ogni 3 pagine di un bonellide da edicola?
Questo non è una questione che riguarda solo il mondo del fumetto: teniamola a mente anche quando parliamo di marketing in generale e del fenomeno dei blog professionali.
lunedì 31 gennaio 2011
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento