martedì 20 ottobre 2009

Il magone del genitore lavoratore

Dicesi "magone" in gergo pavese il desiderio di piangere. "Fare il barcé" è invece quella smorfia della bocca con le labbra un po' in fuori e gli angoli in giù che sfocia poi in pianto.

Ieri ho avuto una giornata lunga e diversa.
Prima di tutto, non sono andata a lavorare.
Secondo, ho consegnato la C3 all'officina e ne sono tuttora priva (vado a prenderla alle 17), il che mi ha costretta a muovermi come quando avevo 16 anni: un passaggio da mia madre, i mezzi pubblici e infine il recupero da parte di mio marito.
Terzo, ho passato un'oretta a chiacchierare con mio nonno, che mi è parso stranamente meno infantile del solito (anzi, decisamente ho imparato cose interessanti).
Quarto, ho pranzato sola in un bar del centro, come mi capitava a volte da studentessa, leggendomi lo Speciale Dampyr (che, ahimè, non esisteva quando ero studentessa) e sentendomi non sola e sfigata ma rilassata e tranquilla.
Quinto, ho partecipato a un convegno insieme a Mammaincorriera e ho trovato un sacco di spunti interessanti per riflettere sul senso del narrare non solo nel contesto corporate ma anche in quello pedagogico e personale.
Sesto, ho partecipato a un ricco buffet gratis.
Settimo, un uomo che non è mio marito ha provato a sedurmi (il fatto che fosse evidentemente malato di mente non scalfisce per niente il mio picco di autostima).
Ottavo, dopo aver accompagnato Mammaincorriera e un suo conoscente in stazione, ho aspettato che Luca venisse a recuperarmi. Nella Palio c'erano Ettore già addormentato e Amelia in procinto di. Con entrambi ho potuto avere uno scambio decente (di parole e/o versi) solo stamattina. Infatti stamattina mi sono fermata un po' di più a coccolarli e sono arrivata in ufficio un filino più tardi.
È stata solo una giornata, e non è né la prima né l'ultima volta che passerò 24 ore senza vederli svegli. Quello che non riuscirei ad accettare sarebbe che questa diventasse la norma.
Non riesco a concepire che una persona, tutti i santi giorni, riesca a vedere i suoi figli svegli per non più di un'ora e solo in situazioni del tipo "Svegliati, vestiti, mangia la colazione" e "Finisci la cena, spogliati e vai a letto". Perché per me sono le parti più avvilenti dell'essere genitore, quelle in cui non sei molto di più che un cane da guardia.
E del resto non trovo neanche giusto che il genitore più assente (sperando che sia uno solo) si goda solo i momenti belli, lasciando all'altro quelli più critici.
Il punto è che la "colpa" di questo non sta nel genitore che vuole lavorare, ama il suo lavoro e si fa un culo così dalla mattina alla sera (sul lavoro e in tangenziale). Quello che mi fa orrore è un sistema che ci vuole tutti così: rassegnati a fare due ore al giorno di viaggio per andare al lavoro, felici di fare un'ora o 2 di straordinario perché significa che la nostra azienda va bene e sopravvivrà alla crisi, contenti di avere sempre più responsabilità e compiti perché è così che faremo carriera e guadagneremo di più (o forse "semplicemente" potremo gestirci più in autonomia e svolgere compiti più gradevoli).
Chi più chi meno, siamo tutti in questo sistema. Al punto che uno che comincia alle 6 ed esce alle 16 (più spesso 16.30) si sente quasi di doversi giustificare perché ha mezzo pomeriggio libero. E, da statale, ti sembra persino poco che il nido di Ettore (dove molli anche Amelia, altrimenti arriveresti in ufficio troppo tardi) apra alle 7.30. Ma probabilmente alle persone che lavorano in certe zone di Milano sembra troppo poco che lo stesso nido chiuda alle 19.30, perché ne avrebbero bisogno fino alle 20.
In tutto questo, trovo ottusa e folle una società che ci obbliga a far crescere i nostri figli da altri pagati per farlo, senza alcun legame affettivo con i nostri bambini e con una cultura largamente più ristretta della nostra.
Lo so che al momento in Italia non si può fare molto diversamente. Probabilmente anche nel '600 non si poteva fare molto di più che lasciar morire gli appestati che non ce la facevano e gioire per chi si salvava. Ma, accidenti, non era certo umano.

11 commenti:

  1. Sono d'accordo. La mia unica risposta di fronte alla parola "straordinario" è non verbale... :-)

    Poi se davvero c'è bisogno, mi fermo di più (poco) ma non certo regalato. Però se giri anche sulla blogosfera è pieno di gente che dice di conciliare ottimamente orari di lavoro impossibili con fare i genitori. Curioso, no?

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  2. CIAO, ti leggo da un po' e mi ritrovo in molte tue idee.
    sono perfettamente d'accordo con quello che dici, la giornata lavorativa piena può starci una volta ogni tanto ma sarei una madre depressa se fosse la regola... per ora mi godo il mio part-time di 6 ore che mi permette di gestire la casa e recuperare Sofia dopo il riposino e dedicarmi poi interamente a lei o seguire un po' altri interessi...
    ciao

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  3. ti quoto ogni parola
    io penso sempre: "per far la cosa più importante e bella che ho da fare nella vita non mi bastano i ritagli di tempo"
    che poi non sia L'UNICA cosa che ho da fare come donna, son d'accordo.
    ma non può essere nemmeno l'ultima della lista, in termini di tempo e di impegno

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  4. Mamma mia quanto hai ragione, io ho scelto di non lavorare per non rinunciare a crescere i miei figli (almeno in buona parte)ma ammiro le donne che riescono a fare tutto.
    Adesso che sono più grandicelli sto cercando un part time, ma è quasi impossibile trovare un lavoro, figuriamoci trovarne uno che si incastri con la mia vita da mamma... :-(.
    Ma credimi economicamente non è per niente facile scegliere di fare la mamma a tempo pieno....

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  5. Onestamente non credo che potrei fare la mamma a tempo pieno, per come sono fatta. Non è solo una questione economica, anche se adesso evidentemente non avrei alcun modo di scegliere, data l'impraticabilità dell'alternativa. Però ho apprezzato il fatto che nel mio ufficio da quest'anno si sia deciso di accorciare di mezzora la pausa pranzo per consentirci di uscire alle cinque. In mezzora sono a casa e quindi il compromesso è ragionevole. Per ora. Certo che il sistema non aiuta. La flessibilità è un concetto ignoto. L'anno prossimo, con l'ingresso alla amterna alle 8.30, non ho idea di come ci si organizzerà!

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  6. muovermi come quando avevo 16 anni: un passaggio da mia madre, i mezzi pubblici e infine il recupero da parte di mio marito.

    a 16 anni eri già sposata? ;-)

    vittorio

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  7. @vittorio: se a 16 anni mi avessero chiesto qual era la mia idea di matrimonio, avrei descritto qualcosa di completamente diverso da quello che vivo. E pensare che "solo" 10 anni dopo avrei conosciuto Luca e radicalmente cambiato idea ;-)

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  8. "Quello che mi fa orrore è un sistema che ci vuole tutti così: rassegnati a fare due ore al giorno di viaggio per andare al lavoro, felici di fare un'ora o 2 di straordinario perché significa che la nostra azienda va bene e sopravvivrà alla crisi, contenti di avere sempre più responsabilità e compiti perché è così che faremo carriera e guadagneremo di più"
    magone.
    grazie ancora, invece, per la segnalazione del convegno :)

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  9. Sì, è un grosso sacrificio. Per molti padri, anche quello dei miei figli (pure se a volte si lamenta) è la normalità, ma per noi mamme resta veramente dura da accettare.

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  10. quanto hai ragione!
    concordo su tutto quanto

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  11. Che dire...io lavoro in proprio e non esiste part-time o full time....esiste solo che devi lavorare e ringraziare che il lavoro ci sia..ma quanto mi sento in colpa!!

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