giovedì 22 ottobre 2009

Un problema con l'autorità

Allora, anche se ancora non stringo in mano la lettera di trasferimento, è praticamente confermato il mio trasferimento alla Presidenza di Medicina. Dal 2 novembre. Evidentemente all'ufficio personale non sono superstiziosi.
Qui a Meccanica Strutturale lascio una collega che mi ha aiutata molto (ma che, poveretta, al mio rientro l'anno scorso era a casa per una lunga malattia, per fortuna finita bene), due colleghi che mi sono indifferenti e un capo che disprezzo profondamente, al punto di chiedermi in questi mesi se ero io ad avere un problema con l'autorità o viceversa.
Facciamo una premessa: non è la prima volta che mi trovo male con un capo (più per motivi di comportamento che di competenze), ma mi è anche capitato di trovare capi meravigliosi, che avrei seguito anche nel fuoco. Quindi non penso che sia un problema con l'autorità a priori.
Seconda premessa: per un anno / anno e mezzo circa, mi sono trovata a coordinare altre 2 persone + n stagisti. Questo incarico, seppur minuscolo, mi ha fatto porre un sacco di domande su che cosa significa essere un capo, che cosa deve fare un buon capo, ecc.
Sono arrivata alla conclusione che il comportamento di un capo debba essere molto simile a quello di un genitore, senza però diventare paternalistico.
Per esempio, un genitore non può pretendere dai figli un certo comportamento, se non dà il buon esempio per primo. Nello stesso modo, un capo non può pretendere di applicare ai propri sottoposti regole che lui per primo non rispetta, se si trova lui stesso nelle condizioni di doverle rispettare (per esempio, nell'ambito delle timbrature per la presenza).
Oppure: un genitore non può sfogare sui figli la rabbia accumulata sul lavoro o nella coppia, inventandosi lì per lì regole estemporanee. Allo stesso modo, se tu capo sei stressato perché altri ti danno il tormento, non puoi sfogarti a morte con i tuoi sottoposti per una cazzata.
Anche perché i figli, nella maggioranza dei casi, vogliono bene ai loro genitori e tendono a giustificarli, avranno anche modo di capirli meglio col tempo (se c'è qualcosa da capire), piuttosto si inventeranno storie per non ammettere di essere stati messi al mondo da un bastardo.
I sottoposti, invece, ti aspetteranno nell'ombra per pugnalarti alle spalle, spieranno ogni tua mossa per coglierti in fallo, ben che vada se ne andranno dicendo ogni male di te. Se sei solo un bastardo, questo può anche lasciarti indifferente, soprattutto se sei ben protetto. Se però sei un bastardo incompetente, arrivato dove sei solo grazie agli appoggi di qualche amico potente, prima o poi l'amico potente ti troverà imbarazzante e ti scaricherà in favore di uno più bravo e rappresentativo.
Io com'ero a fare il capo? Ovviamente non so che cosa pensassero di me le persone con cui lavoravo. Ma io cercavo in ogni modo di essere all'altezza del compito. Anche perché, nella mia testa, era chiarissimo il concetto "a un qualsiasi potere è collegata una responsabilità".
Per esempio, se il mio capo aveva da dire qualcosa su un lavoro fatto dal mio team, mi prendevo io il cazziatone senza dire nulla e poi privatamente rigiravo le eventuali critiche alla persona che se le era meritate, cercando più di risolvere il problema che di individuare il capro espiatorio.
Mi sentivo in colpa se uscivo dall'ufficio prima di un mio collaboratore, mi scazzavo con la direzione se scoprivo che il pagamento di uno di loro era in ritardo, cercavo il più possibile di creare un clima di condivisione.
Non so se ho lasciato un buon ricordo di me nelle persone con cui ho lavorato. Ma la mia coscienza mi assicura che ho fatto di tutto per lasciarlo. A differenza di qualcuno, troppi, sulle cui tombe molti andranno a sputare con grande ragione e soddisfazione.

3 commenti:

  1. Io l'autorità ho soprattutto problemi ad esercitarla. Con i capi che ho avuto (non molti, a dire il vero), fatto salvo il minimo sindacale di stima che dovevano guadagnarsi, non ho mai avuto difficoltà. Io, come "capo" invece non riesco ancora ad essere credibile e efficace. Così mi pare, almeno. Le mie "subordinate" o mi amano, o mi ignorano. E anche quando mi amano, non credo di riuscire a valorizzarle al meglio e a farle migliorare. Però mi sto impegnando a fondo. Come pure per diventare un genitore, del resto.

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  2. essere un buon capo è difficile, ma lo sforzo ripaga poi in modi bellissimi. Un libro utile: "essere leader", di goleman e vari altri (sì, quello dell'intelligenza emotiva). In bocca al lupo per il trasferimento!

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  3. Io invece ero stata stregata da un libretto di Ettore Messina e Massimo Bergami, Dialogo sul team http://www.anobii.com/books/01676ea88ff18ac805/#
    Sembra un libro che parla di basket, ma in realtà parla di qualsiasi gruppo umano in cui sia richiesta una leadership.
    Per dire: io lo trovo molto utile anche per imparare come gestire una famiglia.

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