sabato 19 dicembre 2009

Bozzolo narrativo

Non sono stati giorni meravigliosi, questi ultimi, diciamolo. Oltre ad aver perso 3 giorni di lavoro e una recita di Amelia, ho pulito (in collaborazione con Luca, che anche lui non si fa mancare niente) emissioni varie, ho emesso anch'io e mi sono saltata almeno un giro a cui tenevo (ovvero quello a Genova, al mercatino di San Nicola, dove, tra le altre cose, volevo incontrare di nuovo Maddalena e famiglia).
Però almeno due lati positivi ci sono stati: ho lavorato tanto alla serie di Viola (il fatto che Viola 0 cominci ad essere disegnata tra 6 mesi almeno e che non ci sia ancora un editore all'orizzonte è un mero dettaglio) e ho letto i due romanzi di Christine Von Borries consigliati da una strega e ordinati venerdì scorso.
Entrambe le attività mi hanno dato una bella soddisfazione (anche perché possono essere agevolmente esercitate mentre si è seduti sul water, a differenza di tante altre).
La serie di Viola sta assumendo la fisionomia della miniserie. Mentre in un primo tempo, ingenuamente, avevo pensato a una serie continua, tipo Dago (anche se, col senno di poi, penso che Dago avrebbe guadagnato molto dall'essere una miniserie di diciamo 24 albi) o Dampyr, adesso, pur lasciando una porta aperta a un'eventuale continuazione, ho deciso di concludere in 12 albi. La differenza è una maggiore concentrazione della continuity, ovvero tutte le macrotrame narrative vanno "a posto": il rapporto con il faccendiere francese, la questione dei genitori di Viola, la storia tra Stefan e Chiara. Rispetto a una miniserie più canonica, l'apertura consiste nel fatto che ci sono anche dei punti di partenza, su cui costruire in caso si volesse continuare. Il modello, scopertamente, è Nemrod, anche se le tematiche e i toni sono completamente (ma proprio completamente) diversi. Insomma: sono molto soddisfatta di questa interpretazione, anche se mi resta ancora un buon 30% da scrivere (parlo ovviamente dei soggetti, ché poi le sceneggiature saranno tutte un'altra storia).
Mi sono un po' distratta dalla revisione della sceneggiatura di Viola 0, ma avrò 6 mesi per farle le pulci e a volte è bene lasciare lì le cose a riposare (come l'impasto dei biscotti, insomma).
Anche i libri della Von Borries mi hanno dato una bella soddisfazione. L'unica delusione è un po' legata alla figura di Taddei, l'agente operativo di cui la protagonista, Irene Bettini, si innamora ricambiata: sembra un po' lo stereotipo romantico dell'agente segreto da romanzo rosa. Insomma, Le Carré ci ripete da 50 anni che la spia più brava è quella che passa inosservata, l'omino insignificante che reputi innocuo, e la Von Borries si inventa questa figura di agente segreto fascinoso, cavaliere senza macchia né paura in un mondo corrotto, che magicamente si innamora proprio dell'unica persona di cui poi potrà fidarsi... troppo inverosimile, dal mio punto di vista. Perdipiù, costui è sposato ma alla fine del primo romanzo si ritrova magicamente sciolto sia dal punto di vista civile sia da quello morale. Troppo bello.
L'aspetto positivo, invece, è che Irene Bettini è molto simile alla mia seconda versione di Viola: laureata in lettere senza prospettive, ha fatto il concorso per entrare nell'archivio del SISDE con lo stesso spirito con cui io ho fatto il mio master. Come me, si è progressivamente appassionata all'informatica e ne ha fatto il suo punto di forza. A differenza di me, ha fatto presto carriera in archivio. E qui cominciano i punti di contatto con Viola: Irene non è un'operativa ma si occupa di informazioni, è a contatto con gli operativi ma li considera un altro mondo, ha un contatto molto forte con la vita delle persone "normali".
Di Irene, mi piace molto anche il genere di considerazioni che fa sul proprio lavoro: da statale, mi ritrovo molto nel suo modo di vedere una struttura pubblica da dentro e di osservare i rapporti di lavoro in termini di gerarchie e convenienze. Insomma, direi che è una visione completamente diversa rispetto a quella a cui ci hanno abituati 007 e Alias: pochissimo eroismo, almeno nelle premesse, e molta burocrazia da scavalcare.
Poi, ovviamente, non sarebbero romanzi di genere senza una buona dose di azione. Lì un pochino mi casca di nuovo l'asino, soprattutto nel secondo, perché Irene, a quel punto addestrata per essere un'operativa, fa delle cazzate che non farei neanche io, che sono la persona meno qualificata per fare l'agente segreto (segretezza? diplomazia? pericolo? gastrite garantita in meno di una settimana). Però, nonostante alcune ingenuità, il patto di sospensione del giudizio tiene e ci si diverte.
In questi giorni in cui mi sono sentita più un'ameba che un essere umano, questo mondo narrativo, mio e altrui, mi ha coccolata e cullata come le fiabe della buonanotte di quando ero bambina. Non riesco a immaginare che ci siano persone che provano repulsione verso la lettura, perché per me la narrativa è un vizio più che un piacere, un elemento che non riuscirei ad eliminare dalla mia vita nemmeno se mi dicessero che è cancerogena. Una vita senza narrativa non è degna di essere vissuta.
Ma questo è tutto un altro post, che non mancherò di scrivere, prima o poi.

2 commenti:

  1. Come diceva -più o meno- De André, dalla cacca nascono i fior... e se ci pensi, Viola è proprio il nome di un fiore. Non tutti i mali (neanche quelli di pancia) vengono per nuocere! ;-)

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  2. Non ci saremo incontrate pero' direi che la giornata e' stata produttiva al massimo!La prossima volta non programmiamo nulla vieni chiami ed il tempo lo troviamo !Non vedo l' ora di leggere gli ultimi sviluppi di Viola.

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