martedì 15 dicembre 2009

Vive la différence?

Ultimamente, in molti aspetti della mia vita, mi scontro col fatto di non essere e non fare come la maggioranza. Con il risultato di sembrare alternativa, snob, new age, femminista e sa Dio chissà quante altre cose.
Per esempio: la maggior parte dei miei conoscenti guarda la TV mentre mangia? E io ho appena rifatto la cucina, senza prevedere che si possa guardare la TV (che peraltro potevo guardare mentre mangiavo, nella vecchia cucina). Sembra la classica scelta da retrograda anti comunicazione di massa, no? No. È semplicemente che la TV era l'unico ostacolo all'attuale disposizione della cucina, che per il resto è comodissima sia per cucinare sia per mangiare sia per mettere via la spesa. Quindi abbiamo ranzato la TV, sapendo che, in caso di desiderio, avremmo potuto mangiare in salotto, al tavolo basso dei bambini (e a volte lo facciamo per le colazioni festive).
Oppure, altro esempio: non conosco la statistica esatta, ma mi sembra che più di un italiano su 2 non legga proprio neanche un libro all'anno. Non voglio parlare di me, che sono il ritratto della classica persona che ama leggere (donna, liceo classico, laurea in lettere, ecc.), ma piuttosto delle persone che vedo intorno a me: i miei amici, i miei colleghi dei vari luoghi di lavoro, la mia famiglia, mio marito, la famiglia di mio marito, tutta la gente che sta su Anobii... Certo, conosco gente che non legge, ma tra le mie conoscenze sono in netta minoranza. Eppure non posso negare i dati AIE, che fotografano una situazione ben diversa.
Con queste premesse, quindi, non mi sento di certo in diritto di parlare di soluzioni attuabili per tutta l'Italia, perché mi rendo conto di far parte di un'élite. Un'élite inconsapevole di esserlo, che crede che tutti gli altri siano già al suo livello di consapevolezza e di cultura.
Ecco perché, dopo quasi un anno passato a parlare di soluzioni per conciliare maternità e lavoro, per diventare un Paese al livello della Francia o della Svezia, mi rendo conto che questo non sarà probabilmente possibile in questa generazione. Spero nella prossima, ovvero quella dei miei figli, ma temo che nemmeno i miei nipoti vedranno un'Italia emancipata, se nessuno al governo si dà una mossa per promuovere veramente le pari opportunità (invece di usare quel ministero per dare uno stipendio a vallette in pensione).
L'illuminazione me l'ha data un post di Veremamme, in cui Flavia parla del fatto per cui oggi, in Italia, una donna che aspira ad avere una carriera viene spesso costretta a sacrificare la famiglia e viceversa. Flavia parla di come le donne siano quelle che più di frequente riducono mole o prestigio del lavoro, cercando una flessibilità più vicina alle esigenze della famiglia, oppure si trovino ad abbandonare del tutto il lavoro, per dedicarsi alla famiglia (cosa che in Italia significa condannarsi alla disoccupazione, mentre su mercati più dinamici può essere semplicemente una pausa dal mondo del lavoro). E questo, a differenza di quanto capita in altri Paesi, causa un arresto inevitabile della carriera, valore che Flavia rivendica come positivo (in contrapposizione all'accezione negativa che molti danno a questo termine, confondendolo con il carrierismo).
Il fatto, però, è che non tutte le persone hanno una carriera, né possono aspirare ad averla. Parlo delle segretarie (ricordiamoci che anch'io appartengo alla categoria, prima di eventualmente offenderci), delle donne delle pulizie, delle operaie in grandi o piccole aziende, delle persone a cui spetta il lavoro manuale e di scarso valore intellettuale. Parlo anche di operai, muratori, bidelli, tecnici, insegnanti. E parlo anche di tutte le persone che fanno un qualsiasi lavoro senza avere né doti né passione, ma solo il desiderio di trovare un mezzo di sostentamento.
Per queste persone non ha senso parlare di downshifting: avrebbe solo senso parlare di paternità obbligatoria e di pari diritti, in modo che non si crei quel meccanismo per cui la moglie lascia un lavoro che non ama per stare a casa con i bambini (e non le sembra di aver fatto un sacrificio), mentre il marito evita le camurrie della collaborazione domestica per guadagnare il pane per tutta la famiglia. Ma siamo sicuri che non si creerebbe comunque? Chi, avendo pochi mezzi sia materiali sia intellettuali, non sarebbe contenta di essere mantenuta nella sua calda famiglia, a fare quello che comunque farebbe oltre al lavoro? Chi non sarebbe contento di lavorare magari anche duramente, ma a fronte del fatto di poter tornare a casa, sbracarsi sul divano e non dover più pensare a niente? Quante volte abbiamo sentito qualche lavoratrice definire le casalinghe come "quelle che stanno a casa a far niente"? Io l'ho fatto spesso.
Certo, non lo faccio con Claudia de La casa nella prateria né con la mia amica C. o con la mia amica A., perché so che hanno fatto una scelta consapevole e meditata, e sicuramente non sono le classiche casalinghe che, una volta lucidati tutti i pavimenti, sono in preda all'isteria perché non sanno cosa fare.
L'ho fatto e lo faccio con persone che rappresentano lo stereotipo peggiore della casalinga, quella il cui massimo fermento culturale è guardare la Prova del Cuoco (lo guardavo anch'io, beninteso, ma per me era uno svuotacervello, un divertimento non certo di alto livello intellettuale). Di solito costoro sono sposate a uomini del loro stesso livello (che magari fanno anche i bancari o professionisti, non crediamo che l'ignoranza sia appannaggio solo dei poveri - io non sono certo ricca).
Se davvero più di mezza Italia non legge, immagino che questo genere di persone rientri nella categoria di quelli che leggono solo l'elenco telefonico. Saranno anche di quelli che votano a destra, guardano la TV generalista e altre nefandezze del genere? Spero non tutto insieme, perché è troppa atrocità per essere verosimile. Comunque, questo è il sostrato su cui dovrebbe attecchire una rivoluzione culturale basata sulle pari opportunità, sull'elogio della qualità del lavoro e della flessibilità, sulla valorizzazione della donna come soggetto e non oggetto.
Io, purtroppo, temo che non sia possibile cambiare la mentalità di un Paese simile solo con le iniziative culturali, solo parlandone tra di noi su Internet. Forse nemmeno parlandone con le istituzioni, se le istituzioni non muovono un capello.
Per dare una svolta a un Paese come il nostro, ci vogliono iniziative forti dal punto di vista istituzionale. Ci vorrebbe una legge sulla paternità obbligatoria, sull'esempio di altri Paesi, dove la madre non viene lasciata sola per tutto il giorno dal padre che lavora, ma viene affiancata per il primo periodo del puerperio (e al primo che mi dice che non ha senso chiedo: vi pare che il congedo matrimoniale abbia più senso? Hai la facoltà di restare a casa 15 giorni non per un'esigenza reale della tua famiglia, ma per andare in viaggio di nozze). Basterebbe in realtà che il governo costringesse tutte le associazioni di categoria a recepire integralmente in testo unico sulla maternità del 2001, per esempio.
Perché siamo a questo livello: mentre una élite, di cui faccio parte, parla di parità e di non sacrificare né carriera né famiglia, mio marito ha un contratto che non prevede il congedo parentale al 30% e sarà già una grande innovazione che dall'anno prossimo si prevedano ben 10 giorni fruibili in questo senso. Saremmo così tranquilli se la stessa cosa succedesse con il diritto di assentarsi per malattia? Non credo proprio. E questo ci dà il polso della situazione che dobbiamo cambiare.

23 commenti:

  1. "Un'élite inconsapevole di esserlo, che crede che tutti gli altri siano già al suo livello di consapevolezza e di cultura": come al solito non mi rimane che citarti, Chiara, tanto mi rispecchio nelle tue parole, è lo stesso anche per me/noi, con tutte le persone che conosciamo per vari giri va sempre a finire che alla fine tutti hanno le stesse idee/interessi/attività/gusti(idee, anzi addirittura già si conoscono per via di quei famosi linki kharmici che poi alla fine abbiamo (quasi) stabilito anche con te. E nemmeno noi, credimi, siamo ricchi, proprio no, no, nonissimo!
    Siamo dunque un'élite? Compio di nuovo il deprecabile gesto di citarmi..."[mi chiese] che classe sociale ritenevo di appartenere. Ho ragionato un po’ a voce alta perché non me lo ero mai chiesto, certo non a una di quelle di cui ai tempi parlò Marx…piuttosto a un nuovo ibrido oggidì assai diffuso: le aspirazioni intellettuali della borghesia e le possibilità materiali del proletariato. Organismi Socialmente Modificati, insomma" (http://troppagrazia.ilcannocchiale.it/2008/04/17/caro_parlamento.html)...scappo :-)
    Giuliana

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  2. Certo deve essere dura essere praticamente perfette, eh? Personalmente farei una legge che obbliga le mamme a fare le mamme e a seguire i loro figli invece di lasciarli in mano a baby sitter o addirittura soli. Capisco benissimo i bisogni economici della gente e che con uno sipendio solo si campa male o malissimo, ma non illudiamoci che esserci o non esserci sia lo stesso. Non crediamo davvero che alla favola della qualità sulla quantità di tempo trascorsa con i figli. Purtroppo è difficile sostituire una mamma, forse una nonna, ma di certo non degli estranei.

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  3. bel post ..belle idee e tante cose vere...a volte un po' snob pero'...

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  4. MM, tanto per chiarire: io non scrivo queste cose perché mi sento perfetta. Se lo fossi, non starei qui a farmi domande su come migliorare la mia situazione e quella delle altre persone come me o messe peggio.
    Anch'io penso che un estraneo, per quanto motivato e affezionato, non possa sostituire l'affetto di un familiare. Ma non sono d'accordo che quel familiare debba essere per forza la madre: esistono anche i padri, e sono dell'idea che la loro parte non consista solo nell'andare a lavorare dalla mattina alla sera per guadagnare il pane.
    Penso che il concetto di maternità obbligatoria vada allargato a tutta la famiglia, in modo che nessuno sia costretto in un ruolo che gli va stretto, per sempre.
    In Paesi più avanzati del nostro (intendo come legislatura e mercato del lavoro) non è insolito che padre e madre si alternino nello stare a casa per curare i figli. Una mia amica, sposata con un inglese, nel primo anno di vita del figlio ha fatto proprio così: lei ha mantenuto un buon posto di lavoro e lui ora lavora da casa 4 giorni alla settimana, dopo essere stato senza lavoro per circa un anno.
    Da noi sarebbe impensabile, perché i buchi nel CV non sono accettati e anzi fanno pensar male.

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  5. Io sono stata cresciuta da una mamma che appena scoperto di essere incinta si è licenziata per rimanere a casa con mia sorella e successivamente con me. Era quello che lei voleva, all'epoca (parliamo di quasi 40 anni fa) in una piccola cittadina si viveva bene con un solo stipendio, per cui è rimasta a casa. Purtroppo però le cose non sono andate come lei aveva sperato: la mia famiglia si è lentamente sfasciata, e casa nostra non era certo un paradiso.vRisultato? Quando le cose sono andate male, sia a livello economico che a livello di coppia tra i miei, mia madre era ormai con le gambe tagliate. In quegli anni c'era stato l'avvento dei personal computer, e una donna all'oscuro di come si accendesse un pc e con due figlie piccole non poteva certo essere assunta di nuovo come impiegata (che era il suo precedente lavoro). Per cui ha cominciato a fare le pulizie... e con gli anni ha fatto sempre più fatica, si è ammalata in maniera pesante e ha dovuto cmq andare al lavoro: quando finalmente è arrivata alla pensione, non aveva niente. Nè amicizie, nè interessi (il suo lavoro la alienava al punto da spegnerla), due figlie ormai adulte andate per la loro strada. Io posso solo dirti questo: ho assorbito a livello epidermico l'insoddisfazione con cui mia madre è stata prima a casa e poi ha abbracciato un lavoro che non amava, e nonostante io sia stata cresciuta da lei ho vissuto sulla mia pelle il fatto che saremmo state tutte molto, ma molto più felici e soddisfatte se lei avesse agito diversamente. Ho passato innumerevoli ore con una mamma annoiata e insoddisfatta, che stroncava ogni nostra iniziativa, che non aveva voglia di fare con noi quasi niente. Avrei preferito diecimila volte avere una tata, una nonna, una zia, una persona qualunque, perchè no prezzolata, che però si dedicasse a me volentieri e completamente. Chiara, scusa la lunghezza!

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  6. non hai aspettato le altre puntate ma ho detto che era un post "fortemente di opinione" e quindi lascerò anche un commento fortemente d'opinione.... ovviamente io preferisco lavorare perchè mi piace e non per mero bisogno economico. potrei lavorare da casa o da un ufficio sarebbe lo stesso, lo stesso vale per il papà, e se i nostri figli intanto stanno un po' a scuola e un po' con la baby sitter, nessuno deve permettersi di dire che siamo cattivi genitori. le mamme facciano le mamme? certo, ma non certo secondo norme fisse, questo è assurdo. la qualità e la quantità ognuno se la gestisca come crede, ma io alla qualità ci credo eccome, ed è abbastanza comune il fatto che tra mamme "che fanno le mamme" a casa e mamme che lavorano la quantità di tempo passata AD INTERAGIRE con i figli in realtà non cambi - la fonte del dato è l'articolo citato nell'ultimo post su The talking Village.
    detto ciò, sono d'accordo con la solitudine dell'elite. ma se non comincia qualcuno...
    Flavia

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  7. Noi alla tv in cucina ci siamo proprio opposti, così, per principio.
    Temo che una legge sulla paternità obbligatoria non sarebbe risolutiva, non nel senso che non ci voglia o non sarebbe giusta -ne conosco tanti di padri che farebbero i padri, se potessero, ma nel senso che credo che serva anche quella "rivoluzione" (= cambiamento radicale) culturale che porti a considerare la paternità un valore, per tutti. Altrimenti sai che ficata, avere a casa un neonato da accudire insieme a un marito :-(
    E la mia domanda è: come si ottiene un cambiamento culturale?

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  8. Memole, sapevo che il rischio era di apparire snob. Però l'alternativa è far finta che siamo davvero tutti uguali, che tutti investiamo nel nostro lavoro e nella nostra cultura lo stesso impegno, che il lavoro abbia la stessa importanza per tutti. Che si viva in un mondo ideale, insomma.
    Al giorno d'oggi, in cui un libro costa ben meno di un DVD o di un videogioco, non tollero che mi si faccia il discorso dell'ignoranza e della mancanza di amore per la cultura dovuti alla classe sociale o economica.
    Nello stesso tempo, prendo atto della differenza e cerco di pensare di conseguenza.

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  9. LGO: hai fatto LA domanda. Io penso che sia un insieme di lavoro delle istituzioni insieme all'esempio di un gruppo di pionieri che riesce a fare tendenza. Ma l'esperta di queste cose è Flavia, lascio la parola a lei.

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  10. Intanto devo dire che le storie come Bioro76 sono tante, tante, ancora oggi, e ogni volta mi fanno venire i brividi e mi fanno commuovere profondamente. Chissà se con VereMamme ho spinto qualcuna a guardare al di là di cosa suggeriva la condizione contingente e pensare alle sue aspirazioni e alla sua felicità, senza per questo sentirsi madre snaturata ed egoista, perchè è dalla sua realizzazione che viene poi la serenità dei figli. Io lo spero.
    E poi, Chiara, oddio, ti ringrazio per la stima ma non sono un'esperta :) mi appassiona la comunicazione e il web, sì, ma dalla politica e dalle istituzioni sono piuttosto lontana... Cerco di amplificare certe istanze che sento appartengono a molte/i di noi e di cui parliamo in rete, cerco di portarle all'attenzione del mondo delle aziende che sono certo parte del clima culturale perchè fanno comunicazione e producono soluzioni pratiche a problemi quotidiani. Per gli aspetti politici e culturali ci sono molti interlocutori, ad esempio associazioni come Working Mothers Italy, più qualificati di me. I cambiamenti culturali, ci insegna Malcom Gladwell in "the tipping point" che vi consiglio, cominciano da un gruppetto di pionieri che riescono a contagiare gli altri con l'aiuto di alcune condizioni. la tesi confortante del libro è che piccole cose possono generare, in presenza di quelle condizioni, grandi cambiamenti.

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  11. Intendevo esperta in questo senso: conosci meglio i meccanismi per cui un certo trend o una certa opinione si impongono o no sul mercato.
    Penso alla curva che hai presentato nella Lunga Notte dell'Innovatore, o ai meccanismi di promozione attraverso opinion leader che avevo superficialmente studiato in un corso di marketing al master.
    Penso che i cambiamenti della società non siano né tanto diversi né tantomeno slegati dai cambiamenti nei consumi: basti pensare alla lavatrice e a quante donne hanno avuto molto più tempo libero (per lavorare, di solito) grazie a questa innovazione tecnologica. Eppure c'è voluto del bello e del buono per convincere le massaie ad usarla, regalandola a diverse opinion leader che poi hanno fatto da passaparola.
    Insomma, spero che anche per questo tipo di cambiamento funzioni un meccanismo simile.

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  12. Lanterna sono d'accordo infatti ..se avessi scritto io un post simile sarei risultata ancora piu' snob...quindi..a mio avviso per poter essere informati , open minded , creativi e di conseguenza anche instaurare un rapporto di qualita' con i figli basta solo la propria volonta'..

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  13. Ecco vedi, potrei sottoscrivere ogni singola parola del tuo post. Poi leggo il commento di MM e mi cadono le braccia. Ecchecacchio una madre deve sentirsi in colpa se va a lavorare, e se le piace il suo lavoro deve essere per forza una madre snaturata?
    Davvero io spero che per le nostre figlie sia tutto più semplice, ma con queste premesse la vedo dura, durissima.

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  14. Accidenti, in questi giorni ci sono in giro un sacco di dibattiti interessanti e io ho pochissimo tempo...

    Sono d'accordo con te. Ho lasciato un lavoro molto interessante per stare a casa con i miei figli, perché era quello che volevo. Se mi ci avessero costretta non sarebbe stata certo la stessa cosa...

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  15. Ciao Lanterna,
    è il mio primo commento sul tuo blog che ho scoperto da qualche tempo. Complimenti, innanzitutto.
    Io sono una mamma lavoratrice. Ho la fortuna di lavorare da casa (sono libera professionista con partita iva), ma il mio lavoro non è poi così flessibile. Se accetto un progetto di solito ho tempi di consegna molto stretti e non posso diluire il lavoro come desidero... sarebbe ad es. molto difficile lavorare part time.
    Dopo la nascita di mio figlio (che ora ha quasi 4 anni) ho riniziato a lavorare. Non siamo richissimi e un secondo stipendio fa molto comodo, ma diciamo che il motivo principale del mio ritorno al lavoro è stato quello di continuare la mia mini-carriera, tenendo viva l'attività avviata con tanti anni di studi e sacrifici... Poi, avendo avuto un'importante relazione sentimentale finita alle spalle sono anche consapevole che la mia attuale storia con il padre di mio figlio potrebbe comunque terminare in modo repentino ed inaspettato come la prima (anche se tutto ora va bene per fortuna) e sinceramente non me la sono sentita di dipendere completamente economicamente da lui.
    Quando ancora non ero mamma mi sembrava normale tornare al lavoro lasciando il bambino alle cure di mia mamma e/o dell'asilo nido prima, scuola materna poi, ma devo dire che ora non ne sono più così convinta. Purtroppo ho l'impressione che il mio lavoro incida molto sulla qualità del rapporto con mio figlio al quale comunque cerco di dedicare tutto il mio tempo libero (anche noi abbiamo abolito la tv - l'abbiamo in casa, ma la guardiamo raramente e sempre quando mio figlio è già a nanna) e tutte le cure ed attenzioni possibili. A volte sento proprio che gli manca più tempo con me e soffro molto sapendo di non poterglielo offrire.
    Diciamo che ora sono tentata dalla scelta di rimanere a casa e ho profondi sensi di colpa per aver scelto invece di lavorare. Se il mercato del lavoro italiano fosse un tantino più dinamico non avrei dubbi a prendere un bel congedo (sapendo di poter trovare nuovamente lavoro quando voglio) oppure lasciare la mia attività per un part-time...

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  16. @claudia: io invece oggi ho tutto il tempo che voglio, purché regga la batteria del PC, perché sono sul water in pianta stabile :-(
    @flavia: benvenuta, prima di tutto. Da figlia di lavoratrice full-time, ti direi: non mollare, perché il tuo lavoro è quello che ti rimarrà quando i figli se ne andranno di casa. Mia madre ha passato tanti e tanti guai, e tuttora si occupa di mio nonno, e dice sempre che, se non avesse il suo lavoro, avrebbe già dato fuori da tempo. Da mamma lavoratrice anch'io, ti direi: ti capisco, è durissima e ci si sente piene di sensi di colpa (ma è peggio se il tuo lavoro non ti piace). Da figlia unica e mamma di due figli, mi verrebbe da dirti: non sentirti in colpa di lasciare il tuo bambino all'asilo, perché, per quanto la mamma possa essere importante, a lungo andare è meglio stare con gli altri bambini. Da sognatrice, concludo: certo che, se io prendessi uno stipendio buono e mio marito mi proponesse di farsi "mantenere" a casa per badare alla casa e alla famiglia, ci metterei la firma col sangue! Dovremmo pensarci un po' più spesso, quando il fatto di restare a casa ci sembra un farci mantenere passivamente.

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  17. cit: "Non mi sento in grado di proporre soluzioni attuabili per tutta l'Italia".
    E perché no?
    Non credo esista nessun pediatra o nessuna corrente pedagogica che sconsigli la lettura ai bambini, come non esiste nessuna teoria secondo la quale leggere qualche libro all'anno o faccia male (ultimamente può far male leggere il giornale tutti i giorni, ma questa è un'altra faccenda).
    Quindi perché i genitori non lettori (e forse anche alcuni genitori lettori)leggono poco ai loro bambini che a loro volta diverranno degli adulti non lettori?
    E come ottenere un cambiamento culturale?
    Nel mio piccolo, anch'io mi sento un'esperta di "grandi problemi" (!) e la mia esperienza è quella di cominciare a procedere per settori, altrimenti si rimane schiacciati anche solo dalla consapevolezza della titanicità dell'impresa. Si può procedere "in orizzontale" o "in verticale". In orizzontale si può fare "divulgazione sui grandi numeri", ad esempio attraverso le scuole. Si regala un libro ai bambini, un opuscolo ai genitori, si appendono manifesti sulla giornata del libro e si spera che qualcuno "abbocchi".
    In verticale si lavora con una comunità più piccola, più selezionata, ma in maniera più "insistente".
    Ok, per ora mi fermo qui, ma spero di ripassare.
    Stai mettendo tanta, troppa carne al fuoco e vorrei intervenire su tutto.

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  18. Anche noi abbiamo tolto la TV dalla cucina, perchè ci disturbava i pasti!!! E spesso lasciamo spenta quella della sala, dove per lo più girano dvd Disney! Siamo anomali anche noi, come vedi!
    Il congedo di maternità per i papà durante il puerperio sarebbe favoloso, molto più utile del congedo matrimoniale!!! Anzi direi necessario!

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  19. perchè il mio commento non si vede? :-(
    comunque avevo scritto
    a) che anche noi abbiamo tolto la tv dalla cucina
    b) che son favorevolissima a un congedo (non ridicolo in termini di giorni) per i papà alla nascita dei figli (da noi ora danno un giorno - UN GIORNO!! che te ne fai di un giorno???????

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  20. Il discorso che volevo fare è che magari noi pensiamo di partire da un punto e invece bisogna partire da molto prima. Nel senso: è inutile parlare di part-time che non blocchi la carriera quando molte sono precarie, tanto per parlare di qualcosa che non implica una graduatoria di "merito".
    Oppure: in un Paese dove l'80% della popolazione legge non ci sarebbe bisogno di partire dalla sensibilizzazione alla lettura.

    PS: ma le statistiche sui lettori comprenderanno anche i fumetti? Qualcuno lo sa?

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  21. @trasparelena: il tuo commento non si vede subito perché ho inserito la moderazione. Il che però non significa che pubblico solo commenti adoranti (come può confermare MM, che non ci è certo andata/o giù tenera/o).
    Solo, lasciatemi prendere la mano, perché non ci sono abituata e a volte faccio casino.

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  22. se io potessi desiderare un cambiamento sarebbe quello di un cambiamento culturale forte che faccia sentire le coppie solidali nella propria progettazione di vita, che non releghi la cultura ad una fetta della società, non bisogna essere inetllettuali per aprire occhi e cervello, che spinga le persone a sguire le proprie passioni anche se queste non coincidono con il proprio lavoro. si possono anche fare cose dopo il lavoro, o no? io vorrei che le persone non si rassegnassero ad avere la vita che hanno ma che aspirassero al meglio, e per meglio non intendo i soldi. lo dice una che è moglie di un universitario che ha lasciato il posto fisso ani fa per inseguire un sogno. se vi elenco i nostri stipendi degli ultimi 20 anni capite che quando parlo di passione so di cosa parlo

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  23. Piattini, su questo sfondi una porta aperta. Ho l'esempio di un maestro di percussioni di Luca, che per 10 anni ha lavorato come un pazzo, accumulando soldi senza che gli importasse con quale lavoro, per dedicarsi poi alla musica, che solo adesso gli sta dando da vivere e anche delle belle soddisfazioni.
    E ho l'esempio di un mio amico dell'adolescenza (lui aveva circa 10 anni di più) che all'epoca era operaio perché non aveva potuto studiare, leggeva come un pazzo e, dopo alterne vicende, ora ha aperto una piccola casa editrice.
    Uno dei miei miti personali è un lavoratore italo polacco qui in cascina, che è un operaio agricolo come gli altri, lavora 16 ore al giorno, ma riesce ad avere un sacco di interessi esoterici e, se apre bocca, ti racconta cose della sua vita e delle sue esperienze da lasciarti sbalordita (infatti prima o poi ne farò un mio personaggio).
    Questo per dire che non sono né i soldi né il pezzo di carta a fare la differenza, ma la curiosità, la passione e l'apertura. Purtroppo, se non ne siamo già dotati di nostro o non siamo spinti dal nostro ambiente (la famiglia, il lavoro, gli amici), la scuola non fa molto per spingerci in quella direzione (non parlo dei singoli insegnanti, ma dell'istituzione in sé). Di più: ho conosciuto persone umili e curiose che leggevano, si informavano, avevano una passione. Frequentando ambienti molto diversi da loro (in un caso gli amici di un amico, in un altro un luogo di lavoro), hanno finito per soffocare la passione e la curiosità, per non essere diversi dagli altri. Questa è la cosa più triste di tutte.

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