lunedì 1 giugno 2009

Mangiare e vivere

Ieri, durante un giro al mercato di Casteggio (perdonami Vì se non sono passata a salutare, ma avevo i minuti contati), Luca ed io parlavamo di Viola.
Dei tempi di revisione del plot, scrittura della sceneggiatura e revisione della sceneggiatura. Della difficoltà di trovare un/a disegnatore/trice capace di crederci ma soprattutto abbastanza maturo/a da capire il personaggio.
Dei tempi di pubblicazione della graphic novel, sia in caso di caritatevole editore sia in quello di autoproduzione. Dei costi di autoproduzione, praticamente scontata per poter uscire con la serie, se il pubblico accoglierà bene la graphic novel.
Del fatto che, nel nostro mondo, una madre che risparmia 5000 euro per autoprodurre un fumetto si sente in colpa perché con quei 5000 euro potrebbe mandare un figlio all'università, anche se sa che 5000 euro sono relativamente pochi per poter produrre e diffondere una propria creazione.
Io dicevo: "Il fatto è che so che scrivere non mi è necessario per mangiare..."
E Luca ha risposto: "Ma ti è necessario per vivere."
E questo vale più di mille dichiarazioni in ginocchio, di un milione di solitari di diamanti, di miliardi di cene a lume di candela: quest'uomo mi ama, e non sa neanche dire perché.

6 commenti:

  1. Ti racconto cosa è successo a me: nel 2003 un'amica mi chiede se voglio scrivere con lei un libro a 4 mani. Accetto. Al momento di trovare eventuale editore ci è stato chiaro che era strada in salita. Molto in salita. E certamente il libro era un libro con tanti margini di miglioramento. Non mi sento di dire che gli editori siano stati poco attenti. I limiti del libro, zero conoscenze, e forse non abbastanza tenacia a perseverare. La mia amica trova un editore piccolo e sconosciuto disposto a pubblicare per cifra onesta. Dopo titubanze iniziali decidiamo che si poteva fare. Avevamo le idee chiara: nessuna illusione che l'editore avrebbe distribuito. L'abbiamo presa come "Invece di fare un viaggio ci regaliamo questa cosa". Io poco tollero lo snobismo degli intelletuali e gli stereotipi. E qui è: NON si pubblica a pagamneto. Ora io credo invece che se si mantengono i piedi per terra e ci si da da fare per autopromuovere il libro sia una buona esperienza. Il nostro libro era andato in ristampa. Dopo ho scritto alcuni racconti che hanno ricevuto dei premi. Anche qui i commenti sull'inutilità dei premi è abbondante, ma... non è stato il mio caso. Quei premi, certo nulla di prestigioso, sono stati per me la molla per continuare a scrivere. E poi...tanta tenacia, un po' di fortuna, tanta pazienza ed è arrivato per me il libro con editore non a pagamento, buona distribuzione, ottime soddisfazioni ( ovvio che poi mi mantengo con il mio lavoro, non so in futuro, ma a me non è quello che interessa mantenermi con la scrittura). Quindi riassumendo(scusa la lunghezza) l'editore a pagamento ha aperto una strada bellissima.

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  2. In realtà, nel mondo del fumetto, la via dell'autoproduzione è tutt'altro che guardata con snobismo: è una via che ti permette massima libertà espressiva, e il mondo della distibuzione è di accesso abbastanza semplice, se il prodotto è tecnicamente valido.
    Cajelli ci metteva in guardia contro quelli che ti pubblicano a pagamento (con costi maggiorati rispetto alla tipografia) e poi non si degnano di distribuirti oppure ti fanno quei contratti del tipo "dalla 10.000ma copia in poi ti pigli il 75%" ma non ne vendi più di 10.
    Poi non so come sia nel mondo dei libri "normali". Vero è che la saggistica, almeno in ambito universitario, funziona così: se sei in un team di ricerca ricco ti paga le spese il dipartimento, se no ti attacchi e le cacci di tasca tua.
    A chiunque voglia vedere come può andare a finire un'autoproduzione in ambito del fumetto consiglio di andare a vedere http://www.ilsorrisodellabagiua.com/dblog/
    Si tratta di un progetto sviluppato da due fratelli: hanno ormai esaurito anche la prima ristampa, non perché siano paraculati o cosa, ma perché sono bravi (non a caso uno di loro è stato preso nello staff di Bonelli).

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  3. Vediamola così: è probabile che invece di togliere i 5000 € ai tuoi figli tu li stia investendo per poi permetterti di dargliene 10mila. Suona meglio, no? Ti abbraccio, Daniela

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  4. Se tu non l'avessi già fatto, ti consiglierei di sposarlo. Un uomo così è raro.
    Un lampeggio.
    A.

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  5. Conosco questo genere di uomini: ne ho sposato uno!
    Ed è vero, poi non sanno nemmeno dire perché ti amano, ma sanno fartelo sentire, quando vogliono...

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  6. Ho fatto anche io una cosa simile (anche se più economica), ma sono stata contattata direttamente dalla casa editrice che mi ha proposto un contratto di "coedizione".
    Dopo aver riflettuto a lungo e recuperato tutte le informazioni a riguardo ho deciso che avrei investito qualche soldo su questa cosa. L'importante è credere nelle proprie possibilità e, secondo me, accorgersi anche dei propri limiti. In ogni caso sarà un bel ricordo di un lavoro fatto con passione per i nostri figli! O no?

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