Un maestro ce l'hanno tutti, alle elementari. La mia era una stronza fascista dai metodi di due generazioni precedenti: castighi, compiti di punizione e sberle. Quelle sì umilianti e violente, spesso gratuite, altro che gli innocenti e rari scappellotti scappati ai miei genitori.
(Per chi se lo chiedesse: i miei genitori sapevano, come tutti, ma nel 1982 il rispetto per la maestra prevaleva ancora rispetto alle considerazioni psicologiche e pedagogiche di oggi. Per dire che i nostri genitori non erano cretini: si faceva così e punto)
Crescendo, ho imparato a diffidare di coloro che ci tengono a fregiarsi del titolo di maestri, al punto di pensare che i maestri veri, quelli tipo Yoda o Shifu, non esistessero.
Invece, all'università, ho dovuto ricredermi. Ho conosciuto la mia relatrice, Prof. Luisa Giordano. Oltre ad avermi insegnato come condurre una ricerca, con il suo esempio e le sue parole mi ha aiutata in un momento difficile, in cui altre persone, che credevo amiche, si erano dileguate. Mi ha indicato la strada dell'autosufficienza come conditio sine qua non per trovare la vera felicità, senza dipendere dall'amore di un uomo o dalla presenza di una famiglia.
Se dovessi indicare la persona più importante per la mia formazione di donna (a parte i membri della mia famiglia), sceglierei lei senza esitazione, per quanto poco l'abbia potuta frequentare.
Più avanti, però, la vita mi ha regalato altri due maestri. Che non saranno stati così importanti per la mia formazione, ma mi hanno arricchita enormemente, sia dal punto di vista tecnico sia come essere umano.
La prima è la Pedretti. Mia coetanea, danzatrice immensa, è presente nella mia vita da ormai 3 anni. Mi ha aiutata tantissimo ad uscire dalle logiche di danza commerciale / artistica in cui la mia prima scuola mi aveva intrappolata. Mi ha ampiamente dimostrato che a certi livelli non esiste il commerciale, ma solo la bravura, e lei ne ha da vendere. E' una persona che si mette allo stesso livello delle proprie allieve e che sa che tutti hanno sempre qualcosa da imparare da chiunque. Ci tiene ad avere un rapporto al di là dello sculettamento settimanale, a chiacchierare, a cazzeggiare, a creare un clima di confidenza e leggerezza. E' spontanea e generosa, diretta come solo una milanese può essere, divertente. Studiare con lei è un faticoso privilegio a cui non rinuncerei per niente al mondo.
Per dire: se venisse domani un importante caseificio in un posto bellissimo a offrire un lavoro a Luca e quindi a tutti noi la possibilità di trasferirci, io porrei la condizione di andare a Milano una volta al mese a studiare con la Pedretti. Per dire.
Il secondo è Cajelli. Che, a parte l'inesistente somiglianza fisica, potrebbe essere la Pedretti al maschile. Stessa passione, stessa umanità e simpatia, stesso approccio diretto ma rispettoso, stessa disponibilità. Stesse parolacce, potrei aggiungere, in un linguaggio in cui il turpiloquio non è volgarità ma espressività. Stessa milanesità positiva fino al midollo. Stessa costanza nel perseguire un fine, che è quello di vivere sul proprio talento e sulla propria passione e trasmetterli al proprio pubblico e ai propri allievi.
Io non so se i miei figli incontreranno maestri così. Mi auguro di sì, perché è una grandissima fortuna e un arricchimento continuo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Però secondo me sei stata fortunata, tre non sono mica pochi...
RispondiEliminaAletta