mercoledì 2 dicembre 2009

Il patto

Anche grazie al convegno sullo storytelling a cui sono stata a ottobre e alle riflessioni che ne sono scaturite su The Talking Village, mi sono fermata a pensare non tanto all'atto consapevole di narrare, quanto alla narrazione inconsapevole. La narrazione spontanea di tutti i giorni, quella che non riconosciamo come tale: quando raccontiamo perché non siamo passati dall'Esselunga ma dal Despar, quando spieghiamo come facciamo la torta di mele, quando facciamo esempi per rafforzare la nostra argomentazione.
Alcune teorie sostengono che tutto ciò che noi interiorizziamo viene recepito attraverso la narrazione: codici di comportamento, nozioni, persino ragionamenti. Il bambino, per comprendere il mondo, se lo deve "ri-raccontare" nella propria testa, per scomporne la complessità in "storie" alla sua portata.
Anche il blog è una narrazione. A volte, quando è in forma di diario, è più scoperta. Altre volte (penso ai foodblog) usa elementi apparentemente sterili per formare una narrazione di sé o del proprio mondo, della propria passione.
Questo blog è una narrazione basata in parte su momenti pienamente narrativi in parte su riflessioni (che però spesso si rifanno a esempi di vita vissuta o di vita ipotetica, quindi si ricade spesso nella narrazione).
Come tutte le opere di narrativa, questo blog ha un tono (decisamente prosaico, inteso come l'opposto di "eroico") e uno scopo narrativo. In un'opera tradizionale, lo scopo narrativo si identifica comunemente con l'instillare una morale edificante (vedi la fiaba di Cappuccetto Rosso, in tutte le salse, ma anche i Promessi Spori) . Ma lo scopo narrativo, nella letteratura di genere "classica", può essere anche soltanto l'intrattenimento del lettore, che si rivolge ai vari generi sapendo già cosa l'aspetta: chi vuole sognare l'amore sceglie il rosa, chi vuole adrenalina sceglie l'azione. Difficilmente comprerò Julia aspettandomi le stesse emozioni (intese come tipo di emozioni, non come quantità) di Dampyr o Dago.
Credo che anche un post possa, magari con difficoltà in alcuni casi, inserirsi in un genere. Solo che i generi non sono gli stessi della letteratura: credo che siano dati principalmente dal tipo di emozione che suscitano.
Per esempio, se voglio sentirmi coccolata, se voglio rifarmi gli occhi con foto bellissime di una vita felice, andrò a leggere La casa nella prateria. Se ho voglia di parlare un po' di tutto, ma soprattutto di lavoro, in tono leggero e mai cupo, leggerò Veremamme. Se voglio un'analisi lucida e razionale, informazioni precise e ben ragionate, andrò da momatwork.
Sul mio blog "storico", Ilmignolocolprof, si va per farsi due risate e ultimamente per trovare magari anche qualche ricetta (mica è un caso se negli ultimi 6 mesi il mio peso è diventato un segreto di Stato). E su questo, che cosa si viene a cercare? Io ho sempre sperato che questo blog somigliasse a una cucina (non a un salotto: troppo figo) in cui ci si trova intorno al tavolo con una tazza di tè in mano e si discute, magari anche animatamente ma con la certezza di come minimo stimarsi a vicenda.
Il patto di complicità con i miei lettori non è basato sulla provocazione o sulla razionalità, non ci si prende sul serio a tutti i costi ma non si svacca neanche come nell'altro mio blog. Vi racconto fatti della mia vita come spunti di riflessione, non come episodi buffi da cui ricavare una battuta. Vi rendo partecipi delle mie seghe mentali, insomma. Purché voi le prendiate per quello che sono: mie seghe mentali, miei pensieri personali e solo in parte condivisibili, che non vogliono essere né proclami né insegnamenti, se non per me stessa.
Nello stabilire un patto di complicità, è implicita la sospensione del giudizio. Non inteso come "non potete commentare", ma inteso come la disponibilità a credere a priori che ciò che dico è vero. Nelle opere narrative classiche, la sospensione del giudizio e dell'incredulità varia da genere a genere ed è strettamente connessa al concetto di verosimile. Un autore fa cattivo uso del patto di complicità quando crea un mondo narrativo incoerente, le cui regole il lettore non riesce ad accettare come verosimili. In un blog, che cosa significa? Penso che, anche in questo caso, vari molto da blog a blog e dal grado di coinvolgimento della vita personale del blogger. Forse, in un blog, la sospensione del giudizio permette al lettore di non dubitare della veridicità delle affermazioni dell'autore, a meno che questi non si dipinga in una luce talmente perfetta da far sorgere dei dubbi. Il solito discorso della verosimiglianza.
Recentemente, sul blog non-serio, sono stata accusata di "ipocrisia e simulazione", evidentemente perché la persona che ha commentato trova che i fatti che racconto siano eccessivamente inverosimili. Posso capirla, perché nel mio caso spesso la realtà supera la fantasia (tipo: voi avreste mai scritto un racconto su una donna che fa sterilizzare due sole gatte nella sua vita, a distanza di 10 anni l'una dall'altra, e scopre entrambe le volte che entrambe erano già state sterilizzate e poi abbandonate? Quando mia madre me l'ha raccontato, inizialmente ho pensato a uno scherzo). Per assurdo, raccontando la mia vera vita, rischio di apparire inverosimile. Ed è per questo che non giudico (quasi) mai quei blog che paiono di persone perfette che sembrano avere tempo per tutto: devo cercare sempre di distinguere la narrazione dalla realtà.
In questo blog, il patto di complicità mi sembra più facile da mantenere: evito di raccontarvi gli episodi più eccessivi, mi mantengo su un tono medio. Ma ricordatevi sempre che io sono anche quell'altra, quella che pulisce l'ennesimo topo smembrato, si fa una risata con quello stordito di suo marito e poi si mette a discettare di schemi narrativi e verosimiglianza.

4 commenti:

  1. A proposito di blog e narrazioni: ho lasciato da M@w un commento che è anche per te :-)))
    Giuliana

    RispondiElimina
  2. Msg spam : Tutti invitati al mio primo "BlogIndovinaCandy", se ti va passa...

    RispondiElimina
  3. ma dai, e io che pensavo fossi solo una persona seria ;-) Isa

    RispondiElimina
  4. @giuliana: grazie!
    @Rita: oh, Luca si arrabbia sempre perché non mi piacciono gli indovinelli... ;-)
    @Isa: eh eh, sì, proprio tu che mi conosci da 10 anni! ;-)

    RispondiElimina