domenica 27 settembre 2009

L'alibi della scuola

Iniziano le scuole e puntualmente si ripetono tutte le riflessioni (e le polemiche) sul tema. Qui non si vuole essere da meno, anche perché il ritorno a scuola di Amelia ha riattivato alcune mie antiche idiosincrasie.
Premessa: l'anno scorso la scuola di Amelia aveva scelto come tema portante dell'anno "Winnie The Pooh e il bosco dei Cento Acri" (in versione Disney, ovviamente). Chi mi conosce sa che l'Orrenda Bestia Gialla mi è meno simpatica delle cimici e persino delle zanzare.
Quest'anno nessuno mi ha ancora detto nulla in via ufficiale, ma da immagini viste qua e là penso che il tema sia Dumbo. Cartone animato (di nuovo) tenero quanto si vuole ma ansiogeno da morire: il distacco dalla mamma, la presa in giro, il sentirsi diversi... sono temi che preferirei trattare io più avanti, soprattutto con una bambina come Amelia, che non è così matura da capirne tutte le sfumature.
E poi essenzialmente mi scoccia che qualcosa, qualsiasi cosa, venga sdoganato dal fatto di essere un cartone animato di Disney: ce ne sono alcuni che approvo (vedi Mulan o La spada nella roccia) e altri che trovo irritanti o addirittura diseducativi (Biancaneve, Lilli e il Vagabondo).
Io capisco che per le maestre sia comodo riferirsi a un universo visivo già definito e quasi universalmente condiviso, ma lo trovo anche abbastanza squallido. Non voglio fare la steineriana, ma perché non ispirarsi semplicemente al mondo delle fiabe, senza passare per forza dai media? Perché non scegliere una bella fiaba popolare, di quelle avvincenti e articolate (vedi Calvino, per dire), e permettere alla fantasia di bambini e insegnanti di scatenarsi nell'illustrazione e magari nella scelta della musica di sottofondo?
Oppure, ipotesi ancora più ardita: perché, ovviamente in collaborazione col maestro di musica, non prendere Pierino e il lupo e illustrarla, come se fosse un cartone animato da realizzare?
Purtroppo sogno, perché penso che tristemente, come notavano già la Gianini Belotti e la Lipperini, la cultura delle maestre d'asilo è generalmente bassina (una delle maestre di Amelia non conosce l'uso del congiuntivo, per dire).
Loro però una giustificazione ce l'hanno, seppure non particolarmente nobile: i figli non sono mica i loro, si punta al massimo risultato col minimo sforzo.
Con la conseguenza che, qualche mese fa, una mamma del nido di Ettore lamentava la generale e totale banalità dell'offerta formativa di scuola e centri estivi. Condivido assolutamente, ma non trovo nemmeno che ci sia da allarmarsi più di tanto.
Prendiamo Amelia: a scuola canta le canzoncine sceme come gli altri, fa i giochi degli altri, impara cose che non mi fanno impazzire. Poi torna a casa e ascolta buona musica, guarda video di danza (oltre ai cartoni, mica siamo l'Accademia della Scala), gioca con le stoffe e con i miei monili, frequenta le persone che frequentiamo noi e si diverte. Per dire: ieri eravamo all'inaugurazione di Metiss'Art e i miei bambini hanno assistito agli spettacoli, hanno giocato nelle sale di danza, hanno mangiato il cibo vegetariano del buffet, hanno applaudito il papà che suonava. Oggi sono rimasti in casa perché ci siamo dedicati a pulizia e cucina, ma oggi pomeriggio ci faremo un giro nel bosco. Se tutto andrà bene, ad Halloween andremo a Triora per vedere come si vive questa festa nella capitale della stregoneria (e per raccogliere ghiande di leccio per Luca).
Lo so che noi siamo dei privilegiati perché abbiamo tempo da dedicare alla famiglia, che io ancora di più sono una privilegiata perché, appena il budget familiare me lo permetterà, prenderò un part-time. Ma dico anche che non si può delegare tutto alla scuola.
Se non ci possiamo permettere il lusso di una scuola con un'offerta interessante, non è tutto perduto: noi siamo i primi insegnanti dei nostri figli. Anche solo fare dei biscotti o una torta con loro può essere formativo. Anche solo fare il minestrone. Si può andare al supermercato e passare tutto in rassegna di corsa (e a volte non se ne può fare a meno), ma anche fermarsi davanti alla pescheria e far vedere ai nostri figli i vari tipi di pesci, scegliere insieme la frutta e la verdura. Si può rinunciare a un pomeriggio davanti alla TV per fare un giro gratis in una cascina o in un bosco o in un parco. Si può essere formativi e interessanti anche solo comprando qualche bottone strano nei mercatini e facendone un forziere del tesoro.
Insomma, l'offerta formativa dei nostri figli siamo noi: non diamo tutta la croce addosso alla scuola, perché la scuola assolve semplicemente al suo compito, ovvero inculcare nozioni. Siamo noi a dover educare i nostri figli, e nessun altro.

11 commenti:

  1. Bel post, condivido tutto. E potrei aggiungere che se a casa c'è una forte proposta di valori alternativi, alla fine l'influenza "formativa" della scuola non è così rilevante.

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  2. Da qualche giorno vorrei commentare anche i post sull'homeschooling de La casa nella prateria, ma comincio da qui.
    Sì, ok, condivido. Abbastanza.
    Nel senso che mi considero un'homeschooler anche se i miei figli vanno al nido o a scuola perché non si finisce mai di imparare (nel senso più ampio del termine) ed ogni occasione è buona.
    Però.
    Però non tutti hanno la fortuna, il tempo, la pazienza, le occasioni, i soldi, la lungimiranza, la possibilità e le capacità.
    E allora la "scuola che vorrei", a colmare questo divario ci dovrebbe almeno provare.

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  3. Sono assolutamente d'accordo. Sulla scuola, sul nostro ruolo in quanto genitori, e anche sui cartoni della Disney, o su alcune delle fiabe stesse dei fratelli Grimm che trovo agghiaccianti. E' da tempo che voglio scrivere un post in proposito, ora mi hai dato il "la"...

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  4. @momatwork: non dico che la scuola non debba darsi da fare, anzi! Dico solo di non preoccuparci eccessivamente se la scuola si appiattisce su standard che non condividiamo, perché siamo noi (per ora) gli opinion leader dei nostri figli. E ti dico di più: capisco che c'è chi sta fuori di casa dalle 7 alle 20 e quindi non ha molto tempo da dedicare ai figli, durante la settimana. Ma esistono i finesettimana, le vacanze e semplicemente anche i segni della nostra presenza: già lasciare sul nostro comodino o sul divano un libro che stiamo leggendo è un segno. I miei figli, per esempio, cresceranno come me, pensando che sia completamente normale che gli adulti leggano libri: è già qualcosa!

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  5. Appunto. Diciamo le stesse cose, eppure non ci capiamo.
    Non mi preoccupa il fatto che i miei figli non amino la lettura. Potrà succedere, certo, ma di sicuro non perché è mancato loro l'esempio in famiglia.
    Ma... e tutti gli altri?
    In Italia, è cosa nota, si legge pochissimo.
    Chi, se non la scuola, dovrebbe promuovere la lettura come un valore veramente universale?

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  6. non sono madre e posso parlare solo della mia esperienza. vengo da un posto dove le scuole erano uguali per tutti, ovvero la proposta formativa nelle elementari, medie e primi due anni di superiori era identica (e ugualmente povera). gli ultimi due anni differiva leggermente (per dire la superiore turistica aveva piu ore di ragioneria della superiore meccanica). da noi i licei non c'erano.
    cio nonostante non siamo usciti dalle scuole solo capre e caproni.
    io per dire non ho avuto una mamma lungimirante che si interesava piu di tanto a quello che facevo o non facevo a scuola. io non avevo attivita extrascolastiche. a casa mia l'unico che leggeva era mio nonno e lui mi lesse libri da piccola e mi trasmise l'amore per la letteratura. ma sono uscita bene lo stesso.
    ho le mie passioni, sono laureata (anche se sapendolo prima che non mi sarebbe servita avrei studiato qualcosa piu terra terra), non mi ritengo ignorante.
    io ritengo normale pero che ce chi ne sa piu di me, chi è arrivato nel mondo di lavoro, chi è piu inteligente di me.
    è come con la questione dei ricchi e non ricchi. nel mondo oggi tutti pare che abbiano i soldi per andare alle maldive, quando cosi non è. c'è chi si indebita.
    quando ero piccola io c'era chi andava in inghilterra a studiare la lingua. io ci andavo a fare la au pair ma l'inglese l'ho imparato lo stesso.
    in poche ma confuse parole:
    dalla scuola non si possono aspetare ne sperare miracoli. chi ha i soldi per mandarli alla steineriana o simili sa cosa gli da, chi li manda al pubblico si deve accontentare di una base.
    poi se si ha voglia e tempo si costruira sopra queste basi. chi non è ha e il figlio è sveglio lascera che se la vede lui da solo, come me la sono cavata io.
    chi non ne ha è il figlio non è sveglio probabilmente si ritrovera in casa un idraulico/muratore/eletricista e se posso dirvelo non è poi cosi male.
    conosco idraulici che vanno regolamente alla Scala perche appasionati del opera.
    sorry chciara, probabilmente non si capira nulla di quello che volevo dire!
    ves

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  7. @ves: i tuoi contributi sono sempre preziosi, ci mancherebbe! Ci sarebbe tanto da dire, ma dico solo questo: io non voglio che i miei figli facciano chissà cosa nella vita, mi basta che amino la cultura nel senso più ampio del termine. Se poi Ettore farà l'idraulico (e sarà contento di farlo) e Amelia l'elettricista (idem come sopra) ma ameranno ascoltare buona musica mentre lavorano o leggersi un libro nelle pause, io sarò strafelice. Se invece facessero i gran professionisti ma in casa loro non ci fosse neanche un libro, penserei di aver sbagliato qualcosa. Io, non la scuola.

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  8. heheh
    è difficile essere credibili scrivendo un cosi pessimo italiano
    :P
    ves

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  9. Mi piace molto quello che scrivi,penso che si impari molto di più dalle esperienze di ogni giorno che non puramente e semplicemente dalla scuola,ed i bambini imparano tanto dall'esempio di chi gli sta vicino!
    Daniela
    vieni a leggermi se ti va su www.ilcoltellodibanjas.blogspot.com

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  10. Mi sono cadute le palle per terra... nel senso che leggendo questo post mi sono resa conto di quanto la scuola sia cambiata. In primina cominciammo un percorso multidisciplinare con i vari insegnanti di musica, di canto e con la maestra (che allora era una sola)su Pierino e il lupo. Ancora ricordo le carte colorate con gli strumenti, con cui l'insegnante di musica ci spiegava come distinguerli nell'orchestra, i fogli da pacchi divisi in quadrati per disegnare le scene della fiaba, e le parole di incoraggiamento della mia maestra. Un'esperienza durata un anno, e io, a distanza di quasi trent'anni, ancora la ricordo. E pensare che nessuno (o poco più) si prenda la briga di far fare queste esperienze agli scolari di oggi mi fa venire ancora più tristezza e panico di quanto abbia già per i miei impicci...

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  11. Vedi, Biò, il discorso è proprio questo: mi dispiace per i bambini che non hanno questo sapere in famiglia e vorrei che qualcuno glielo facesse arrivare, ma le persone come me e te (e come la maggioranza di chi ci legge) non si devono far spaventare dalla pochezza della scuola. Noi, volendo, possiamo accompagnarli in un percorso multidisciplinare e insegnare loro ciò che riteniamo bello e formativo. Non dobbiamo credere che i nostri figli si omologheranno per forza e per sempre: magari avranno un periodo in cui lo faranno, ma poi ci capiranno e ci rivaluteranno.
    E cmq sappi che, anche se in passato mi sembra che le maestre fossero più colte e preparate, la tua esperienza è abbastanza fuori dal comune per la mia esperienza. Noi abbiamo avuto sì incontri con insegnanti che ci hanno fatto vedere i vari strumenti e ascoltare alcuni brani, ma sono stati tipo 2 in tutti il quinquennio delle elementari.

    OT: come va la convivenza? :-)

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