Sarà il rientro a scuola, saranno le polemiche delle settimane precedenti: in questo periodo mi trovo a sentir parlare di IRC (insegnamento della religione cattolica) più di quanto io possa sopportare.
Premetto che per me c'è un'unica soluzione sostenibile: scegliere di non avvalersi e tirarsi fuori da qualsiasi altra questione. L'insegnante di IRC può contribuire alla bocciatura di un alunno? Non mi interessa. Gli insegnanti hanno difficoltà a organizzare l'ora alternativa all'IRC? Affari loro. Sarebbe intellettualmente più onesto fare un'ora di storia delle religioni? Sono d'accordo: quando ci si deciderà a introdurla, e credo non sarà facoltativa, vigilerò affinché non sia IRC sotto mentite spoglie.
Per ora, la MIA soluzione è che mia figlia se ne stia con una delle maestre e con gli altri suoi amichetti miscredenti intanto che in classe gli altri bambini fanno IRC. Per fortuna non ho subito pressioni in direzione contraria, altrimenti sì che mi sarei sentita tirata dentro e avrei fatto scoppiare l'inferno.
Sento invece persone che, pur avendo deciso di non avvalersi, polemizzano o comunque cercano un confronto su questo argomento. E non parliamo poi dei genitori che vengono colpevolizzati e manipolati fino al punto di convincersi ad avvalersi.
Il punto è che spesso gli italiani non cattolici o almeno non cattolici "mainstream" hanno un conto ancora aperto con la religione: chi ce l'ha con l'inadeguatezza della Chiesa di fronte ai grandi problemi di oggi, chi ha patito l'ipocrisia dell'ambiente dell'oratorio, chi è convinto che i preti siano tutti pedofili, chi ha un'ideologia che lo porta a pensare che la religione sia l'oppio dei popoli.
Io, finché la religione non mi attacca, non ho niente contro di lei. Contro nessuna religione, a dire il vero, perché mi sembrano tutte ugualmente assurde. Senza offesa per chi ci crede, per carità: a loro sembra assurdo che io non creda in nulla, quindi siamo pari.
Io mi arrabbio con la religione quando vuole introdursi proditoriamente nella vita civile e politica, e imporre a me, atea, schemi mentali che non condivido. Mi arrabbio con la religione quando suggerisce che non ci possa essere un'etica al di fuori di quella religiosa. Mi arrabbio con le religioni quando litigano tra loro, lasciando sul campo morti e feriti anche solo virtuali. Ma, più che con le religioni, in questi casi mi arrabbio con i religiosi che le strumentalizzano.
Sarà che il mio passato religioso non è né ingombrante né imbarazzante. Ho avuto un'educazione religiosa come quella di quasi tutti i bambini di provincia della mia età: battesimo, comunione, cresima. Già alle elementari ricordo un periodo di dubbio forte, ma ovviamente me lo fugarono dicendo che ero troppo piccola per capire. Per un periodo, sempre alle elementari, mi innamorai della storia di Santa Chiara (complice un libro delle Paoline) e desiderai diventare monaca.
Ho avuto la fortuna di incontrare preti meravigliosi, da don Giuseppe Ubicini che mi battezzò a don Anselmo che mi vide in chiesa per le ultime volte.
A 14 anni avvenne la mia conversione all'ateismo: nella mia mente risultò chiaro che nulla poteva esistere dopo la morte e che credere o non credere in Dio non avrebbe fatto gran differenza ai fini della mia vita spirituale. Quindi smisi di credere. Mezzo dramma da parte di mia madre, ma all'epoca mia madre tendeva ad essere un po' esagerata quando si parlava di religione.
Solo in un altro momento la religione mi mandò in crisi: quando avrei dovuto sposarmi col mio fidanzato più vecchio di 14 anni. Lui era cattolico e ci teneva al matrimonio religioso. Io ero formalmente cattolica (ero arrivata fino alla cresima) e quindi il matrimonio sarebbe stato un normale matrimonio tra due cattolici. La mia coscienza mi rimordeva, non potevo accettare di dichiarare qualcosa che sarebbe stato falso. Ma poi il matrimonio andò a monte e io ebbi l'intelligenza e la fortuna di cercare un altro miscredente come me, per metter su famiglia.
La mia famiglia vive il proprio ateismo con serenità e con rispetto nei confronti di chi è religioso. Nella nostra famiglia non ci sono simboli religiosi, non si parla di trascendente. Si parla di quello che è giusto o sbagliato, ma senza giustificarlo con concetti esterni alla vita pratica: la nostra è un'etica basata sull'antropologia e sull'etologia, al massimo con qualche concessione alla consuetudine. Se Amelia venisse a chiedermi perché la maggior parte dei suoi amichetti fa IRC e lei no, le spiegherei che i suoi amichetti sono cristiani, quelli che vanno a pregare nelle chiese, mentre noi non crediamo in quelle cose e quindi nelle chiese andiamo solo a guardare le cose belle. Se mai mi accorgerò del fascino di feste come quella di comunione o di cresima, ne organizzerò di equivalenti, cercando di spiegare loro che per fare festa non c'è bisogno di un pretesto religioso, ma solo di averne voglia.
Forse ci sarà un giorno in cui ai miei figli verrà voglia di credere. Non vi nego che quel giorno avrò la morte nel cuore, perché per me la religione è comunque una prigione della ragione. Probabilmente mi arrabbierò e non credo che fingerò che per me sia uguale: un genitore ha il diritto di manifestare i propri sentimenti, non siamo robot.
Spero che, qualsiasi strada scelgano di seguire, la percorrano con correttezza e sincerità, e non perché un sostituto procuratore ateo o un medico non obiettore hanno meno possibilità di carriera o perché il/la loro compagno/a gliel'ha imposto. Spero che, qualsiasi cosa scelgano di essere, questa non faccia a pugni con i valori che cerco di praticare e insegnare col mio esempio. Ma spero soprattutto che scoprano che grandissima camurria è fare il percorso cattolico (catechismo, sacramenti, ritiri) senza crederci e mi ringrazino per averglielo risparmiato a suo tempo.
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Non penso che ai tuoi figli verrà voglia di credere. E' più frequente il contrario.
RispondiEliminaIo credo, ma comprendo il tuo punto di vista e trovo le tue parole sagge e lucide. Come sempre, apprezzo il tuo modo di esporre le cose. Così diverso dal mio... forse un po' vorrei essere come te.
Ma alla fine "il mondo è bello perché è vario"...
Io non sono così razionale, in nessun aspetto della mia vita. Capisco e seguo la lucidità del ragionamento, ma non riesco a riconoscermici. In fatto di religione, di sentimenti e di un sacco di altre cose la logica aristotelica più che d'aiuto mi è stata d'impaccio. Sono convinta che come ci sono diversi tipi di intelligenze, ci siano diversi tipi di pensiero, che non si escludono tra loro anche se si contraddicono. Non credo di essermi spiegata molto, ma a me piacerebbe riuscire a trasmettere a Meryem questa vertigine di complessità e possibilità che per me è fondamentale per compiere le scelte della vita. Probabilmente riuscirò solo a confonderle le idee e a farne una dogmatica ottusa...
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