Ieri sera ho saltato l'ultima lezione di danza per andare a vedere un mio ex compagno di master che recitava poesie. La sua performance era introdotta da un mio vecchio amico, che non sentivo da un anno (ovvero dalla nascita di Ettore, per cui mi aveva chiamata) e non vedevo da quasi 2 anni, TV a parte. A sorpresa, arrivata là, trovo un altro mio ex compagno di master, reclutato per riprendere l'evento: con lui negli ultimi 6 anni ho scambiato mail con cadenza semestrale, tanto da sapere che ha avuto anche lui una bambina 3 anni fa e anche lui l'ha chiamata Amelia, ma non ci siamo visti per tantissimo tempo, troppo.
Spesso, quando parlo del lavoro che faccio (un lavoro da segretaria, che avrei potuto fare con un diploma di ragioneria), dico di aver buttato alle ortiche (o in un posto meno fine) la mia laurea e il mio master. A volte, negli anni scorsi, qualcuno mi ha chiesto se è utile fare un master e ho risposto di no, a meno che non si vinca la borsa di studio.
Beh, nel mio caso, fare il master è stato importantissimo e utilissimo, per ragioni che perlopiù esulano dall'aspetto puramente formativo.
Certo, ho imparato cose che non immaginavo, ho avuto a disposizione strumenti per l'epoca avanzati, ma più di tutto ho conosciuto delle persone.
Io venivo dall'essere la prima della classe senza sforzo: al liceo facevo il minimo indispensabile (come dice la mia amica C., la ascoltavo mentre studiava) e prendevo buoni voti, mi sono laureata a 23 anni con 110 e lode senza ammazzarmi di lavoro. Insomma, le persone intorno a me mi consideravano una specie di genietto senza pari.
E invece, lì al master, mi trovo 30 persone mie pari: persone intelligenti, preparate, tenaci e curiose, con un curriculum che io me lo sognavo.
Forse il fatto di lavorare insieme tutto il giorno e anche alcuni pezzi di notte, forse il fatto di avere addosso un'energia pazzesca, forse anche il periodo di boom di Internet... insomma, diversi fattori ci hanno portati ad essere un gruppo affiatato. Con tensioni e scazzi, certo: non eravamo una comunità di clarisse. Ma, anche con le persone con cui ho litigato all'epoca, ho mantenuto un rapporto di affetto.
Quando sono giù, pensare a che magnifica promessa eravamo e a come abbiamo spesso dovuto rinunciare ai nostri sogni mi fa male.
Ma basta ricordare la festa di fine anno, terminata sulle rive del Ticino. Mi basta pensare alle serate di chiacchiere e giri con E., che ora sta in Inghilterra, e I., che per fortuna è più vicina. Mi basta pensare alla festa di Carnevale, quella di Lucciole e Lanterne, per sorridere.
E penso, senza retorica, che questi ricordi siano una piccola riserva aurea a cui attingere nei momenti brutti.
La serata di ieri, con le chiacchiere e le poesie e gli abbracci, è un'altra monetina che si va ad aggiungere al gruzzolo.
Speriamo ce ne siano molte altre.
martedì 7 aprile 2009
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bello, ma aquesto punto devo chiederti, ma che master era? (Pinketts, uno degli scrittori di gialli più bravi che abbiamo in tv)
RispondiElimina@piattina: era un Master in Scienza e Tecnologia dei Media, qui all'Università di Pavia.
RispondiEliminaPinketts non c'entrava per niente: io l'ho conosciuto anni dopo per conto mio e il mio compagno pure.
Leggevo i suoi romanzi dalla prima ora, lo stimo moltissimo come scrittore (anche se penso che gli editor di Feltrinelli abbiano contribuito a farne uno scrittore ancora più bravo, mentre Mondadori gli ha lasciato troppa mano libera) e, da quando lo conosco, lo stimo ancora di più come persona.