venerdì 12 febbraio 2010

Essere madre: quello che non mi hanno detto

Mentre una parte dell'Italia si dedica allo sport nazionale di esaltare la mamma e il suo mestiere, qui da noi (inteso come la mia famiglia d'origine) nessuno me ne ha mai fatto il panegirico. Per questo mi stupisco quando sento di persone che cullano un loro "sogno di maternità" e poi se lo vedono infranto dalla realtà.
Qui da noi (inteso come mia madre e mia nonna), nulla mi è stato taciuto dei lati negativi: notti insonni con bimbi urlanti, malattie che si danno il cambio come nella staffetta, problemi di evacuazione, problemi di svezzamento, problemi di alimentazione, problemi di sonno, pidocchi... Sembra che, per mia madre, tutto ciò che non è avvenuto nella sua gravidanza (la più magnifica del mondo, pare) e nel suo parto (il più indolore del mondo, pare) sia avvenuto nel dopo.
Durante la mia gravidanza, mi preparavo al dopo come a un incubo in cui stringere gli occhi e i denti il più possibile, aspettando che passasse.
Altro che l'immagine della mamma angelicata e perfetta: qui si parlava di uno straccio di donna, distrutta dal sacrificio. Sempre uno stereotipo, per carità.
Con tutta questa preparazione, come ho potuto desiderare di diventare madre? Per fortuna (o per disgrazia), la nostra natura ferina riesce ancora ad avere il sopravvento sulla razionalità. E quindi, nel momento in cui ho visto Luca, non ho potuto fare a meno di pensare che io ci volevo fare una figlia. Così, bum, un'esplosione nella mente, come se quel pensiero ce l'avesse messo qualcun altro. Poi metteteci la mia strordinaria fertilità e il gioco è fatto.
Ma, mentre ero preparata ai lati più cupi della maternità (tralasciando il discorso allattamento: mia madre era un'aralda del biberon e non sapeva niente di allattamento al seno), non ero preparata agli aspetti belli. Nessuno me ne aveva parlato, col pudore dei sentimenti positivi che è tipico della mia famiglia d'origine.
E così mi sono ritrovata impreparata davanti alla batosta dell'innamoramento con la mia primogenita. Saranno stati anche ormoni, ma l'effetto è stato simile a ricevere una mazzata in piena faccia, una cosa mai provata neanche con il più affascinante degli uomini.
E poi, passate le prime 3-4 settimane, mi ritrovavo con un sacco di tempo libero: leggevo, mi facevo chiacchierate telefoniche con mio suocero, guardavo le Olimpiadi di Torino (il curling...), navigavo su Internet, ascoltavo RadioDJ, mi facevo certe passeggiate nel bosco... A volte queste cose le facevo quando Amelia dormiva, ma altre volte mentre lei era sveglia e mi guardava. Ballavo per lei, ci ascoltavamo tutti i miei CD di ogni genere di musica. La osservavo e mi divertivo moltissimo, stare con lei era una continua scoperta.
Nessuno mi aveva parlato dell'emozione del primo bacio, del primo abbraccio, della prima volta in cui tuo/a figlio/a ti dice "bene" (per dire "ti voglio bene"). Nessuno mi aveva detto che al primo "mamma" avrei saltato e pianto e riso come una pazza.
Nessuno mi aveva detto quanto sarei stata orgogliosa di vedere mia figlia ballare o di sentirmi chiedere di leggere un libro insieme.
Almeno, non me ne aveva parlato mia mamma. Nemmeno mia nonna, ma lei ormai era morta quando sono rimasta incinta di Amelia, quindi è un po' più giustificata.
Tutti gli altri mi parlavano solo di questo, ma in toni talmente entusiastici ed esagerati da respingermi. Un po' come quando sentite qualcuno parlare in falsetto per marcare la sua gioia: non vi verrebbe voglia di tirargli un pugno? A me sì, e non solo uno.

3 commenti:

  1. Sulle ultime righe non posso che sorridere e confermare. Io ho fatto il percorso al contrario: "qui da noi" mi hanno detto quanto fosse bello, anzi meraviglioso, i miei occhi hanno visto sulle amiche e conoscenti quanto fosse faticoso, le mie orecchie si sono rese conto che nessuna potesse dire veramente quello che pensa, al prezzo di essere tacciata per una pessima madre. Di quello che tu scrivi non me ne ha mai parlato nessuno: "la bellezza dell'essere madre" sembra sempre un'entità astratta che deve colmare di gioia qualsiasi sacrificio. In realtà c'è sempre qualcosa di cui va fatta esperienza sulla propria pelle, nel bene e nel male. E quando si tratta dei propri figli, mi viene da dire, meno male.

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  2. da che punto guardi il mondo, tutto dipende...:)) la maternità è il trionfo del relativo e della fatica di farsi le proprie esperienze e le proprie idee. grazie di questo post!!

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  3. A me non avevano detto proprio niente... sono state tutte mazzate...:-)

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