domenica 22 novembre 2009

Grazie, San Carlo

Dal momento che ho annunciato all'urbe e all'orbo che oggi sarei stata a Genova, al convegno di Autunnonero, sarete ben stupiti di vedermi già di ritorno.
Il fatto è che una serie di circostanze ha fatto sì che andassi al convegno solo ieri. Prima di tutto, Amelia si è ammalata venerdì sera. Poi, diversi relatori della domenica hanno mollato e/o sono stati trasferiti a sabato, sempre causa influenze varie. E quindi mi pareva inutile spendere dei soldi in più per fermarmi ad ascoltare argomenti che mi interessavano tra il sì e il no. Il tema che mi interessava di più era il folklore, che sarebbe stato trattato ieri pomeriggio. Così ho deciso di andare e tornare in giornata.
Alla mattina, sono partita comunque presto per andare a fare foto per Viola e fare un giro in centro. Tra le tante cose belle, sono entrata in una libreria di via Canneto il Lungo. Una di quelle librerie dove potresti prendere un qualsiasi libro, a caso e ad occhi bendati, e ne saresti comunque contento. Combattutissima tra mille libri belli e intelligenti (ben altra stoffa rispetto alle tristi e troppo diffuse edizioni Dami o simili), ho preso questo libro senza parole, per Ettore, e una specie di calendario dell'Avvento (con una storia al giorno) per Amelia.
Insomma, se io fossi Viola, che vive in via Canneto il Lungo e tutti i giorni passa davanti a quella libreria lì, sarei decisamente più povera di soldi e più ricca di libri intelligenti.
Peraltro, ho anche parlato di Viola con la proprietaria (le ho spiegato che stavo fotografando la via per la documentazione della sceneggiatura) e mi ha fatto promettere che, se riuscirò a pubblicare Viola, lei sarà la prima a riceverlo in negozio. Speriamo di poter mantenere presto la promessa.
Nel pomeriggio, poi, ho preso un ascensore che sembrava uscito da Gardaland e mi sono ritrovata in un castello che pareva uscito da Disneyland. In una sala inizialmente gelida, divesi docenti universitari hanno parlato di vari argomenti legati al folklore: gli angeli neutrali come giustificazione per l'esistenza degli spiriti della terra (folletti, naiadi, gnomi, ecc.), della necessità di allontanare definitivamente i morti in tutte le culture del mondo, una panoramica sul vampiro in Europa, il passaggio dalla strega-guaritrice alla strega diabolica e la figura della Inglesa nelle ballate dell'Appennino Emiliano, con tanto di esibizione canora.
PS: carissima (tu sai chi), so di averti fatto venire l'acquolina in bocca. Se vuoi, scrivimi una mail e ti mando gli appunti che ho preso. Prossimamente sappi che verranno anche pubblicati gli atti del convegno.
Ve la faccio breve: alla fine degli interventi, chi è stata l'unica a fare una domanda? Io, ovviamente.
Ricordandomi del commento fatto a un post di Mammamsterdam, ho fatto una domanda a Portone, lo storico che aveva raccontato di un processo a due streghe a Bormio nel 1630.
La domanda era: perché io, lombarda, non ho ereditato nessuna leggenda né superstizione da parte dei miei nonni, anche se erano contadini ignoranti come quelli che in tutto il resto d'Italia raccontavano leggende ai nipotini?
Mi risponde l'esperto che in effetti è difficilissimo studiare le credenze popolari in Lombardia negli ultimi 2 secoli, perché non ce ne sono. Questo grazie all'azione capillare (dei tribunali secolari, non dell'Inquisizione) iniziata da San Carlo Borromeo e portata avanti dai suoi discendenti e discepoli, per combattere superstizioni e credenze che potevano essere terreno di coltura per il Maligno. Essenzialmente i signori teologi controriformati, per estirpare il male, hanno introdotto l'idea che l'unica strega buona è quella morta e hanno completamente eliminato quel rapporto un po' ambiguo di rispetto e timore che i "normali" avevano nei confronti delle streghe "naturali", trasformandolo in odio e terrore verso la figura della strega serva del Demonio.
E così la Lombardia è diventata un deserto di credenze, un luogo dove nessuno si scandalizzava se una signora nata del 1920 non andava a messa la domenica e dove una vedova che andava 3 volte al giorno sulla tomba del marito recentemente morto veniva etichettata come "la solita terrona". Dove le più grosse superstizioni erano legate al giorno in cui cambiare le lenzuola o al divieto di regalare perle (perché portano lacrime). Dove lo sbocco naturale della nipote di quella vecchia signora eccentrica è diventare atea, perché per lei il soprannaturale è sempre stata solo una parola di facciata.
Insomma, San Carlo, magari, se oggi sono atea, è anche merito tuo. Grazie di cuore.

6 commenti:

  1. Forse questa spiegazione è un po' semplicistica. Non credo che combattere la superstizione e le credenze popolari porti all'ateismo (almeno non lo credeva il povero San Carlo). Forse è meglio credere nei demoni e nelle fate che in Dio? E' meglio l'ignoranza della conoscenza? Tu ti dichiari atea, non credi in Dio, ma nelle fate sì? La pietà per i morti è segno di ignoranza? Non credo che le cose stiano così, la mancanza di fede in Dio dovrebbe essere controbilanciata dalla fede nell'essere umano. Si può essere atei, ma con una morale. A Milano questa manca di certo, ma non credo sia colpa di San Carlo.

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  2. Io invece penso che la conoscenza possa portare a scelte più consapevoli. E francamente penso che sia un pelino giudicante la tua domanda "Non credi in Dio ma nelle fate sì?". Il sottinteso che sembra saltar fuori da queste parole è una bilancia che pende a favore del primo. Tra l'altro un credente in Dio vede l'opera creatrice in ogni cosa, magari anche nelle fate. La mancanza di fede in Dio non necessariamente deve essere bilanciata dalla fede nell'essere umano, se così fosse ci sarebbe un boom di materialismo secondo me. E' un commento un po' saccente il tuo, perdonami. E il fatto che tu non l'abbia firmato non è che lo migliori molto.
    E visto che sto andando contro l'anonimato faccio pure un po' di outing: mandami gli appunti e fammi sapere quando usciranno gli atti del convegno, mi interessa moltissimo il discorso sulla trasformazione della figura della strega.

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  3. Mi ricordo che da piccola ho letteralmente consumato un libro che si intitolava 'Le più belle leggende del Trentino'. Era scritto bene, stuzzicava la fantasia; eppure faticavo a fare mio quell'immaginario di orchi, cavalieri, fate, elfi, giganti e streghe... Non l'avevo mai messo in relazione con il sangue lombardo; pensandoci ora, mi sembra assolutamente possibile. Gli aneddoti di mia suocera sulla sua famiglia (erano contadini) sono del tutto privi di rimandi a leggende di qualsivoglia genere...

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  4. @anonimo, perdonami, ma mi sembra che tu ti sia un po' bevuto il cervello. Prima di tutto, penso che a Milano ci siano tante persone immorali quante ce ne sono in tutto il resto del mondo.
    Io sono atea, con una morale, che non è necessariamente la tua (anzi, a questo punto spero proprio che non lo sia). Non credo nelle fate né in nessun'altra manifestazione soprannaturale, penso che i vivi meritino ben più pietà dei morti, ritengo che i cimiteri siano uno spreco di spazio e che i nostri morti vadano onorati più con i ricordi che coi fiori.
    Soprattutto, penso che la religione sia spesso solo il vestito buono della superstizione. Attenzione che parlo di religione e non di spiritualità. E non sono solo io a pensarlo: basti vedere quanto delle superstizioni popolari e dei culti pagani si sono trasferiti sui santi e sulle reliquie.
    Credo fermamente che, se da un popolo si sradicano le superstizioni, prima o poi quel popolo si libererà anche della religione come forma di controllo e soprattutto dei suoi ministri. E quindi ognuno sarà libero di vivere la propria spiritualità in libertà, che si tratti di atei come me o di cristiani, ebrei e musulmani come molti miei amici.
    E questo, in Lombardia, avverrà anche grazie a San Carlo e a tutte le povere innocenti che ha fatto torturare e bruciare, che gli piaccia o no.

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  5. Peraltro: il seminario, alla faccia della pietà cristiana verso i morti, parlava dei metodi messi in atto da molti popoli cristiani per evitare che il morto tornasse dalla tomba. Li smembravano o li bruciavano o li inchiodavano alla bara o li bloccavano con una macina da mulino. Noi, invece, usiamo la blandizie e il controllo: gli portiamo i fiori e li andiamo a trovarli al cimitero per assicurarci che se ne rimangano lì dove sono. Niente di nuovo, quindi ;-)

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  6. io ho approfondito il discorso delle streghe facendo la tesina di antropologia culturale...erano donne che si intendevano di erboristeria e curavano malattie che la medicina tradiz chiusa nelle credenze cattoliche non curava(federico II di svevia fu scomunicato perchè autorizzo le autopsie sui cadaveri).
    E allora o si era "sante" o si era streghe.non c'erano mezze misure. Riguardo all'ateismo(io sono agnostica) credo che abbia ragione lanterna...il battesimo è spesso solo un momento di festa, ma non si sa il perchè di quel gesto.Io non ho battezzato mia figlia, e tutta la mia famiglia e i miei conoscenti si sono scagliati contro di me.
    Il problema che anche loro sanno poco del reale significato di quel gesto.La religione è ormai intrisa di superstizione per cui il confine è sottile.

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