lunedì 9 novembre 2009

Una nuova dimensione

Oggi sono sola in ufficio. Le mie colleghe sono a un seggio e io tengo aperta la baracca. È dalle 11 che ho rinunciato a lavorare, perché ogni 5-10 minuti il telefono squilla: non si riesce neanche a riordinare, con un ritmo così.
Il preside è stato qui nella tarda mattinata e non credo che tornerà. Anche se lo facesse, è una persona talmente piacevole da rendere rilassante anche una discussione di lavoro.
Oggi neanche la mia amica L., che lavora qui sotto, è venuta al lavoro, quindi non sono neanche uscita per la pausa pranzo (abbiamo frigo e microonde in ufficio).
Insomma, mi trovo sola in questo posto estraneo e un po' strano, non tanto bello, affacciato su uno svincolo della tangenziale di Pavia. Non è la prima volta che mi trovo sola al lavoro. Ma è la prima volta dopo tantissimo tempo che non mi sento né annoiata né tesa.
Non sono annoiata perché il telefono non me lo permette: anche se non sto facendo un lavoro parallelo (in realtà, non avrei niente di specifico da fare), solo dare e ricevere informazioni, recepire istruzioni ed eventualmente scrivere una mail di promemoria alle mie colleghe mi fa sentire utile.
Non sono tesa perché, anche se in questo momento si aprisse la porta ed entrasse il mio capo, so che mi chiederebbe di far qualcosa per lui con calma e rispetto, senza impugnare la frusta a priori.
E qualcosa, dentro di me, mi dice che è finita l'epoca del senso di colpa, l'epoca in cui mi pareva di rubare lo stipendio, quella in cui mi sentivo sempre inadeguata. Nemmeno ora so esattamente cosa farò e come lo farò, ma è la dimensione ad essere diversa. Una dimensione in cui dover imparare non è una colpa ma una necessità, e in cui c'è il desiderio di costruire anziché di ottenere tutto e subito. Una dimensione in cui non ci si stupisce che io faccia corsi e che non sia perfettamente operativa da subito.
Ovvio che questa fiducia si aspetta di essere ricambiata con una futura efficienza e con future competenze. Ma non si aspetta che si nasca imparati. Perché quello che a me interessa (l'ho capito ormai da tempo) è non smettere mai di imparare, di sperimentare, e qui forse ho trovato il mio habitat.

3 commenti:

  1. Che bella notizia! Fine di un incubo e ci si ricorda come è la vita "normale".

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  2. bellissimo questo post lanterna, con tanti racconti che sento e vita purroppo vissuta bisogna ricordare che una dimensione dignitosa e vera del lavoro è possibile.
    in bocca al lupo

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