domenica 15 novembre 2009

Reale e percepito

Faccio una premessa: in questo post svelo di aver avuto dei pensieri da stronza. Ne sono consapevole e me ne scuso. La stronzaggine spesso non è altro che un riflesso condizionato.

Oggi torno a casa da un brunch passato con Luca, mentre i bambini erano dai nonni. Guardo la posta e vedo una richiesta d'aiuto urgente. Mentre aspetto che la mail si apra (nella toolbar di Google si vede solo l'oggetto, non il mittente), penso in sequenza: spam, oppure una persona che si trova in una situazione grave gravissima.
Scopro che si tratta "solo" di un problema di rifiuto del biberon. Lì per lì tiro un sospiro di sollievo, poi mi incazzo un nanosecondo per il procurato allarme, infine ridimensiono: per la neomamma di un primo nato questo è un problema esattamente come lo è per me installare il modem ADSL sul PC nuovo e io rispetto a lei posso essere il nerd che le risolve il problema o almeno la mette nella direzione giusta. Infatti le rispondo subito e la indirizzo a una persona secondo me più indicata per risolvere tecnicamente il suo problema, magari dandole anche un po' di incoraggiamento.
Però mi resta la perplessità di aver reagito con irritazione, in un primo tempo. Mi chiedo perché siamo irritati dai principianti, perché ci dà così fastidio vedere qualcuno che arranca dove noi andiamo spediti. E sono arrivata alla conclusione che i principianti ci irritano perché ci ricordano la fatica che noi stessi abbiamo fatto, quando lo eravamo.
È come se nella nostra testa facessimo una distinzione tra cultura e addestramento. Mentre apprezziamo vedere persone che si acculturano ma abbiamo un istintivo fastidio nei confronti di chi è imbranato perché sta ancora imparando. Spesso ci irritiamo con i bambini proprio perché si devono impratichire, perché non sono "skilled", perché sono lenti. I loro problemi ci fanno arrabbiare perché ci sembra impossibile che siano per loro così insormontabili, preferiamo pensare che siano capricci rivolti contro di noi.
Mi sono ritrovata a pensare che è proprio per via del mancato controllo di questa irritazione che molte donne trasformano i propri mariti e i propri figli in incapaci totali ("faccio io, ché tu non sei capace") e fanno sentire inadeguate altre donne meno esperte.
Se io avessi seguito la mia irritazione, avrei risposto così alla richiesta d'aiuto: che diavolo vieni a farmi prendere colpi, i problemi veri sono quelli di salute, a tutto il resto c'è soluzione.
Per fortuna, mi soccorre la capacità di mettermi nei panni dell'altro: quante volte avrò io chiesto aiuto per cose che mi parevano assolutamente prioritarie e magari agli altri parevano cazzate? Penso a quando pativo tantissimo l'allattamento di Amelia, e ho rotto le scatole al mondo intero (purtroppo non trovando la soluzione giusta in tempo, ovvero prima di sbroccare per il dolore e la frustrazione). E penso anche a quando, trovandomi in difficoltà diverse con l'allattamento di Ettore, ho preferito tacere e risolvermi i problemi da sola, per evitare di espormi alle stesse critiche che avevo incontrato 2 anni prima con Amelia.
Penso a quando mi trovo davanti madri distrutte dai risvegli notturni, e penso che si tratta di qualcosa che non mi riguarda più, ma di cui all'epoca sentivo tutto il peso. Penso a tutti i dibattiti sull'insegnare la nanna ai bambini, e alle decine di volte in cui la situazione ha mutato contorni (e luoghi e metodi) a casa mia. Penso anche a tutte le madri che ora si pongono il problema dei figli che non mangiano abbastanza, che domani si porranno il problema dei figli che mangiano troppo e dopodomani saranno angosciate all'idea di entrare nel gorgo dei disturbi alimentari.
Penso anche a tutte le volte in cui, in vari ambiti della mia vita, mi è sembrato di essere in un vicolo cieco, ostacolata da problemi apparentemente insormontabili. Guardando le stesse situazioni da altre prospettive e con qualche informazione in più, spesso quelle situazioni si sono risolte o almeno ridimensionate.
Penso anche che, se ogni volta che mi è stato chiesto un parere su certe questioni, avessi manifestato scherno o avessi sminuito il problema, avrei consegnato le persone che mi chiedevano consiglio ai vari forum di talebane, e non me lo sarei perdonato.
Perché, nel momento in cui una persona percepisce un problema, sta a noi cercare di darle quella prospettiva che lo può ridimensionare: altrimenti, che amici saremmo?

4 commenti:

  1. grande riflessione, sull'importanza di vedere le cose dal punto di vista dell'altro. non aggiungo altro, non ce n'è bisogno

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  2. Buongiorno!
    mi ha portato a voi una cara amica e collega, pontitibetani, e con piacere leggo un post di grande interesse pedagogico.
    Butto lì qualche spunto di riflessione che mi è venuto in mente leggendo:
    si può insegnare una cosa che ci annoia?
    che valore ha insegnare una cosa che ci annoia? cioè, che valore possiamo dare alla noia nell'insegnamento?
    è possibile insegnare questo valore?
    cosa impariamo insegnando una cosa che ci annoia?
    credo infatti che elaborare questi significati permetta a chi insegna di trovare piacere nell'insegnare, anche se si è annoiati dall'argomento, e a chi impara di sentirsi accolto anche se l'altro non si è messo nei suoi panni perchè non può o non gli va. come dire, se una persona non è madre, non può insegnare comunque qualcosa alle madri?
    a presto!

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  3. Prima di tutto, partiamo dal fondo, che è la cosa più facile: chi non è madre può insegnare tantissimo alle madri! Anzi, siamo sempre lì al solito punto: chi ti aiuta a guardare le cose da un altro punto di vista già solo per questo fatto ti insegna qualcosa.
    Del resto ne parliamo domani, ché ora Luca mi sta crollando di sonno e, dopo aver atteso invano il tecnico della caldaia, ce ne andiamo a dormire.

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  4. Oggi è un'ottima giornata per riflettere sulla noia: sono appena stata alla prima giornata di un corso su un software noioso e non molto ben fatto, che però dovrò usare.
    Si può insegnare qualcosa che ci annoia? Dipende, è la mia risposta. Se la cosa di cui parliamo è noiosa ma "da fare", una persona che si annoia può darci magari delle dritte per far prima o per evitare certe lungaggini.
    Per esempio: io, se li devo fare in gran quantità, mi annoio a tagliare le forme dei biscotti a una ad una. Se trovo una persona che come me si annoia, magari mi dà una dritta per fare più in fretta (es. usare uno "sparabiscotti").
    Se invece parliamo di un insegnante di storia annoiato dalla propria materia, beh, allora la cosa si complica: si tratta di veicolare concetti, non tecniche. E chi si annoia con la storia farà molta fatica a metterne in luce i lati interessanti. O magari no, magari riuscirà a far capire ai suoi allievi che in tutte le epoche la morale è sempre quella, e passerà un concetto importante.

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