Non so bene com'è successo. Eravamo ben avviati sui nostri binari, impegnati come sempre a conciliare tutto e a fare tutto. Tu la locomotiva, io il vagone. Come sempre: basta darti un obiettivo e tu lo persegui con la costanza di un segugio, zero flessibilità se non quella che serve per incastrare tutto quello che vuoi fare nelle sole 24 ore.
Era una sera come tante, di ritorno da un concerto con i figli addormentati dietro. E allora non so come ci siamo ritrovati a parlare e parlare, di cose vecchie e di cose nuove, di cose già dette e di cose mai dette. Con tensione e serenità.
Dalle cose vecchie, ormai assodate, siamo passati a parlare di questo ultimo anno che si è appena concluso. Del fatto che probabilmente ho attraversato una depressione senza rendermene pienamente conto, e mi accorgo delle dimensioni del pericolo solo ora che l'ho scampato. Mi accorgo di aver trascorso un anno infelice e cupo, in cui l'unico giorno felice era quello lontano dal lavoro e in cui la gioia di trascorrere del tempo a casa con i miei figli era oscurato dalla prospettiva di tornare al lavoro. In un posto di lavoro che sarà pubblico, ma dove mi hanno trattata peggio che in qualsiasi ditta privata dove ho lavorato.
Ora che ho cambiato e mi sembra di averlo fatto in gran meglio, mi sento come quei cani che restano per anni in un canile, finché non trovano una nuova casa. Non mi importa più di tanto se effettivamente farò il lavoro per cui mi hanno chiamato (il Manager Didattico) o se, per un motivo qualsiasi, resterò a fare la segretaria "semplice" come le altre mie colleghe. Il paradiso è stare in un posto dove non ti cronometrano il tempo in cui fai una pausa caffè, dove il capo è ben contento che tu faccia corsi anche se non c'entrano strettissimamente col tuo lavoro, dove le colleghe ti guardano con gli occhi sgranati se racconti certi episodi di "prima", dove il part-time non è un disonore.
Come ho sempre sostenuto, mi mette più tensione positiva e voglia di fare questo preside che mi presenta a tutti come "un nuovo acquisto molto promettente" rispetto ai miei vecchi capi, che pretendevano a testa bassa senza mai dare (dare una formazione, uno spazio di crescita, una motivazione anche minima, non parliamo di una gratificazione). Mi ricorda il mio primo datore di lavoro, che, fiero di avere finalmente una web division al completo, mi presentava a tutti come "la nostra letterata".
Abbiamo parlato di come sia difficile a volte accorgersi che una persona sta male e quanto sta male, perché chi sta male spesso cerca di nasconderlo, si inventa scuse assolutamente plausibili, finge persino con se stessa di essere sana. Io credo di essermi salvata perché il mio fortissimo istinto di sopravvivenza mi ha sempre spinta a cercare riscontri oggettivi di quello che vivevo. Per esempio, dirò una cosa orribile: quest'inverno, quando i miei figli si ammalavano, io ero contenta (vi rendete conto?), perché mi davano una scusa plausibile per stare a casa con loro. Mi sono persino chiesta se ero affetta in qualche modo dalla sindrome di Munchausen per procura, o più che altro a chiedermi se non fossi io a ingigantire i loro malanni per stare a casa. Per fortuna o per il suo contrario, ho la conferma che no, non ero io a vederli tanto malati, erano proprio loro a prendersi tutte le varie schifezze che abbiamo collezionato l'anno scorso. Ho le prove: la pediatra, la sua sostituta, Luca, mia madre. Ma nessuno che non ci sia passato può immaginare che cocktail disgustoso sia mischiare il sollievo di poter stare a casa con la preoccupazione per la salute dei bambini, col senso di colpa per il lavoro e con il fastidio per aver confermato i pregiudizi sulle madri statali.
Quest'inverno, probabilmente, il cocktail sarà diverso: ci sarà molto meno sollievo, più preoccupazione, meno senso di colpa e meno fastidio. Se tutto va bene, ci sarà anche il dispiacere di non poter portare a termine un lavoro nei tempi che voglio io o cose di questo genere. Cose di un'epoca in cui amavo il mio lavoro.
Ma ieri notte non siamo rimasti svegli fino a tardi (le 3? le 4? da un certo punto in poi, non abbiamo più guardato l'orologio) a parlare solo di passato e presente. Abbiamo parlato del futuro.
Di Viola che forse ha trovato un disegnatore e del fatto che, quando avrò il primo volume tra le mani, avrò 1 mese di tempo per tatuarmi una viola del pensiero (a proposito, sondaggio: dove fa meno male?).
Di un futuro che a tratti sembra darci tante possibilità, se noi saremo in grado di recepirle. Di un progetto che, se si realizzerà felicemente, porterà un altro tatuaggio, ma stavolta sulla pelle di entrambi.
Di sogni che riguardano solo noi due, neppure i nostri figli. Loro ne vivranno le conseguenze, ma non è (solo) per loro che li sognamo, quanto per noi. Per essere davvero felici, per avere qualcosa in cui crediamo.
Sono sogni grandi eppure realizzabili, dati alla mano. Con tutta la prudenza del mondo e senza grandi rischi. L'unico rischio che corriamo è quello che sperimentiamo da quasi 6 anni: quello che sempre si corre quando si confida a un altro tutto quello che si è e che si vuole essere, non per diventare uno ma per essere un sistema solidale e virtuoso.
Con la speranza che, ogni tanto, qualche aspetto positivo del passato torni a visitarci per renderci felici.
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capisco cio di cui parli, perchè ci son passata anche io l'anno scorso. Mi ci è voluto un po' a prendere in mano la situazione, ma alla fine ho lasciato cio che mi faceva star male (nel mio caso il laboratorio nel quale ho fatto e finito la tesi... che appunto finita e pubblicata ho mollato)... ed ora si guarda al futuro in modo più ottimistico.
RispondiEliminaA volte cambiare fa un gran bene :)
Per i tatuaggi, io ne ho 3... ti sconsiglio il fianco e l'inguine (un male caneeee) mentre la scapola non mi ha fatto male, forse è la zona migliore.
Che bel post...la sensazione che ho avuto è quella che mi capita alla fine dell'inverno...quel profumo sottile e carico di promesse che ti annuncia che l'inverno sta finendo, che le giornate si allungano. Sono felice per te, di una felicità che potrei provare per un'amica di lunga data o per un parente. In bocca al lupo mia cara, a te e a voi tutti. Che i vostri progetti possano avverarsi e darvi la serenità e la gioia che vi aspettate da essi. E ora basta che mi si sta alzando la glicemia... Un abbraccio forte, forte, Daniela
RispondiEliminaPS per i tatoo non so che dirti...li adoro ma per me sono rigorosamente vietati!
Sì, effettivamente quando 'la scampi', quando superi un brutto periodo, è solo voltandoti a guardarlo che ti accorgi di quanto stavi male...
RispondiEliminaUn disegnatore per Viola? Uau! Dita incrociate, che la cosa vada in porto!!
Ciao Chiara
RispondiEliminanon hai idea di come mi tocchi questo post. Sono due anni che vegeto in un posto che odio, e devo dire, lo faccio per lo stipendio fisso (e per la prole). Ma sto sempre peggio. Tutta la mia giornata è gravata da un alone di depressione, e mi chiedo: possibile che basti il lavoro a ridurmi così?
Paradossalmente, non riesco molto ad attivarmi per cambiarlo.
@igra: io credo di sì. Per me la situazione è cambiata dal nero al bianco. Ti confesso che è stata una botta di culo trovarmi qui, per una serie di circostanze da me non cercate. Ma, ora che sono qui, mi è tutto chiaro. E capisco benissimo come si può sentire chi si trova a subire mobbing, anche se quello che ho patito io non era imputabile alla volontà di nessuno.
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